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Laura Vicenzi
Giornalista
Bassanonet.it
Ai sogni: ora o mai più
Il Teatro Remondini ha ospitato lo spettacolo-concerto di Talèa e Giulio Casale promosso dall’associazione Dif.fusione88
Pubblicato il 03-10-2023
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Il gruppo bassanese Dif.fusione88, realtà artistica legata all’arte contemporanea, venerdì 29 settembre ha portato al Teatro Remondini un concerto-spettacolo inedito e avventuroso che porta il titolo “Abbi sogni”, presentato nei suoi mille rivoli culturali in una ricca conferenza stampa, come ha già riferito il nostro Direttore Alessandro Tich (urly.it/3xhgh).
Protagonisti dell’evento una giovane cantautrice marchigiana, Talèa, al secolo Cecilia Quaranta, e Giulio Casale, artista che da sempre, nella sua carriera musicale e non solo ormai trentennale, ha dimostrato di credere molto al potere della parola. Tra le altre cose fondatore degli Estra, band trevigiana nata negli anni Novanta, Casale ha annunciato quest’estate che il gruppo presto tornerà a esibirsi davanti al pubblico con un nuovo disco (urly.it/3xhhy).
Diretto da Marco Olivotto, altro nome collegato a molteplici sfaccettature di competenza e artistiche, lo spettacolo “fuso” in due concerti è stato aperto dal un musicista di strada Willy, che guardato a vista dal suo “cane lupo” accovacciato, Tao, si è esibito suonando dolci nenie ipnotiche che sapevano d’altrove con un handpan. La registrazione di un’interpretazione di Casale di un pezzo dei Baustelle ambientato a Milano, il cui ritornello-manifesto canta “Io vi amo, vi amo, ma vi odio però vi amo tutti…” ha annunciato l’arrivo di Talèa, che nella sua esibizione suonerà tastiera, chitarra e beat pad e farà ascoltare brani tratti del suo esordio discografico intitolato Aura — ha preso il nome dalla patologia di cui Talèa soffre da alcuni anni, una forma di cefalea che spesso genera stati di straniamento.
Talèa e Giulio Casale al Teatro Remondini (foto di Francesco Dal Pian)
Riconosciute e apprezzate dal pubblico in sala Svalutation, una cover del celebre pezzo iconico di Adriano Celentano, e Amandoti, rifacimento del successo firmato CCCP reso languido, sognante appunto, dalla bella voce della cantante — che lo presentò a X-Factor nel 2022. Nei brevi intermezzi tra un brano e l’altro, Talèa ha parlato con gratitudine dei musicisti con cui ha tessuto collaborazioni: Flavio Ferri, fondatore dei Delta V, che ha prodotto il disco per la Vrec e poi Antonio Aiazzi, dei Litfiba, che ha suonato in alcuni pezzi.
Giovane e bella, portatrice di un fascino che sa di creature un po’ magiche, la cantautrice sul palco in più momenti sembrava giocare con la musica, governava con gesti aggraziati i suoni che uscivano dagli strumenti e dagli ausili elettronici. La sua voce ha raccontato di viaggi che si fa dentro se stessi, intrapresi a “sconnessi salti”, perché camminare dentro di noi, si sa, “è una vacanza strana”, condotta tra ombre che danzano e sbattono i piedi nel fango. Testi interessanti, giusto preludio a ciò che seguirà detto e di sicuro “bene-detto” (e ben cantato) da Giulio Casale, che si è avvicendato a Talèa avventurandosi in un monologo non ben sorretto all’inizio da un microfono pinocchietto, che giocherellava anch’esso, come il cantautore maestro del teatro-canzone e grande ammiratore di Alessandro Bergonzoni, a attaccare e staccare le parole.
Sul palco, tra gli strumenti e le apparecchiature per suoni e luci sostava una scrivania interamente ricoperta di libri in attesa, ed è presto arrivato il momento anche per loro di parlare. Del resto, “il caos, la confusione, la stranezza sono un’occasione”, è stato poco prima ricordato. Casale ha esordito con il brano All’uomo, un inedito — Talèa impegnata nella seconda voce, come accadrà anche nelle successive Blood of Eden, omaggio a Peter Gabriel e Sinéad O'Connor, e poi in C’è tempo.
Se pochi minuti prima sul palco c’era un lupo docile come può esserlo solo un lupo, è all’uomo che bisogna fare attenzione, perché, è purtroppo assodato: “non c’è mai stato un tempo per cuori puri”. Tanto “io” come ora forse non c’è mai stato; la normalità, la richiesta di essere normali e normati, sono diventati l’unica apparente ambizione e ha raggiunto alte vette anche un diffuso pragmatismo che toglie aria e nutrimento ai sogni umani. L’analisi del presente in grigio, con il sole stanco che nasce a ovest, è stata composto per tasselli da Casale, un presente che si colloca guarda caso a distanza di giusto cent’anni da quel tragico nero Ventennio.
In realtà con lui c’era un coro a più voci, perché in soccorso, non come presenze fantasmatiche ridotte a monumento, o mera citazione colta, ma come veri compagni di viaggio sono arrivati chiamati per nome grandi pensatori, poeti e artisti, scrittori e personalità visionarie e alchemiche, loro con le loro opere: tra gli altri, Casale ha chiamato in causa Sigmund Freud, che di sogni ben se ne intendeva e che ci farà arrivare a capire che la mente mente; poi Georgi Gospodinov, poeta attento che alle parole non vengano mai spezzate le gambe; con loro in ordine sparso Zygmunt Bauman, Charlie Chaplin e Albert Einstein, i mondi a colori di Mark Rothko e poi Simone Weil, Adorno e un Friedrich Nietzsche che amò l’Aurora e l’Inferno di Strindberg; e poi ancora Gino Rossi e Dino Campana, a ricordare la fragilità e insieme la forza della bellezza, e tanti altri ancora. Un verso di The River, di Bruce Springsteen “…is a dream a lie if it don’t come true…”, ma anche battute come “sogno o sono desktop”: il monologo è corso per il teatro come un fiume in piena incurante delle anime perse per strada, ma al suo interno, per tutti, sono passate come correnti amiche e cullanti le canzoni, complice la chitarra, opere che parlano un linguaggio tutto loro: La mistificazione e Apritemi, tratte dall’album Dalla parte del torto, seguite da una bellissima interpretazione di Avanzate, ascoltate, di Paolo Benvegnù. Dopo un medley di Soltanto un video, canzone dolce e disperata che cattura, singolo estratto dal disco Inexorable, è stata fatta ascoltare Siamo, un altro inedito, poi la già citata Blood of Eden; un tuffo indietro negli anni con la sempreverde Ora o mai più e infine a chiudere C’è tempo, di Ivano Fossati.
Le doti di Casale in questa forma d'arte che coniuga musica e teatro sono sempre più affinate, esaltate da un lungo lavorio. C’è sempre un’alta dose di ricerca del bello, nei suoi progetti.
La cifra del concerto-spettacolo non è distante come operazione dall’adattamento di Le notti bianche di Dostoevskji, che l’artista ha portato in scena con Giulia Briata nel 2019 per Operaestate Festival sullo stesso palco del Remondini. Occorre ribadire, è chiaro, e Casale questa volta lo ha fatto con qualche sfumatura di insofferenza che non si è curato di celare, e ci mancherebbe. L’esortazione/augurio “abbi sogni” è arrivata corale da lui, da Talèa, e continua a cantare dalle innumerevoli pagine addossate le une alle altre rimaste accampate sulla scrivania.
Caldi applausi, dal pubblico in sala.
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