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Laura Vicenzi
Giornalista
Bassanonet.it
Gli specchi di Pasolini
Simone Villani, in Biblioteca, ha illustrato per “Auguri, Boccaccio” i rapporti del Decameron con il film di Pier Paolo Pasolini
Pubblicato il 23-11-2013
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Il secondo appuntamento di “Auguri, Boccaccio”, ha indagato il rapporto del capolavoro dello scrittore del Trecento con il linguaggio cinematografico e moderno di Pier Paolo Pasolini.
Simone Villani, docente di Storia del cinema all’Università di Bergamo e autore del saggio Il Decameron allo specchio, ha illustrato al pubblico presente in Biblioteca alcuni passaggi-chiave che permettono di comprendere meglio gli effetti della trasposizione filmica dell’opera di Boccaccio.
Villani ha esordito complimentandosi per l’iniziativa promossa dall’Amministrazione cittadina in collaborazione con la Biblioteca civica e il Liceo G. B. Brocchi, “una delle iniziative preziose nate dalla periferia che vanno a colmare le mancanze di un centro (il Ministero dei Beni Culturali) poco attento all’anniversario che si festeggia quest’anno”.
Simone Villani in Biblioteca per "Auguri, Boccaccio"
Il Decameron non è stato un libro d’élite, destinato solo ai letterati del tempo, e nemmeno il film che Pasolini girò nel 1971 fu un’opera di nicchia, in quegli anni ha vissuto un successo strepitoso, è stato il secondo film più visto nelle sale dopo Lo chiamavano Trinità. Anche per quanto riguarda la critica e la censura le due opere ebbero un percorso analogo, quasi filologico: lo scandalo che produsse il film di Pasolini aderisce in effetti a quello prodotto dal libro nel Trecento.
Nella sua opera, Pasolini ha narrato nove novelle scelte tra le cento raccontate nel libro, indicandone due come cornice (una di queste, quella dedicata a Ser Ciappelletto è stata offerta in visione ai presenti assieme a quella che ha come protagonista Comar Gemmata), e nel contempo ha fornito la sua reinterpretazione critica, una lettura ermeneutica dell’Opera. Un incanto i volti degli attori-non attori interpreti delle novelle, e magistrali i tocchi espressionisti del regista – quelli sì, effettivamente riconoscibili a una lettura colta, ma con effetti resi del tutto vividi agli occhi di tutti gli spettatori.
L’operazione effettuata da Pasolini, al di là dell’aver prodotto un capolavoro artistico, è stata anche un’azione di servizio: va a collocarsi accanto ad altre che invitano a una riapertura dei testi e che traghettano i capolavori del passato nel nostro tempo infondendo loro nuova linfa, nuovo racconto, cosa che può fare una nuova traduzione autoriale – se ne parlerà in Biblioteca nell’appuntamento fissato per il 6 dicembre.
A conclusione della conferenza, quasi a proseguire un discorso avviato nell’incontro precedente da Manlio Pastore Stocchi, Villani ha ricordato che Dario Fo, in una conversazione dedicata al Decameron, ha criticato il proposito evidente del Boccaccio di epurare dalle sue novelle i trionfi del candido a favore di quelli dell’astuto: Pasolini invece ha riflesso in specchi interi la commedia umana.
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