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Il mondo che vorrei

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Il mondo che vorrei

Laura VicenziLaura Vicenzi
Giornalista
Bassanonet.it

Interviste

A tu per tu con Andrea Saviano

L’autore presenta Bassano sul sito nazionale Comuni Italiani e ci parla dei suoi progetti, tra i quali figura un giallo ambientato in città

Pubblicato il 06-01-2010
Visto 4.833 volte

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Senza svelare alcunché della trama, ci può dare qualche anticipazione sul suo nuovo libro? Quale sfumatura gialla o nera riesce a intravedere con la sua sensibilità di scrittore e d’artista proprio qui a Bassano?

C’è un elemento che caratterizza Bassano ed è un aspetto umano che (in positivo) porta all’ambizione e (in negativo) all’arrivismo, un ingrediente base come movente di un delitto. L’ambientazione è però in una Bassano del futuro o, meglio, futuribile. Per i curiosi (cioè quelli che non riescono ad aspettare la mezzanotte della vigilia per aprire il pacchetto) un abbozzo dei primi tre capitoli è disponibile nel mio sito internet. Per quanto concerne i colori giallo e nero (anche se sarebbe il rosso) di Bassano, purtroppo ad anticipare la mia sensibilità di scrittore c’è la cronaca nera che fornisce molti elementi su cui riflettere, cioè che la provincia non è quel luogo di soave tranquillità come si tende a credere, anzi i delitti più efferati (quelli in ambito familiare) prediligono i piccoli paesi piuttosto che le grandi città. Infatti, il caso Tassitani è ancora nella memoria di ogni bassanese.

Andrea Saviano (foto tratta dal sito Comuni-Italiani.it)


Lei ha affermato nell’intervista rilasciata ad Andrea Bonfiglio (rete.comuni-italiani.it/blog/geo/05) che “A Bassano c’è una scarsa sensibilità al territorio, visto nella sua accezione più ampia, urbana e urbanistica.”. Come vede, in una prospettiva anche romanzata se vuole, il futuro cittadino?

Vede ho una deformazione professionale, quella di analizzare la logistica interna ed esterna dei luoghi che frequento e Bassano dà l’idea della germinazione spontanea. Non s’intravede un reale progetto urbanistico e zone che ricordo nella mia memoria come campagna (quindi pienamente fruibili per una pianificazione del territorio) hanno dato origine a quartieri in cui la mobilità è difficile, i centri d’aggregazione assenti, lo spazio verde discutibile (in pratica enormi dormitori in cui la socialità rischia d’essere inesistente). Si tratta di scelte che invece di mettere al centro l’essere umano, hanno messo al centro l’interesse economico, in cui molte risorse vengono dedicate al centro storico e poche agli altri quartieri. Da queste considerazioni nasce la Bassano futuribile in cui ho deciso di ambientare la storia, un po’ come fu Treviso per il film “Signori e signore”.

Alla domanda “Cosa ha da offrire Bassano del Grappa, in termini di opportunità culturali” lei ha risposto presentando alcune iniziative locali: un suo suggerimento per un nuovo palinsesto culturale bassanese?

Ora, le società sono il frutto degli investimenti che si sono fatti per migliorare le persone. La sensibilità all’ambiente, il rifiuto di essere complici della ricettazione, il rispetto delle regole per un bene comune hanno portato a quel miglioramento del nord-est che ha trasformato una palla al piede dell’economia in una locomotiva trainante. Tutto questo lo si può perdere in una o due generazioni se si guarda solo al quotidiano. La presenza di teatri, musei e attività culturali sia con la “c” minuscola che maiuscola dovrebbero quindi essere investimenti per una società che nel futuro sia migliore di quella attuale. Lasciar morire un teatro, porta ad uscire dal circuito. Lasciare che la cultura viaggi attraverso politiche di un associazionismo massonico rischia di rendere sterile il territorio. La domanda che una comunità deve sempre porsi è: quali personalità (scienziati, artisti, etc.) sono cresciute di recente nel nostro territorio? Il passato non ci appartiene, perché appartiene ai nostri avi. A noi è concesso l’uso del presente e fatto carico della responsabilità del futuro. Così, mi porrei la domanda di quanti giovani frequentino i musei di Bassano, quanti abbiano la possibilità e sentano il desiderio di conoscere i classici del teatro, quale vetrina sia disponibile a chi “produce” arte. Suggerire un palinsesto è difficile, perché ci vorrebbe un’attenta analisi del territorio e una conseguente pianificazione delle attività, tenendo conto che di anno in anno questa dovrebbe essere rivista in basse al successo/insuccesso delle iniziative proposte. La crescita sociale, civile e culturale di una popolazione non può essere quantificata come un obiettivo fisso tuttavia si può rendere flessibile ponendosi come traguardo la crescita della sensibilità. Andando sul piano personale: spererei di vedere un giorno la copertina di un mio libro esposta nella vetrina di una delle tante librerie Bassanesi, perché è frustrante vendere migliaia di copie sul territorio nazionale ma risultare praticamente invisibile nella città in cui vivo (ma credo che la stessa cosa la possano dire tutti quegli artisti che per un motivo o per l’altro sono fuori del circuito dei circoli culturali locali).

