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Brassaï. L’occhio di Parigi

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Brassaï. L’occhio di Parigi

Laura VicenziLaura Vicenzi
Giornalista
Bassanonet.it

Primo piano

Incontri

Sguardi randagi e direzione ostinata e contraria

Sabato 15 giugno, a inaugurare la terza la giornata di “Resistere” un appuntamento a Palazzo Roberti dedicato a Fabrizio De André

Pubblicato il 15-06-2019
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Brassaï. L’occhio di Parigi

Sabato 15 giugno, a inaugurare la terza la giornata di “Resistere” è tornata la musica. A Palazzo Roberti si è voluto ricordare un momento importante come la ricorrenza dei vent’anni dalla scomparsa di Fabrizio De André con un appuntamento a tre voci dedicato al grande cantautore italiano e sottotitolato “Di sguardi randagi e cattive strade”. Ospiti dell’incontro sono stati il celebre fotografo e giornalista musicale Guido Harari, che ha dedicato a De André numerosi libri, tra i quali quello che ha dato il titolo all’incontro, edito da Mondadori; poi Giulio Casale, cantautore, autore e interprete di spettacoli di teatro-canzone ed esperto della poetica di De André, raccontata anche nello spettacolo "Le cattive strade", assieme ad Andrea Scanzi; infine il critico musicale Gio’ Alajmo, che ha conosciuto e frequentato Fabrizio De André.
La collocazione mattiniera dell’appuntamento ha generato qualche sensazione di straniamento, tanto che si sono sentiti alcuni “stasera” e “buonasera”, visto il calore da happening pre-post-concerto che i tre — o meglio quattro — protagonisti sono riusciti senza alcuna fatica a creare. Un grande apporto allo stato di grazia dell’atmosfera l’hanno dato le canzoni di Faber interpretate dal vivo da Casale (piena d’incanto l'esecuzione di Se ti tagliassero a pezzetti) insieme alle fotografie suggestive e “parlanti” di Harari che scorrevano sullo schermo e che ritraevano decenni di carriera e di vita del cantautore genovese.
Accanto a musica e immagini, sempre le parole, quelle delle canzoni e quelle in dialogo nel corso della conversazione, hanno fatto da padrone: un omaggio concreto all’opera di De André e alle sue modalità di lavoro e di approccio alla musica e alla cultura, mai approssimato, mai da “arrivato”, perennemente in ricerca da un lato, dall’altro vibrante di una tensione particolare, una sorta di estetica della dignità.

Giulio Casale, Gio' Alajmo e Guido Harari a Palazzo Roberti

«Un anarchico che aveva le sue regole, i suoi binari ben chiari da seguire», è stato ricordato da chi l’ha conosciuto e nel corso dell’incontro ha rievocato circostanze e aneddoti che hanno fatto rivivere la sua storia e contemporaneamente tanti anni ed eventi della storia della musica italiana.
Riguardo la poetica, di certo De André considerava suoi maestri dei grandi poeti, scelti tra i numerosi maestri che ha avuto e che si è cercato, a partire dai Francesi che l’hanno tanto ispirato, passando per Edgar Lee Masters, la cui celebre Antologia letta nella traduzione di Fernanda Pivano gli ispirò un capolavoro come “Non al denaro non all’amore né al cielo”. Musica e scrittura, musica e poesia: Gio’ Alajmo ha rivelato cosa ebbe occasione di dire nel 1986 De André quando Bob Dylan fu candidato per la prima volta al Nobel, la sua fu una reazione di felicità, un “finalmente!” rivolto al riconoscimento che anche le canzoni possano essere dichiarate ufficialmente fonte creatrice di letteratura.
La lezione che ci ha lasciato Faber: è nella sua opera, vivace e viva, per chi la conosce e per chi non la conosce ma avrà voglia di conoscerla. Giulio Casale, a questo proposito, ha fotografato in qualche istantanea con la consueta lucidità il contrasto stridente fra l’attualità politica italiana e la poetica della dignità umana innalzata a religione eppure del tutto laica cantata da De André: il contatto con certa arte espressa nelle parole, nella musica, dovrebbe incidere in modo permanente la coscienza delle persone che ne vengono in contatto, ma i fatti dimostrano che non è così, che in tanti casi si tratta di tattoo solo disegnati, di superficie.
“Resistere”: può essere letto “Ri-esistere”, una tensione alla rinascita, sembra in sintesi il messaggio uscito nel corso della conversazione. “Se sai morire, sai rinascere”, del resto, — preso dal libro scritto nel 2008 da Casale, intitolato Intanto corro — è un insegnamento per nulla coercitivo del tutto alla Faber.

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