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Rinascimento in bianco e nero

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Rinascimento in bianco e nero

Laura VicenziLaura Vicenzi
Giornalista
Bassanonet.it

Libri

Oltre Metaphora

Andrea De Carlo ha presentato alla Libreria Palazzo Roberti il suo nuovo libro intitolato Villa Metaphora

Pubblicato il 03-02-2013
Visto 2.136 volte

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Sabato 2 febbraio, Andrea De Carlo, ospite della Libreria Palazzo Roberti, ha presentato il suo nuovo libro Villa Metaphora. Si tratta del diciassettesimo libro dell’autore molto letto e apprezzato in Italia e all’estero – i suoi romanzi sono usciti in traduzione in ben ventisei Paesi.
Personaggio poliedrico, capace di utilizzare con metodo altri strumenti oltre alla tastiera (dipinge, suona, si occupa di fotografia, ha lavorato per il cinema e per il teatro), De Carlo nel corso dell’appuntamento ha raccontato la genesi del romanzo edito da Bompiani e poi ha letto e interpretato alcuni passi del libro dove vengono presentati il luogo in cui è ambientato e alcuni personaggi che lo popolano. “Ho scelto un’ambientazione che mi consentisse di circoscrivere i personaggi e le loro vicende in uno spazio definito, ho scelto un’isola, la sua collocazione è scesa nel mar Mediterraneo man mano che procedevo con la scrittura fino a Tari, un lembo di terra vulcanica situato ai margini estremi dell’Africa settentrionale. I personaggi principali sono quattordici, uomini e donne molto diversi tra loro, ognuno esprime un proprio punto di vista, una diversa concezione della vita, e un modo singolare di esprimerli, di agire e di parlare”.
Quello delle lingue è un punto chiave della narrazione: Villa Metaphora – il resort esclusivo in cui si trovano gli ospiti per una settimana – diventa una vera e propria Babilonia in cui si parla francese, russo, tedesco, spagnolo, americano e anche il tarese (si tratta del dialetto di Tari, l’isola è stata meta di approdo di conquistatori di ogni nazionalità, il loro passaggio ha lasciato delle tracce indelebili nella lingua locale, un misto-mare che dà origine a una sorta di "esperanto naturale").

Andrea De Carlo a Palazzo Roberti (foto L. Vicenzi)

Il romanzo si discosta molto da quelli precedenti scritti da De Carlo: “Il mio è un azzardo. Ho voluto uscire dal cliché dello scrittore che indaga e sviscera le dinamiche dei rapporti binari per affrontare un racconto corale. La sfida è stata quella di provare a raccontare il mondo di oggi, con le sue virtù e i suoi difetti, i suoi vizi, le sue paure e le sue contraddizioni, affidando la narrazione a più voci, a un dialogo anche mimato, tradotto in azioni, dove ci fossero spazio e tempo per dire certo non tutto, ma tanto sulla nostra contemporaneità”. A proposito della lunghezza del libro, (sono più di 900 pagine) l’autore ha espresso il suo desiderio di rivolgersi anche a lettori che non sono intimoriti dal dispiegamento delle storie: “Ci sono,” ha aggiunto “sono lettori che scompaiono dalle classifiche e dai modelli di target indicati dall’editoria, rappresentano quella parte di amanti della lettura che non stabilisce a priori margini di tempo rigidi per questa attività, e che quindi consente un maggior respiro all’approfondimento e alla divagazione funzionale al testo offerti da chi scrive”.
De Carlo nel corso dell’incontro ha dato ampio spazio alla lettura ad alta voce, e animata, di alcuni brani del romanzo: “Tempo fa non amavo leggere i miei libri alle presentazioni, ora mi piace molto; la lettura è un atto individuale ed estremamente libero – ogni lettore attraverso i suoi occhi contribuisce a creare il libro assieme allo scrittore – ma mi piace l’idea di continuare anche una tradizione legata all’oralità, penso all’attività di Dickens o di Wilde che hanno portato in tour le loro storie facendole rivivere ogni volta diverse in tanti luoghi anche molto lontani dai circoli letterari”.
“I personaggi del libro che sente più vicini, che somigliano più a lei?” ha chiesto una persona del pubblico: “Paolo Zacomel, il falegname dall’animo artistico, rappresenta il mio amore per l’artigianato, lo considero un approccio importante anche nella scrittura; e poi Carmine, il marinaio tuttofare, un giovane che incarna lo spirito dei nativi dell’isola e che parla una lingua/dialetto che ho costruito con fatica, ma divertendomi molto”.

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