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Cronaca

Rosà: fatture false, sequestrati beni e denaro per 570mila euro

Pubblicato il 26-01-2017
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Elena Pavan

Nei giorni scorsi i militari della Guardia di Finanza della Compagnia di Bassano del Grappa hanno dato esecuzione a un decreto di sequestro emesso dal Gip del Tribunale di Vicenza Roberto Venditti, in relazione ad indagini coordinate dal Pm Giovanni Parolin.
I Finanzieri bassanesi, in particolare, hanno eseguito un sequestro preventivo per equivalente nei confronti di una società con sede a Rosà, e del suo legale rappresentante, che ha riguardato conti correnti e titoli nonché beni immobili per circa 570.000 euro, tra i quali una lussuosa villa.
Secondo le indagini, partite da una normale attività di verifica fiscale avviata a seguito di una frode avvenuta in territorio lombardo e che riguardava un sodalizio criminale dedito all’emissione di fatture false, la società rosatese ha inserito in dichiarazione, negli anni 2013 e 2014, costi fittizi mediante l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti per circa 1.200.000 euro.

Le fatture false erano riconducibili a costi in realtà mai sostenuti, perché relativi ad acquisti effettuati da una società cosiddetta “cartiera”.
Nel meccanismo fraudolento, inoltre, era inserito un autotrasportatore bergamasco che emetteva sistematicamente documenti falsi attestanti il trasporto della merce indicata nelle fatture per operazioni inesistenti.
L’incrocio dei dati relativi alle celle telefoniche agganciate dal telefono cellulare dell’autotrasportatore e quelli dei cronotachigrafi dell’unico mezzo a disposizione avevano però dimostrato che nessuna merce era stata mai movimentata.
Tali operazioni fasulle hanno consentito alla società di evadere l’imposta sul reddito delle società per 320.000 euro e di beneficiare di un indebito credito IVA di 250.000 euro.
L’intera operazione delle Fiamme Gialle si è sviluppata facendo leva sulle peculiari funzioni di polizia economico-finanziaria ed è stata condotta tanto sotto il profilo amministrativo-tributario quanto quello penale con il conseguente sequestro preventivo per equivalente del patrimonio, nei limiti del profitto dell’attribuito reato di evasione, della società e dell’imprenditore, finalizzato all’acquisizione a vantaggio dell’Erario pubblico dei beni tramite la confisca, che è obbligatoria nel caso in cui il procedimento penale si concluda con la condanna dell’indagato.

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