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Brassaï. L’occhio di Parigi

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Brassaï. L’occhio di Parigi

Laura VicenziLaura Vicenzi
Giornalista
Bassanonet.it

Libri

Leggere... Alice

Una lettura di Alice in Wonderland su spunto del seminario bassanese “Ciak si... legge”

Pubblicato il 07-03-2010
Visto 2.897 volte

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Brassaï. L’occhio di Parigi

Molti giudizi negativi misti a delusione, è questo il giudizio espresso da parte di tanti critici su “Alice in Wonderland”, il film diretto da Tim Burton, un’opera che in questi giorni mette in fila alla Multisala Metropolis anche tanti bassanesi. La nuova produzione tra l’altro molto attesa dell’eclettico regista, Burton è del ’58 ed ha già ricevuto nel 2007 a Venezia il Leone d’oro alla carriera, sembra piacere ai più per l’estetica curata, gli effetti speciali in 3D, la scelta della colonna sonora, delude invece la trama stravolta dei due romanzi di Lewis Carroll, o meglio del reverendo Charles Lutwidge Dodgson: le accuse sono di tradimento, di infedeltà, quindi giudizi che prendono a prestito parametri morali, come spesso è consueto fare di fronte a film che intendono trasporre opere letterarie. Facendo tesoro di quello che è stato detto al seminario “Ciak si... legge”, proposto recentemente a Bassano, e in particolare prendendo spunto dall’intervento del prof. Leonardo Gandini intitolato “Dalla pagina al film (e ritorno)” cerchiamo di capire il perché della sensazione di delusione che ha colto chi non è riuscito ad apprezzare il film. Posto, come ha detto l’esperto, che ogni trasposizione in immagini di un’opera letteraria costituisce una “novellazione” e che quindi non ci si può lamentare della riduzione massiccia e del fatto che “è molto di più quello che si lascia fuori”, forse quello che dà più fastidio a chi ha letto i due capolavori di Carroll è la mancanza nel film del senso della meraviglia del perdersi. Nei libri dell’autore la vera magia, anche inquietante, nasceva dall'incontro tra normalità e follia, tra sogno e realtà, nel film invece si avverte la vincita assoluta ancora molto disneyana della norma e della convenzione, è forte l’indicazione di percorrere strade già tracciate e la scena finale che vede Alice partire su una nave per aprire nuove rotte commerciali con la Cina certo non aiuta, vi si legge un messaggio che forse è quanto di più lontano ci sia dal nonsense di apertura tra logica e arte di Carroll.

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