Nel suo sito personale dove pubblica racconti e poesie si presenta anche con uno pseudonimo, Galahad, come mai questo amore dichiarato per il personaggio “triste” di Lancillotto”?

Innanzitutto, il nickname nasce da lontano, quando la rete si chiamava BBS, un po’ come i radioamatori ci si dava uno pseudonimo. Con l’avvento di Internet ho preferito utilizzare il mio cognome (anche se poi è diventato “pesante” per l’omonimia con l’autore di Gomorra). La scelta del nickname è legata alla passione per la letteratura epica che caratterizzò la mia adolescenza, per cui ho scelto un personaggio che fosse combattuto tra il proprio credo e le passioni. Ognuno di noi si chiede spesso se seguire il bene o il male e ogni volta tale scelta spetta solo all’individuo. Galahad rappresentava bene quel tipo di lotta interiore.

Lei è ingegnere, si occupa di problem solving, l’abitudine all’analisi l’aiuta nella scrittura? Facilita il tessere trame?

L’attitudine all’analisi e alla pianificazione di qualsiasi attività complessa ha i suoi benefici. L’identificazione dei reali problemi e il tentativo di affrontarli è alla base dell’operare umano. Chiunque non riesca ad individuare il problema agisce invano. Faccio un esempio: demonizzare droga o alcol agli adolescenti non risolve il problema, perché droga e alcol sono le soluzioni sbagliate ai loro problemi. Quindi un protagonista che pretenda che la pioggia cada quando serve e che cessi quando ne è caduta a sufficienza diventerà un perdente tormentato dal proprio infausto destino. Infine, un approccio metodico aiuta lo scrittore nel creare trama e personaggi. Troppi libri sono autobiografici e pochissimi autori sanno creare storie credibili e personaggi che agiscono e parlano in base alla propria personalità.

“Imago mortis. Un’esca per la regina nera” è impreziosito da sue illustrazioni. Inserirà anche nel nuovo giallo qualche suo disegno che tratteggia una Bassano in noir?

Imago mortis è un vecchissimo progetto nato durante la mia pre-adolescenza, influenzato da letture come Poe e Lovecraft, il risultato è stato un racconto troppo lungo che però non raggiungeva la lunghezza di un romanzo. In ciò ricordava “Il piccolo principe” per cui ho pensato di inserire degli schizzi a china. Durante la revisione che ha portato alla pubblicazione ho poi pensato di dedicare la storia alla mia città natale, per cui ho concepito una copertina che riproducesse qualcosa di Chioggia (il monumento ai caduti). “Oltre la morte” (questo è il titolo del progetto a cui lei allude) ha la lunghezza del romanzo classico, per cui al momento non prevedo d’inserire illustrazioni né ho in mente come realizzare la copertina (che amo curare personalmente). Di solito è dopo la fase conclusiva della revisione delle bozze che ho questo tipo d’ispirazione. Ora, essendo impegnato nella contemporanea chiusura di un romanzo dal titolo “Disoccupato in attesa di lavoro” (un viaggio allucinante e ironico nel mondo del lavoro), nella revisione di un testo dal titolo “Guêpière – Non c'è 2 senza 3 e il 4 vien da sé” (la storia di un uomo sulla quarantina ossessionato dal desiderio di condire la propria vita di coppia con della trasgressione che intendo proporre per la pubblicazione) e dalla cura di un paio di antologie di racconti brevi dal titolo “I miei racconti a colori” (due raccolte delle opere premiate in vari concorsi che l’editore ha giudicato interessanti inviandomi già un contratto di pubblicazione) piuttosto vorrei evidenziare come di “Nei panni di mia moglie” siano stati chiesti i diritti cinematografici (progetto è però naufragato per motivi economici) e che da “Imago mortis. Un’esca per la regina nera” sia stato tratto un libero adattamento cinematografico con l’omonimo film uscito nel gennaio del 2009 (così m’è stato riferito, perché io non ho visto la pellicola).

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