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Laura Vicenzi
Giornalista
Bassanonet.it
Modalità lettura 1 - n.0
Torna non per necessità, ma per virtù, la rubrica di Bassanonet dedicata ai libri. Una recensione di: Tempesta di ghiaccio di Rick Moody
Pubblicato il 25-02-2020
Visto 1.659 volte
In questi giorni di domiciliazione poco lieta, poter dedicare qualche ora alla lettura è un piacere impagabile. Un genere "non di prima necessità" la cultura, lo dichiarano in chiaro le ordinanze amministrative dedicate alla prevenzione, suscitando le prime proteste dei lavoratori "culturali" già in difficoltà, in particolare quelli dei teatri, eppure un nutrimento indispensabile per tutti.
Bassanonet inaugura la seconda stagione di "Modalità lettura" con un romanzo di Rick Moody, e invita gli utenti a partecipare inviando le proprie recensioni: periodicamente saranno pubblicati testi riguardanti opere uscite di recente, o riedite, privilegiando nel contempo libri presentati sul territorio a cura di librerie, biblioteche, associazioni culturali, gruppi di lettura, e nuovi libri scritti da autori locali.
L’invito ai lettori è quello di collaborare ad arricchire questa rubrica inviando le proprie recensioni alla Redazione (laura@bassanonet.it): i testi saranno vagliati a cura dei redattori di Bassanonet e pubblicati nel canale “Cultura”, in Modalità lettura, con in chiaro il nome dell’autore.
Tempesta di ghiaccio (Bompiani, 2011, 230 pagine, 8.90 euro) è stato scritto nel 1994 da Rick Moody (Frederick Hiram Moody III), scrittore newyorkese nato nel 1961, discendente dell’omonimo predicatore protagonista del delitto che ispirò a Nathaniel Hawthorne il bellissimo e inquietante racconto intitolato Il velo nero del pastore − che Moody cita e riscrive, in chiave semiautobiografica, in Il velo nero. Memoir con digressioni.
La tempesta di neve e ghiaccio che nel dicembre del 1973 si scatena sulla cittadina di New Canaan, e che infuria già da tempo su un paio di talami nunziali di stanza nel Connecticut, imbianca e immobilizza come statue di sale cose e persone. Il nevischio ghiacciato colpisce forte queste ultime, in particolare la famiglia Hood, la famiglia Williams e il vicinato assiepato intorno, gente che per tutta la durata del romanzo sembra dibattersi in pozze di acqua stagnante, in un fluido denso e viscoso che giocoforza nel corso della lettura si acconcia con quello dal sapore adolescente incrostato tra i calzini più volte citato tra le pagine; ma la tempesta si abbatte con altrettanta forza anche sul grande sogno americano, che vaga impazzito e letale, un incubo che corre nel cavo ad alta tensione reciso dalla bufera − sarà questo serpente senza testa a portare al culmine la tragedia rappresentata sulla carta da Moody.
Da spettatori, immersi fino alle caviglie nella poltiglia gelida, si aspetta per gran parte del tempo l’arrivo di qualche supereroe, uno di quelli dei fumetti tanto amati da Paul Hood, il figlio maschio degli Hood, che vive lontano e che si accinge a tornare a casa in treno proprio il giorno della tempesta: con lui, si resta delusi.
Il romanzo è stato portato sul grande schermo nel 1997 da Ang Lee, che ne ha realizzato un film interpretato da Kevin Kline e Sigourney Weaver, ma se riesce facile immaginare la resa efficace di scene come quelle della bufera, o del key party (un giochetto per adulti che prevede lo scambio delle coppie, e che si protrae per qualche ora pieno di disincanto e di noia), più difficile sarà stato restituire il senso di isolamento, di vuoto, lo scavare di tarli che albergano negli adulti protagonisti del romanzo, e ancora più ardua la rappresentazione dei personaggi più giovani, dei figli, per i quali dibattersi a mendicare calore, un rifugio, è già una recita solo in parte inconsapevole e non meno penosa: inciampano, corrono in tondo e guaiscono come cuccioli già addomesticati allo spaesamento.
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