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Quando una serie è più efficace della realtà
Come si estinguono gli italiani? Il grande statistico Roberto Volpi lo ha descritto nel suo ultimo lavoro “Gli ultimi italiani. Come si estingue un popolo” (Solferino). Noi abbiamo declinato la sua analisi demografica nell’orbita bassanese. Con l’attuale ritmo cosa succederà ad una città di 43.363 abitanti, dati al 31 dicembre 2019? Tra dieci anni che scenari sociali si troveranno a governare in via Matteotti? I bassanesi in che città vivranno? Dieci anni sono dopodomani, venti anni sono vicini, il futuro demografico è la nostra attualità. Il presente è già adesso piuttosto deprimente con le scuole elementari costrette a chiudere sezioni (Mazzini, Rondò Brenta), sempre meno iscritti, una città che si restringe progressivamente nei numeri. L’onda lunga deve ancora vedersi sulle scuole medie e superiori. Che economia ci sarà una città di “non giovani”? E il lavoro? I lavori meno appetibili chi li farà? «In Italia siamo messi molto male. Ma un grande Paese non si estingue facilmente e per l’Italia non c’è questo rischio. Io parlo di “consunzione” del popolo italiano, un fenomeno di contrazione intensa della popolazione da oggi ai prossimi 50-60 anni. Poi si arriverà ad un punto di equilibrio. Il dato che spaventa di più è il rapporto tra donne in età feconda (15-49 anni) e popolazione femminile, è sotto il 39%. In Europa è al 43%, teoricamente un equilibrio si avrebbe attorno al 50%. In Africa è al 60%».
Prima di guardare il futuro dal Ponte degli Alpini, dobbiamo preoccuparci di avere ancora un Paese?

Bassano del Grappa (foto di Alessandro Bizzotto)
«Il motore potenziale delle nascite non regge, questo è chiaro. Siamo una popolazione vecchia, sempre più anziana. Il rapporto tra ultra 65enni e bambini fino a 14 anni dovrebbe stare attorno a 100, in Italia siamo a 187/188. Il declino demografico è collegato anche a questioni culturali: scarsa propensione a fare figli, le coppie si formano molto tardi, ci si sposa poco».
Anche una città intermedia come Bassano è destinata a restringersi molto?
«Sì, ma potrebbe avere qualche chance di resistere meglio rispetto al resto del Paese. La crisi demografica colpirà in modo inesorabile i piccoli comuni, in primis quelli di montagna e di collina interna. Regge meglio la pianura, Bassano è dentro un crocevia di distretti economici e produttivi. Metà dei Comuni italiani non arriva a 2.000 abitanti, questi sono destinati a perdere la battaglia con la demografia. In generale i centri medi e intermedi, tra i 30 e 150 mila abitanti, saranno più resilienti. Sulle grandi città si apre un dibattito: Milano e Bologna vanno benissimo, soffrono centri come Genova, Catania e Venezia».
Perché Bassano ha più armi di Venezia per combattere lo spopolamento?
«Le città intermedie hanno più facilità di compensare gli elementi demografici negativi. Bassano potrebbe avere con la sua attrattività un consistente afflusso migratorio dall’estero. E godere anche di ricadute positive da migrazioni interne, per esempio grazie alla qualità della vita e al processo di spopolamento dei piccoli centri vicini».
Nel 2020 un quarto dei bassanesi aveva già più di 65 anni, il 9% più di 80. Quali saranno le caratteristiche di una città comunque più piccola e con sempre meno bambini?
«Questo è il grande interrogativo. Si dovrà pensare alla riorganizzazione della città partendo da questi presupposti, che non sono per forza tutti negativi. Cambierà soprattutto il mondo dei processi e degli spazi educativi e formativi, quello che succede da voi nelle scuole elementari è l’inizio di questo grande cambiamento. Tra un po’ ci saranno più insegnanti che bambini nelle classi. Ridefinire il posizionamento e il numero delle strutture didattiche sarà necessario.
Sono momenti storici che possono servire per ripensare la geografia di una città. Meno traffico, più tecnologia a disposizione, una popolazione che cambia per età, nuovi servizi da erogare».
Rimane l’incognita di un motore demografico comunque sempre più vecchio.
«Ci sarà una sempre maggiore centralità dei servizi legati alla sanità e alla terza, quarta età. Ci si dovrà occupare sempre di più degli anziani. La suddivisione molto netta che abbiamo fatto finora tra gli ultra 85 anni che vanno nelle case di riposo e quelli assistiti dai privati con le badanti dovrà essere integrata, migliorata, perfezionata. Detto così sembra semplice, quando i numeri saranno ben diversi bisognerà farsi trovare preparati. Per questo dico che le città intermedie hanno maggiori capacità di reagire alle nuove domande di welfare».
Pochi figli, pochi lavoratori, molta ricchezza da rendita, immobiliare e finanziaria. Lo sviluppo economico dentro le città intermedie come avverrà?
«La scuola questo è il punto».
Io le chiedevo dell’economia.
«Appunto, tutti mandiamo i figli al liceo. Con la Germania siamo la più grande manifattura d’Europa. Dobbiamo rivalutare socialmente le scuole professionali di altro profilo. Ci saranno numericamente sempre meno giovani, non possiamo perdere quella dinamicità artigianale che ci ha permesso di essere ricchi. E ancora non basterà, perché avremo bisogno di nuovi flussi migratori. Già oggi occorrerebbero 200 mila nuovi ingressi all’anno. Solo tra la fine degli anni Novanta e il 2010 avevamo questi numeri, adesso non più».
Se dovesse fare una previsione finale per il futuro demografico bassanese?
«Perderete abitanti, la natalità a breve toccherà il fondo e presumibilmente più giù non potrà andare. Ma il fondo di arrivo è comunque molto negativo, non possiamo far finta di niente. Le città intermedie come Bassano terranno comunque meglio delle altre, il tracollo verrà evitato soprattutto grazie agli “immigrati” provenienti dall’estero e dai movimenti interni al Paese. Sarà questo il paracadute demografico. Questi movimenti sono una medicina positiva: di solito si spostano i giovani tra i 20 e i 40 anni, le coppie, le famiglie».
Da statistico, Bassano nel 2050 che numeri metterà nell’Annuario Statistico?
«Entro il 2050 potrebbe esserci il 6-7% di abitanti in meno, una città sotto i 40 mila abitanti. Ma come sarà dal punto di vista qualitativo la struttura demografica di Bassano? Quanti giovani? Quante donne in età fertile? Quante famiglie? Se Bassano terrà su questi punti, allora avrà un futuro anche dopo il 2050».
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