Alessandro TichAlessandro Tich
Direttore Responsabile
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Due o tre cose sul tanto obbligato quanto incredibile cambio di rotta dell’amministrazione Pavan sulla questione Ponte-Unesco

Pubblicato il 27-01-2022
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Che importanza hanno le parole? Che peso rivestono nel momento in cui vengono pronunciate? Vengono dette perché esprimono contenuti oggettivi e reali, o tanto per dire?
Sono domande serie, perché non si riferiscono alle parole che sfuggono nelle chiacchiere da bar, ma a quelle dichiarate nel contesto ufficiale, istituzionale e verbalizzato di un consiglio comunale.
Già: più ieri ascoltavo quello che veniva detto nella commissione consiliare Cultura e Territorio, riunita in sala Chilesotti al Museo Civico, e più mi tornava in mente quello che avevo sentito con le mie orecchie nel consiglio comunale dello scorso 4 novembre, a cui avevo dedicato il mio resoconto intitolato “Scene da un Patrimonio”.

Foto Alessandro Tich

Come ormai ben sapete dal mio articolo precedente, l’amministrazione comunale di Bassano si ritrova a dover giocare daccapo la partita per la candidatura del nostro Ponte Vecchio a Patrimonio dell’Umanità Unesco. Come riferito in commissione dalla presidente Chiara Tessarollo, la candidatura del Ponte da solo, e cioè come monumento singolo, non ha alcuna speranza di essere accolta nella “tentative list” (lista provvisoria) italiana dei siti pretendenti all’ambita candidatura.
È il perentorio responso dell’Ufficio Unesco dei Ministero dei Beni Culturali. Non serve ribadire le ragioni di questa cosa, le ho già ampiamente esposte nel mio articolo sui lavori della commissione. Basta ricordare che per poter sperare adesso di riportare in carreggiata l’ambizioso progetto, bisognerà essere in grado di “associare” il Ponte di Bassano con altri siti similari per storia o caratteristiche in Italia e all’estero in modo da proporre una candidatura “seriale” e “transnazionale”, che avrebbe più chances di essere presa in considerazione rispetto a quella del monumento singolo, già cestinata a prescindere. Si riparte dunque da zero, con uno studio preliminare che deve ancora essere fatto e nuovi passaggi ancora incogniti da costruire.
Non è questo però il focus di questo editoriale. Non possiedo sfere di cristallo e ciò che avverrà in seguito farà semplicemente parte dei resoconti di cronaca.
Mi concentro invece su quello che era stato detto in quel consiglio comunale, che alla luce degli ultimi sviluppi assume i toni di una pièce del Teatro dell’Assurdo.
In quel consiglio le minoranze avevano presentato una mozione, poi respinta pienamente dalla maggioranza, che chiedeva al sindaco di riconsiderare la candidatura Unesco del Ponte allargandola al “centro storico con il Castello degli Ezzelini, il Brenta e lo storico Ponte Vecchio detto degli Alpini”. Mozione rispedita al mittente, poiché era punto fermo e inamovibile dell’amministrazione candidare il Ponte da solo, dopo la sua già raggiunta nomina a Monumento Nazionale.
Era toccato all’assessore Giovannella Cabion illustrare al consiglio i motivi e i “vantaggi” della candidatura singola. E questo perché, secondo il report dell’assessore, il monumento sul Brenta corrisponde ai requisiti di almeno 3 dei 10 criteri stabiliti dall’Unesco per i siti candidabili. Inoltre, testualmente, “perché è un monumento iconico, della città, degli alpini e dell’amore”.
E anche perché il recente gemellaggio con il Ponte Vecchio di Mostar, già Patrimonio Unesco, andrebbe proprio nella direzione di un percorso parallelo finalizzato alla candidatura del Ponte di Bassano per il World Heritage.
Sempre la Cabion aveva smontato l’ipotesi dell’allargamento della candidatura al centro storico perché “suggestiva ma non concorrenziale” in quanto “di città e borghi con caratteristiche simili al nostro centro storico se ne possono contare a decine”.
Una corposa serie di considerazioni, su cui non mi dilungo, per affermare che la candidatura del Ponte “da solo” ha più probabilità di successo.
Le aveva fatto eco, in quel consiglio comunale, la stessa presidente di commissione Chiara Tessarollo nella sua veste di capogruppo di maggioranza: “Il Ponte ha più elementi per sostenere la candidatura da solo.” Quella che però aveva provocato l’effetto-sorpresa in quella seduta consiliare era la notizia, riferita dall’assessore Cabion, che “il sindaco sta già lavorando da mesi con rigore scientifico per questo obiettivo”.
Non solo: lo stesso sindaco Pavan aveva rivelato nel suo intervento che “è già partito il lavoro per il Dossier di candidatura” e che “il prossimo step sarà lo studio di fattibilità”.
Tra le rivelazioni a catena di quella serata, un’altra della capogruppo Tessarollo: “Già da un anno abbiamo instaurato contatti per capire quale procedura seguire, per un iter che durerà anni. Sei mesi fa abbiamo iniziato a costruire il Dossier. Il catalogo della mostra su Palladio e il Ponte al Museo Civico costituisce la prima parte del Dossier.”
Insomma: non solo l’amministrazione e la maggioranza si erano strette a coorte sulla candidatura del monumento singolo, ma addirittura i lavori preliminari, compreso nientemeno che il Dossier da inviare al Ministero, erano già in fase di stesura, come se l’iter per la candidatura del Ponte da solo fosse una cosa già certa e assodata.
E invece, egregi lettori, le nuove “rivelazioni” della commissione consiliare di ieri pomeriggio, frutto di un recente incontro con i responsabili dell’Ufficio Unesco per l’Italia, hanno gettato alle ortiche tutte le parole di quel consiglio comunale.
Di candidatura singola del Ponte non se ne parla e al posto del Dossier per cui era “già partito il lavoro” bisogna adesso elaborare uno studio preliminare, finanziato nel pacchetto dei 20.000 euro erogati dalla Regione Veneto per la candidatura, con cui il consulente incaricato Guido Beltramini dovrà tirare fuori dal cappello a cilindro un “qualcosa” che permetta al monumento sul Brenta di essere associato ad altri siti per una proposta di candidatura seriale e preferibilmente transnazionale. Con un conseguente iter politico e amministrativo, fatto di procedure condivise con altri enti e di relazioni internazionali, che diventa tutt’altra cosa rispetto a una candidatura fatta in casa.
Per questo mi chiedo nuovamente che importanza e che peso abbiano le parole.
Se quanto detto dall’amministrazione in quel consiglio comunale ha espresso contenuti oggettivi e reali, come è possibile che in un anno di attività svolta “con rigore scientifico”, nell’ambito dei “contatti instaurati per capire quale procedura seguire”, nessuno abbia messo in guardia il Comune di Bassano sul fatto che la candidatura singola del Ponte era una strada a cul-de-sac?
Come è accaduto che il sindaco e la sua squadra abbiano anticipato di così tanto i tempi della procedura, peraltro in gran silenzio, senza disporre delle vere informazioni sulla candidabilità del sito? Cosa ha dato al governo cittadino una sicurezza tale da procedere addirittura con l’avvio del Dossier di candidatura e da prefigurare già lo step successivo dello studio di fattibilità, oggi congelati?
Non riesco a trovarne il nesso logico, a meno che gli obiettivi dell’amministrazione non siano, anch’essi, una “tentative list”.

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