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Alessandro Tich
Direttore Responsabile
Bassanonet.it
Pubblicato il 30-12-2011
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Questo sì, che è il grande botto di fine anno. Il Tar (Tribunale Amministrativo Regionale) del Lazio accoglie il ricorso presentato da un singolo residente del Comune di Loria e blocca l'iter di realizzazione della Superstrada Pedemontana Veneta.
La clamorosa sentenza dei giudici amministrativi, depositata il 24 dicembre, dichiara “illegittima la dichiarazione di stato di emergenza nel settore del traffico e della mobilità nei territori delle province di Treviso e Vicenza”, firmata il 31 luglio 2009 dall'allora Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi.
La decisione del Tar azzera pertanto la delega di poteri conferita dall'Esecutivo all'ing. Silvano Vernizzi, annullando tutte le disposizioni e determinazioni da lui stesso firmate per l'iter progettuale della SPV nel ruolo di “Commissario delegato per l'emergenza determinatasi nel settore del traffico e della mobilità nel territorio delle province di Treviso e Vicenza”.
SPV: il 10 novembre la posa della prima pietra, il 24 dicembre la sentenza che azzera tutto l'iter di progettazione, costruzione e concessione dell'opera
Tra gli atti che a seguito della sentenza del Tar del Lazio risultano annullati c'è anche il progetto definitivo della SPV, il cui decreto di approvazione - con l'indicazione del costo complessivo dell'opera, realizzata in project financing, di oltre 2130 milioni di euro - era stato firmato il 20 settembre 2010 dallo stesso commissario Vernizzi.
L'atto giudiziario che congela la realizzazione della Pedemontana - dopo la cerimonia della posa della prima pietra dello scorso 10 novembre al Campo Base dell'infrastruttura a Sacro Cuore di Romano d'Ezzelino - trae origine dal ricorso “per l'annullamento del decreto di approvazione del progetto definitivo della Superstrada a Pedaggio Pedemontana Veneta” presentato l'anno scorso al Tar da un singolo residente di Loria, ritenutosi danneggiato dal passaggio della SPV a pochi metri dalla sua abitazione.
Nel dispositivo della sentenza, emerge la contestazione dei giudici del Tar in merito allo “stato di emergenza” decretato dal governo in materia di viabilità nelle due province interessate, che ha permesso al commissario delegato Vernizzi di bypassare le procedure previste dall'ordinaria amministrazione e di approvare il progetto definitivo al posto del Cipe, il Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica.
“Negli ultimi anni - scrivono i giudici - la decretazione d’urgenza ha indotto un’evidente espansione del concetto stesso di “straordinarietà” dell’intervento.
Va invece rimarcato come la necessità di riaffermazione dell’ordinario quadro normativo ordinamentale imponga di ricondurre l’impiego di tale strumento in un ambito di effettiva, quanto comprovabile, eccezionalità: sì da scongiurare la praticabilità di surrettizie scorciatoie esclusivamente preordinate a garantire l’inosservanza della legge, laddove quest’ultima venga “sterilizzata” dalla consentita derogabilità alle disposizioni di rango primario.”
Il linguaggio - come ogni sentenza che si rispetti - è complicato, ma il senso è chiaro: il decreto Berlusconi del 2009 riferito all'“emergenza nel traffico e nella mobilità” nelle province di Treviso e Vicenza non è motivato e come tale fa decadere tutti i successivi atti di affidamento in concessione della progettazione, costruzione e gestione della Superstrada Pedemontana Veneta.
E adesso, cosa succede? Succede che nel frattempo, come già dichiarato dal commissario Vernizzi, i lavori della Pedemontana andranno avanti almeno fino al ricevimento formale del dispositivo della sentenza del Tar del Lazio. Contemporaneamente, la Regione Veneto presenterà appello al Consiglio di Stato per l'annullamento della sentenza del Tar. Intanto il CO.VE.P.A. (Coordinamento Veneto Pedemontana Alternativa) indice per domani mattina una conferenza stampa a Bassano per illustrare le prossime azioni in programma alla luce della sentenza.
Per la SPV tutto, da oggi, resta imprevedibile: e la decisione della giustizia amministrativa si rivela un macigno molto più pesante della prima pietra posata idealmente, tra applausi e spumanti, poco più di un mese fa.