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Rinascimento in bianco e nero

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Rinascimento in bianco e nero

Laura VicenziLaura Vicenzi
Giornalista
Bassanonet.it

Teatro

In ascolto del Paradiso

Andata in scena a San Francesco per Operaestate la prima di Il Paradiso di Dante, concerto-spettacolo con protagonisti l’Orchestra di Padova e del Veneto con la musica di Salvatore Sciarrino e Anagoor

Pubblicato il 03-09-2021
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Rinascimento in bianco e nero

Uno spettacolo alato, quello proposto ieri sera, giovedì 2 settembre, nella Chiesa di San Francesco da Operaestate. In scena una co-produzione del Festival realizzata in occasione delle celebrazioni per i settecento anni dalla morte del Sommo Poeta che ha debuttato a Bassano dopo un’anteprima ospitata a Catanzaro: Il Paradiso di Dante.
Dopo i tre appuntamenti dedicati alla "mirabile visione" curati da Luca Scarlini, dove in un connubio tra le arti erano le immagini a guidare la via dell’approfondimento sulla vita e l’opera di Dante Alighieri, è stata la volta della musica, una musica celeste coniugata con parole terrene, a fare da guida alla rappresentazione della terza cantica della Commedia. L’Orchestra di Padova e del Veneto diretta da Marco Angius in un suggestivo spazio scenico allestito nella chiesa duecentesca dalla compagnia teatrale Anagoor ha eseguito per intero le tre parti da cui è composta l’opera del compositore Salvatore Sciarrino, la cui musica dedicata alla Divina Commedia ha accompagnato la celebre Lectura Dantis di Carmelo Bene a Bologna, nell'estate 1981.
Il recinto d’ascolto progettato dal regista Simone Derai e da Mauro Martinuz, quest’ultimo curatore anche del suono, ha previsto banchi e sedie che hanno accolto il pubblico sistemati a gironi a contornare le pareti della chiesa; alle spalle degli ascoltatori, su due ali allineate, una quarantina di megafoni collocati su aste di supporto stazionavano come monaci a testa china; nel presbiterio, sul fondo quasi in penombra, i musicisti dell’Orchestra. Nello spazio libero nel mezzo erano presenti diversi registratori a bobine, quelli per nastri magnetici, distribuiti su piedistalli; il pavimento era disseminato di pietre e percorso da un lungo cavo nero.

da sx Marco Menegoni, Simone Derai, i maestri Marco Angius e Salvatore Sciarrino

In scena, per Anagoor, Ferole Stebane Dongmo Noumedem e Marco Menegoni, che dopo il prologo musicale intitolato “Alfabeto oscuro” evocativo della lingua delle anime — in realtà creato con il preciso rigore di studio e interpretativo del linguaggio della musica — i performer hanno esordito con la declamazione a due voci dei versi di Dante, in Francese e poi in Italiano, in una sorta di traduzione quasi simultanea che ha messo in luce quanto suonino contemporanee le parole di Dante in un parlato che non sia il nostro, che antichizza all’istante nell’effetto “lingua letteraria”.
Tra le braccia delle due figure dai tratti severi alla Doré, vestite coi panni dei nostri giorni, quasi cullato stava un fascio d’alloro, deposto a terra dopo che Menegoni, con una sorta di turibolo che inevitabilmente al giorno d’oggi manda il pensiero a pratiche di sterilizzazione, ha incensato tutta l’aere d’intorno e il suo compagno di viaggio dopo avere incendiato alcuni foglietti di carta si è sdraiato in una posa statuaria tra le pietre.
La parte centrale della composizione di Sciarrino “L’invenzione della trasparenza”, ha subito illuminato la chiesa. Il teatro si è svolto tutto intorno, anche grazie ai bellissimi giochi di luci che si rincorrevano, che mimavano l’incedere tra i Cieli, curate da Fabio Saji. Le voci e le frasi pronunciate in diverse lingue si sono susseguite a lungo (oltre a quelle dei due performer, si sono aggiunte le letture di Gayané Movsisyan e Monica Tonietto), ma è stata sopra a tutto la musica a narrare: una musica che ha parlato il suo linguaggio speciale, insieme così espresso e così pieno di segreti, che non solo traduce ma interpreta il Paradiso di Dante, lo fa “vedere”.
In un momento di silenzio degli strumenti c’è stato anche l’incespicare davanti alla visione, alla troppa luce, all’inumano della trasparenza: al viandante nell’incontro con ciò che è più grande di lui manca il terreno sotto ai piedi, come al poeta mancano le parole, quando sperimenta la reale impossibilità della lingua di riuscire a dire: forse lì, arrivati a quel punto, la musica invece può, i piani disallineati certa musica riesce a farli intersecare.
Le parole mutuate da testi di Dante e della filosofa Simone Weil hanno suonato magnetiche nella navata, rese sconosciute quasi provenissero dallo spazio e si fosse su un’astronave; parlavano di cose umane e di “cose sante”, un rincorrersi di pensieri senza nazione con il tono dell’asserzione o della domanda, all'interno parole come perdòno, esilio, patria, amore, creazione, bene e male, presenza e assenza di dio… tutto a evocare la ricerca incessante che svolge l’intelletto, un cammino ininterrotto nella selva oscura che colloca l’uomo al di fuori del tempo e dello spazio e che gli consente di indossare in terra gli abiti dell’immortalità.
Dante alla fine del Paradiso tra le stelle vede l’uomo, vede se stesso, ed è il momento dell’epilogo, dove ogni cosa si trasfigura. Del tutto umanamente, reso in musica: “Postille”.
Appalusi calorosi per l’esecuzione dell’Orchestra, con i suoi solisti di caratura internazionale, per l’opera di Anagoor, una rappresentazione del non-rappresentabile che non guarda alla semplificazione e colloca al centro la musica del Maestro Sciarrino, e per il compositore, intervenuto al concerto-spettacolo.

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