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100 parole con Giorgio Pegoraro

Il nuovo libro di Giorgio Pegoraro, Archeologia delle parole, riporta a galla i risultati di uno scavo profondo, erudito, e anche giocoso, nella lingua che abitiamo

Pubblicato il 07-12-2012
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Presentato in Sala Chilesotti al Museo civico, il nuovo libro di Giorgio Pegoraro Archeologia delle parole, edito da Tassotti, è una pubblicazione civile, come civile è ogni atto speso per valorizzare la bellezza e la pregnanza di significati della lingua con cui ci ci esprimiamo. Professore e uomo di cultura molto amato in città, da sempre impegnato nell’eterna partita a scacchi col sapere storico, l’approfondimento, l’indagine sulla condizione umana di cui il linguaggio è la massima espressione, Pegoraro per alcuni anni ha divulgato anche sulla stampa locale i risultati del suo scavo archeologico sull’origine delle parole. Il volume raccoglie i contributi scritti dall’autore e l’invito chiaro, teso al futuro, ad amare l’italiano ridando vita e significato alle parole che utilizziamo, anche per non correre il rischio di lasciarci usare da loro.

Professor Pegoraro, nel dettaglio, la pubblicazione come raccoglie i suoi contributi?

Giorgio Pegoraro


Gli articoli sono 100, pubblicati dal Giornale di Vicenza tra la fine di ottobre del 2004 e l’estate del 2007, più o meno a cadenza settimanale. Li abbiamo riproposti esattamente nell’ordine della pubblicazione sul quotidiano, corredati da una presentazione di Carlo Ferraro, Assessore alla Cultura del Comune di Bassano, da un testo intitolato “L’intelligenza delle parole” di Antonio Di Lorenzo, Vice Direttore del Giornale di Vicenza e da una introduzione “Dalla parola alla poesia” di Gianni Giolo. Il libro porta il titolo della rubrica Archeologia delle parole ed è accompagnato da un indice ragionato delle parole, dei luoghi, dei personaggi, delle opere citate.

Come operava la scelta delle parole da proporre negli articoli?

I primi due contributi sono un omaggio al Giornale di Vicenza ed ho quindi preso in esame l’etimologia di Vicenza e di giornale. Poi di volta in volta, senza un vero e proprio filo conduttore: richieste di amici e di lettori, connessioni con eventi del momento. Alcune parole o tematiche come ad esempio lira o le tasse dell’Antica Grecia hanno richiesto due o tre articoli successivi. Ho cercato però di scegliere vocaboli che potevano ispirare un qualche interesse da parte dei nostri lettori. Naturalmente trattandosi di articoli il vincolo dello spazio è stato dominante e in tanti casi ho dovuto rinunciare ad approfondimenti che sarebbero stati necessari e per questo ho ricevuto anche qualche rimprovero! Ho tentato comunque di rendere fruibile e di incuriosire e, se possibile, divertire anche persone che con l’etimologia o la storia delle parole non avevano tanta dimestichezza. Stimolare ulteriori personali approfondimenti, questo era il mio scopo principale.

Trova che a volte manchino, nei giornali d'oggi, l'attenzione al termine giusto, la cura a usare la sfumatura corretta?

Sì: la mia opinione è che non c’è più molto amore per la lingua italiana: radio e televisione in particolare ci hanno fatto perdere il gusto del bello. Non sempre e non a tutti per fortuna.

Tra le parole che sono state oggetto della sua ricerca, ce ne sono alcune che le sono care?

Sì, per fare solo qualche esempio, cito la storia delle parole leggere, scrivere e libro (parole strettamente collegate alla mia vita!) e poi l’articolo n° 69, che ricongiunge personaggi della nostra bassanese storia poetica, come Anacreonte, Vittorelli, Carducci, Giovanni Meli, Lorenzo Da Ponte, ecc. In qualche caso, confesso di essermi lasciato trascinare fuori dal binario della pura archeologia delle parole per sconfinare nella poesia... Questa esperienza è stata comunque per me molto ricca e mi ha fatto tornare indietro ai tempi dell’università quando seguivo con grandissimo interesse i corsi sull’analisi delle parole e partecipavo ai seminari diretti dal Prof. Antonino Pagliaro alla Cattolica di Milano.

Che senso assume, nell'Era di Wikipedia, la ricerca, lo scavo, lo studio, l'archeologia delle parole?

Come ho cercato di illustrare nel corso dei miei testi, televisione, computer, il parlar quotidiano (molto povero), l’assenza di letture dei classici hanno forse indebolito il gusto di profittare e godere l’incanto, la ricchezza, il piacere della nostra lingua, non solo quella poetica o comunque elevata, ma anche quella che – partendo dal nostro cervello e dal nostro cuore – nutre il nostro linguaggio quotidiano. In questo momento, in cui siamo letteralmente “bombardati” di notizie che sfumano nel giro di pochi istanti, in cui tutto è velocizzato e prevale la superficialità, è ancor più importante ricercare la radice dei significati perché le parole sono la nostra storia. E gli strumenti di cui disponiamo, come ad esempio Wikipedia, che Lei cita, non fanno che agevolare la ricerca, anche se, confesso, il piacere di consultare i pesanti volumi dell’Enciclopedia Treccani o il Grande Dizionario della Lingua Italiana, o i grandi dizionari etimologici mi apre sempre un mondo di scoperte! Io ho sempre creduto in questo e vorrei che soprattutto i giovani capissero l’importanza della parola, pensiamo a quanti vocaboli abbiamo perduto, anche solo negli ultimi trent’anni perché abbiamo perduto gli oggetti a cui si riferivano. Le società si evolvono, si mischiano ma devono mantenere le proprie radici, che restano nei monumenti, nelle opere d’arte e letterarie e appunto nella lingua.

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