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Green Economy

L’auto elettrica mangerà la nostra meccanica?

Cappeller e Moretti (Cà Foscari): ecco cosa potrebbe succedere nei distretti metalmeccanici

Pubblicato il 15-11-2021
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Cosa succederà ai nostri distretti metalmeccanici, storicamente terzisti della grande industria legata a doppio filo all’automotive, con l’avanzare delle auto elettriche? Il tema è centralissimo proprio nell’area vicentina e bassanese, perché rappresenta parte di quel Nordest che è il secondo fulcro della componentistica italiana. Nelle regioni del Nordovest opera quasi il 62% delle imprese e nel Nordest il 21%, secondo i dati dell’”Osservatorio sulla componentistica automotive italiana 2020”. Quel 21% ha un valore enorme in termini di occupazione, export e di competenze industriali innervate nel territorio.
Atteso che la transizione verso l’elettrico è ormai instradata in un percorso d’irreversibilità, risulta strategico verificare se la nostra industria è pronta all’ennesimo salto nel “nuovo”. Si badi bene, ciò non significa che spariranno i motori endotermici ma semplicemente che bisognerà fare i conti con un’altra grande rivoluzione nell’industria globale.
Chi viaggia in Cina, racconta di città, come Shanghai per esempio, dove si moltiplicano le Tesla unitamente alle automobili Nio ed agli prototipi elettrici delle case automobilistiche asiatiche. Per capire cosa si muove nelle filiere bisogna andare a sentire le imprese metalmeccaniche direttamente inserite nelle catene della componistica per autoveicoli. «Da tempo si discute se i minori utilizzi di componentistica necessari per le auto elettriche avranno impatti sui volumi produttivi delle aziende metalmeccaniche, evidentemente anche in termini occupazionali. Sicuramente le politiche dei Paesi Occidentali sono orientate a favorire le auto elettriche, ma va detto che ci sono nuovi mercati mondiali che stanno contestualmente aumentando in modo poderoso la domanda di motori endotermici.

Anna Moretti (Cà Foscari) e Alessandro Cappeller (Ceo Cappeller Spa)

Il Sud America, l’Africa, parti dell’Asia: si stimano nei prossimi anni 100-110 milioni di nuove immatricolazioni di auto endotermiche che potrebbero compensare la domanda di componenti meccaniche», analizza Alessandro Cappeller, ceo della Cappeller Spa, azienda bassanese collocata nella rete lunga della metalmeccanica internazionale. In effetti, il grande contributo nella domanda “tradizionale” di autoveicoli dei Paesi emergenti, disseminati nei vari Continenti, è uno dei fattori chiave per le evoluzioni del settore nel medio termine.

Come rileva sempre l’“Osservatorio sulla componentistica automotive italiana”: «Nell’ultimo decennio le vendite di autoveicoli sono passate da quasi 75mln nel 2010 a 96mln nel 2017, con una crescita del 28%, pari a 21mln di nuovi autoveicoli, poi il mercato è sceso a 95,8mln nel 2018 e a 91,5mln nel 2019. Nel decennio il contributo all’incremento della domanda (16,4mln) è da imputare per il 45% ai Paesi BRIC, per il 51% ai mercati tradizionali di Europa Occidentale, USA/Canada e Giappone e per il 4% al resto del mondo». Parimenti, è da tenere presente che pur sempre la stessa componentistica utilizzata dalle grandi case produttrici dell’auto elettrica arriva dai distretti italiani.

«Certamente i produttori di molle a valvola avranno delle ripercussioni, ma anche la Tesla avrà bisogno di freni, serrature, componentistica per gli abitacoli. E non è detto che, sempre per fare un esempio, i produttori di molle a valvole (ndr. quelle che servono per aprire e chiudere gli iniettori) non troveranno formule di riconversione». In ogni caso, come rileva il ceo della Cappeller Spa, all’orizzonte sono innegabili le preoccupazioni dei terzisti dell’automotive, comparto determinante per tutta l’economia italiana. «Alberto Bombassei di Brembo, in un’intervista di qualche tempo fa, stimava una ricaduta negativa di quasi il 30% nel mercato del lavoro italiano collegato alla meccanica automotive.
Tuttavia la grande questione che ancora nessuno è in grado di prevedere riguarda i limiti pratici della conversione all’elettrico. Il sistema sarà in grado di dare energia a tutti i proprietari di auto elettriche?
A che prezzo? Siamo sicuro poi che lo smaltimento delle batterie elettriche non avrà un impatto altrettanto destabilizzante nell’ambiente?».

In questa parte iniziale della transizione, l’unica cosa certa è il minore impiego di componentistica, come ci conferma l’economista della Cà Foscari Anna Moretti, che dal 2016 è coordinatrice dell’Osservatorio Nazionale sulla Filiera Automotive.
«I motori endotermici hanno una complessità superiore rispetto a quelli elettrici. Sono veritieri i dati che stimano 1.000-1.500 componenti meccanici in meno da utilizzare. Per proteggere alcune tipologie di imprese sarà necessario attivare politiche di sostegno per supportarle nella transizione».
Il fatto che il mondo dell’automotive si stia comunque orientando verso l’elettrico rientra in quelle nuove tendenze politico-economico globali che appaiono inarrestabili.
«Gli obiettivi politici sempre più stringenti sulle emissioni stanno segnando la strada del futuro. Nessuno dubita più che i grandi player globali abbiano scelto la via dell’elettrico. L’incertezza che si poteva avere qualche anno fa è svanita, le nostre imprese devono farsi trovare pronte in un orizzonte temporale di 5 anni, quando le pianificazioni commerciali dei carmakers internazionali arriveranno ad impattare sulle filiere.
L’impressionante impennata che si registra nelle immatricolazioni elettriche è un dato che comunque non lascia spazio a dubbi».

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