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Rinascimento in bianco e nero

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Rinascimento in bianco e nero

Laura VicenziLaura Vicenzi
Giornalista
Bassanonet.it

Libri

Da Bruxelles, con amore

Jonathan Coe è stato ospite oggi a Bassano con il suo nuovo romanzo: alla Libreria Palazzo Roberti ha presentato "Expo 58"

Pubblicato il 03-09-2013
Visto 2.829 volte

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Rinascimento in bianco e nero

Jonathan Coe ha presentato oggi, nel giardino della Libreria Palazzo Roberti, il suo nuovo romanzo Expo 58, edito da Feltrinelli. Appena seduto, ha scattato subito una foto al pubblico, per la sua collezione. “Mi aspetto un tranello, qualche domanda cattiva”, ha esordito rivolgendosi al suo intervistatore, Edoardo Menegazzo, “Un trattamento speciale, il cibo, il vino, tanta bellezza: non ci casco, non ingannate un inglese!”.
È iniziato e si è svolto all’insegna dello humour l’incontro con lo scrittore britannico. Nessuna brutta sorpresa invece ad attenderlo, solo la curiosità degli intervenuti e dei lettori che lo seguono da anni per la storia che narra nel suo nuovo libro, uscito da poco in Italia, e per il suo modo particolare, tra le righe e non, di narrare l’Inghilterra.
L’idea che ha dato vita al romanzo è figlia del luogo in cui è ambientato: è stata una visita all’Atomium di Bruxelles effettuata in occasione di un’intervista che ha fornito a Coe l’ispirazione per il suo racconto. “È un luogo speciale: è proiettato nel futuro, ne è l’immagine, eppure mantiene intatta l’essenza del suo tempo”, ha spiegato. Il protagonista del romanzo, Thomas Foley, “è un personaggio comune, uno come me: se non avessi i miei libri e la letteratura, farei ben poco di buono”. Ma non è un perdente, ci tiene a precisare Coe: “Perdente è una parola che detesto, lui e quelli come lui sono i miei eroi, io ho sempre voluto raccontare la normalità”. Il suo eroe, che non è un perdente (“e neanche un noioso”, ha aggiunto) ma che forse è affratellabile ad alcuni inetti che sono cari a tanta letteratura, si trova proiettato dagli eventi in un mondo complicato, fatto di intrighi e di falsità, e diventa la pedina di un gioco più grande di lui in cui si muove come sa, come può. “Ho provato anch’io quella sorta di smarrimento nel 2008, in occasione dell’arrivo della crisi economica, un evento enorme che, come tanti, non riuscivo a capire”.

Jonathan Coe a Palazzo Roberti con Edoardo Menegazzo e la traduttrice Eleonora Andretta (foto di Dario Vanin)

Bruxelles impera nel romanzo: “Nessuno, a quanto so, ha mai scritto un romanzo sull’Expo (l’Exposition universelle et internazionale) del 1958, sono insieme un luogo e un tempo che mi hanno affascinato per i loro agganci sfaccettati con l’arte, la politica, la scienza e la storia. Mi sono documentato a lungo e ho provato a farlo io”. Il libro racconta una spy story, contiene alcuni omaggi ai classici dei film di spionaggio, in particolare a quelli di Hitchcock, un autore molto amato da Coe – ma è citato anche James Bond – e ha come corollario un intreccio di vicende d’amore.
“La storia, diversamente dalle altre che ho scritto, non ha un inizio e una fine ben definiti, mi è piaciuta l’idea di dare la possibilità ad alcuni personaggi di avere uno sviluppo in altri racconti che forse verranno in seguito”.
Agli editori che gli hanno proposto di titolare il libro, in traduzione, (Coe è molto più letto in Francia e da noi in Italia che in patria) Da Bruxelles, con amore ha chiesto di lasciare quello che ha, perché è perfetto così. La titolazione dell’articolo è l’unico scherzo “all’inglese” che ci permettiamo.

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