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Rinascimento in bianco e nero

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Rinascimento in bianco e nero

Laura VicenziLaura Vicenzi
Giornalista
Bassanonet.it

Incontri

Effetto Bembo

Lunedì 25 febbraio, in Carteria Tassotti, Marco Cavalli illustrerà vita, pensieri, opere e omissioni del letterato veneziano a cui Padova dedica fino a maggio una grande mostra

Pubblicato il 16-02-2013
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Rinascimento in bianco e nero

Confidando che lettori e amanti dell’arte riescano a resistere per un’ora e mezza o poco più al fascino da batticuore degli exit pool, l’associazione culturale Orizzonti di Carta propone lunedì 25 febbraio, dalle ore 20.30, un incontro ricco di effetti speciali con Pietro Bembo.
In questo primo appuntamento 2013 dedicato dal gruppo bassanese all’approfondimento del tema “Letteratura e arte”, il critico letterario Marco Cavalli presenterà questo personaggio celebre e la sua opera con un’ottica inedita, molto legata all’attualità, e creando un ponte interessante con il mondo della letteratura europea contemporanea.
Bembo è l’uomo che nel Rinascimento ha ideato, con Aldo Manuzio, il libro tascabile imprimendo un’accelerazione alla diffusione della lettura e della cultura, e che ha posto un crocevia regolato all’evoluzione della lingua italiana. “Nel Cinquecento Bembo istituisce un’opposizione sistematica tra la lingua scritta e quella dell’uso vivo. Si delinea allora quel principio che doveva dominare (e falsare) tutto lo sviluppo della lingua italiana: scrivere bene significa evitare l’uso popolare; significa usare forme antiche obsolete, lontane dal linguaggio dell’uso corrente”, ha scritto nell’introduzione a una sua lezione sulla traduzione intralinguistica Cavalli.

Marco Cavalli in Carteria Tassotti in occasione dell'incontro dedicato a Virginia Woolf e al Circolo Bloomsbury

Della sua casa padovana, la “Casa delle Muse” o “Musaeum”, il luogo precursore del museo moderno, il cardinal Bembo fece lo scrigno di moltissimi tesori mosso da un amore sensuale verso gli oggetti e il bello. A Padova, fino al 19 maggio, è aperta a Palazzo del Monte di Pietà una grande esposizione che raccoglie parte delle sue collezioni: dipinti e sculture raffinatissimi; un maestoso arazzo proveniente dalla Cappella Sistina; strumenti musicali unici; libri a stampa fra i più preziosi del mondo; gemme incise; sculture romane in marmo e in bronzo come il bellissimo Antinoo Farnese o l'Idolino di Pesaro; capolavori retaggio dei fasti dell'antico Egitto come l'arcana Mensa Isiaca.
Nella mission della mostra padovana si legge che tra le intenzioni dell’esposizione c’è quella di raccontare oltre che il letterato “l’uomo e la sua sensualità”: Gli Asolani sono quasi illeggibili oggi, senza il supporto di un apparato di note, ma l’amore di Bembo per gli oggetti, per cose belle, è ben rappresentato in mostra – è una sfida così umana, quella di rendere immortali le parole.
L’appuntamento di lunedì 25 febbraio può essere anche il viatico per la visita alla mostra, per chi lo desidera l’uscita potrà essere organizzata in gruppo in una data da concordare assieme ai partecipanti all’incontro (info@orizzontidicarta.org).

Cavalli, da critico e consulente editoriale, quanto è presente ancora nella nostra letteratura l’effetto Bembo?

Bembo rappresenta l'affermazione della letterarietà sulla letteratura, un fatto squisitamente italiano che si spinge molto oltre il periodo del Rinascimento. Se dovessi definire l'effetto Bembo, direi che è il vizio di usare il linguaggio non per comunicare ma per fare bella figura. Chiunque in Italia prenda la penna in mano per scrivere (un libro o un tema in classe, non fa differenza) sa quanto disagio e fatica gli costi. E la ragione è semplice: la lingua che usiamo scrivendo non è quella che parliamo. Abbiamo da secoli un rapporto nevrotico e ambivalente con l'italiano scritto. Il suo modello di riferimento è una lingua scritta di solito aulica e di solito spettacolare, da parata; la lingua odierna, piana e referenziale, di cui ci serviamo nella conversazione, non è abbastanza altisonante. Idem con la letteratura: ci hanno insegnato a riconoscerne l’importanza, ma la sentiamo estranea, distante. Dopo Bembo, solo il prestigio nazionale della nostra letteratura (non certo la sua leggibilità) l’ha preservata dall’oblio. Rabelais è tuttora letto in Francia, i nostri autori del Cinquecento, se non ci obbligassero a studiarli, sarebbero più defunti di quanto non sono già. Del resto non era facile per un paese come il nostro, che non ha avuto né una rivoluzione sociale né un romanticismo borghese, crearsi una letteratura che esulasse dagli ambienti troppo monumentali, da un patrimonio artistico arcisolenne e antico – un patrimonio che a forza di esigere l'omaggio finisce con l'incassare soprattutto indifferenza. Siamo talmente abituati a riverire a scatola chiusa che non facciamo alcun caso alle differenze che pure esistono tra gli scritti di Bembo e, per esempio, quelli di un Baldassar Castiglione. Le consideriamo sottigliezze da studiosi. Non so di nessuno che legga Bembo per divertimento personale. Le sue Prose della volgar lingua sono territorio di pascolo di filologi e professori. Lo stesso Bembo aveva molto dell’ordinario di cattedra attorniato da assistenti e portaborse, coltissimo e dispotico come un feudatario ma con le maniere squisite di un uomo di mondo.


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