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Quando una serie è più efficace della realtà
Croydon, sobborgo di Londra, primi anni zero.
Si dice che Croydon abbia raggiunto, negli ultimi anni, lo status di leader assoluto nella metropoli inglese: business e finanze passano tutte di qui, ma anche culturalmente gli impulsi più importanti e innovativi nascono nelle vie di Croydon.

Un particolare della copertina di Untrue, disco simbolo del dubstep a firma Burial
A Croydon, nei primi duemila, nella parte nord di Surrey Street, c'è un negozio di dischi, Big Apple Records, specializzato in musica dance. Il negozio ha il vanto di sdoganare tutte le nuovissime tendenze della electro britannica – quelle che, per capirsi, poi esplodono oltre la Manica in tutti i club del mondo.
A due piani differenti dello store, sempre in questi anni, ci lavorano due ragazzini, soprannominati Hatcha e Skream. I due si conoscono e cominciano a far circolare le loro produzioni tra i clienti più abituali del locale, tra cui certamente: Digital Mystikz, El-B, Zed Bias, Plastician (già conosciuto come Plastikman). Il sound di queste tracce, dal ritmo sincopato – shuffle pesante, zero cassa in quattro – e dalle atmosfere riverberate e rarefatte, spesso in tonalità minore, con i bassi onnipresenti e qualche campione vocale rimangiato da effettistica varia, si fa velocemente strada tra gli appassionati consumatori di dance londinese e tra i clienti dello store.
Questo suono nuovo, inedito, ancora sperimentale, trova però la prima – ancora piccola – esplosione grazie ad un locale arcinoto della scena electro di Londra, il Forward (conosciuto come FWD>>). Fondato nel 2001, il locale si dedica così alla promozione esclusiva del nuovo genere, diventando un punto di riferimento tale da dare il primo nome al sound di Croydon, che verrà così temporaneamente definito Fwd>> sound.
Al Big Apple e al Forward si aggiunge, nel 2004, un altro tassello fondamentale alla crescita del genere, che ora ha un nome preciso, dubstep, quasi a fondere insieme la sincope del 2-step con la nebbia alienante del dub. Il nuovo tassello nasce dalla mente di Steve Goodman, meglio conosciuto come dj Kode9 per i clienti del Forward>>, il quale fonda un'etichetta, la Hyperdub, e comincia a stampare le produzioni più interessanti di questa nuova mistura urbana di suoni. Già nella scuderia Tempa, la prima vera garage label a dare spazio al dubstep, mr. Goodman alias Kode9 può raccogliere intorno alla Hyperdub i nomi più cool del genere: Darkstar, The Bug, Warrior Queen e l'iper osannato Burial.
Il resto è storia conosciuta. La BBC, prima con il mitico e compianto John Peel poi con Mary Anne Hobbs (la prima a dedicare al dubstep un programma intero, chiamato Dubstep Warz), è la radio che già in tempi non sospetti dà spazio al nuovo sound. Nel 2006 il genere è poi definitivamente sdoganato nel mainstream con la splendida colonna sonora de I figli degli uomini, film sci-fi che attinge a piene mani dai dischi dubstep. Tra il 2004 e il 2007, con l'album omonimo e con Untrue, due piccoli capolavori, Burial (al secolo William Bevan) fa virare il dubstep verso lidi più cervellotici e impegnativi, molto vicini all'universo Warp (Aphex Twin, Autechre, ecc...), e attira così anche l'interesse degli addetti ai lavori più scettici, al soldo delle riviste e testate più prestigiose (NME, Pitchfork, NPR, e i grandi quotidiani, su tutti il Guardian).
Ormai diffuso già capillarmente nel tessuto urbano di tutte le capitali d'Europa, il dubstep è certamente il suono che sembra anticipare con maggiore precisione le tendenze della decade appena cominciata.
Per questo, non c'è da stupirsi se molti stanno già parlando del 2010 come l'anno della consacrazione del dubstep. Un'affermazione tutt'altro che spropositata, considerato il fatto che proprio l'autunno di quest'anno ha visto la pubblicazione di due album attesissimi dagli appassionati del genere ed a quanto pare decisivi, al pari dei dischi di Burial, per la sua affermazione e parziale ridefinizione: Magnetic Man, del supergruppo omonimo (tra le cui fila milita il giovane Skream, già conosciuto dietro il bancone del Big Apple) e North, dei Darkstar, recensito in queste pagine.
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