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Ci mancava solo la crisi del latte.
La siccità devastante di questi mesi renderà le materie prime agricole praticamente introvabili (fieno, mais, soia) e secondo gli operatori del settore si prefigura un rischio concreto di non avere prodotti in quantità sufficiente per l’alimentazione delle mucche. Se in più ci aggiungiamo che i costi generali di stalla stanno sfondando tutti i tetti di prezzo immaginabili, si capisce che davvero il prossimo futuro potrebbe assumere contorni mai visti prima.
È il quadro che delinea Alessandro Mocellin, grande capo del latte vicentino, alla guida delle Latterie Vicentine da quattro mandati, dieci anni di presidenza, riconfermato fino al 2024.

Alessandro Mocellin (Latterie Vicentine)
È vicepresidente del colosso Agriform, siede nel cda di Parmareggio e nel consiglio del Consorzio di tutela del formaggio Asiago. Nelle interviste fatte tempo addietro aveva azzeccato tutte le previsioni sui prezzi e sulle dinamiche del settore lattiero-caseario.
I prezzi delle materie prime stanno scompaginando completamente anche il vostro settore?
«La situazione è impazzita. Ormai siamo su un livello di prezzi che non avremmo nemmeno mai immaginato. Fare un litro di latte oggi costa circa 60 centesimi. Quando esce dalla stalla serve a malapena per la copertura dei costi. Purtroppo la situazione invernale sarà peggiore. E di molto».
Addirittura?
«Abbiamo poco fieno in cascina, poco mais, pochi raccolti buoni da sfruttare, almeno la metà è da buttare».
Facciamo una brevissima cronologia: cosa è successo nel mondo del prezzo del latte?
«A marzo il gruppo Granarolo aveva fissato il prezzo ai conferenti sui 48 centesimi al litro. A luglio è intervenuta Lactalis, tramite Italatte, e ha fissato il nuovo prezzo a 57 centesimi. Tuttavia anche con questi prezzi non si pagano ancora i costi di stalla».
Cosa influisce sui costi di stalla?
«Le vacche si alimentano con tre prodotti. Il fieno che ormai costa due volte e mezzo quello che si pagava fino a qualche mese fa, siamo sui 25 euro al quintale. Il mais oggi a 40 euro al quintale, era a 20 euro. E la soia da 30-35 euro al quintale è passata a 65-70 euro al quintale. L’aumento del prezzo del gasolio e dell’energia elettrica ormai non serve più nemmeno ricordarlo».
Almeno i grandi produttori stanno riconoscendo l’aumento dei costi sui prezzi pagati ai conferenti.
«Sì, ma anche con un prezzo che si aggira sui 60 centesimi al litro la marginalità dei produttori viene praticamente neutralizzata. Il problema vero però è un altro adesso, la siccità sta creando un disastro che non avevamo mai visto. Non ci sarà più foraggio per alimentare le vacche, non so se la situazione è chiara a tutti. Non sappiamo dove andare a trovarlo».
Nel senso che c’è il rischio di non riuscire ad alimentare il bestiame?
«Sì, proprio così. Si tenga presente che l’Italia e l’Europa producono il 30% del latte mondiale. La questione si è fatta drammatica: cosa daremo da mangiare alle mucche nei prossimi mesi? E di acqua? Ne avremo abbastanza? Qui non piove praticamente più».
Esistono altre modalità di alimentazione delle mucche? Almeno nelle situazioni di emergenza.
«Non è possibile inventarsi nulla di alternativo. Il 50% del latte prodotto in Italia è incardinato nei disciplinari IGP. In ogni caso, anche volendo ingegnarsi, la siccità ha colpito tutte le colture, e non solo qui da noi. Il problema non sarà solo degli allevatori, ma anche dei produttori di vino, olio e di tutta la filiera agricola. Il fattore climatico ha dato una mazzata tremenda all’agricoltura. Stiamo pagando i danni che abbiamo fatto per troppi anni all’ambiente».
Il sistema delle stalle locali riuscirà a tenere?
«Oggi non ci rendiamo nemmeno conto di quanto duro sarà questo inverno. Finora hanno chiuso le stalle che non avevano futuro, anche per questioni di ricambio generazionale. Nei primi mesi del 2023 conteremo i danni di quello che sta succedendo».
I consumi come stanno andando?
«Il -4% sul consumo alimentare nazionale si vede benissimo anche sul nostro settore. Per fortuna abbiamo l’estero che continua a tirare. In autunno, con la ripresa dell’attività scolastica, vedremo quanto drastico a regime sarà il calo dei consumi».
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