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Laura VicenziLaura Vicenzi
Giornalista
Bassanonet.it

Primo piano

Incontri

Raccontare il lavoro

Gigi Copiello ha presentato a Palazzo Roberti, in un incontro con Ilvo Diamanti e Mattia Pontarollo, il suo nuovo libro che racconta storie di operai, imprenditori, artisti e dottori

Pubblicato il 07-07-2012
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È stato presentato ieri, venerdì 6 luglio, alla libreria Palazzo Roberti il libro Bruno da Cittadella, dottore in malta. Storie di operai, imprenditori e artisti scritto da Gigi Copiello (Marsilio editore). Nella sua seconda pubblicazione, che segue Manifesto per la metropoli Nordest, l’autore ha affrontato il tema del lavoro e della sua trasformazione negli anni e nell’attualità seguendo il filo del ricordo personale: Copiello è stato per molti anni dirigente sindacale e ha avuto modo di toccare con mano non solo l’evoluzione materiale del modo di produrre, ma anche della cultura stessa del lavoro. Molti sono i personaggi che animano il racconto con le loro storie, tra questi c’è Bruno, un muratore che orgogliosamente rivendica la qualità del suo lavoro definendosi a un certo punto “dottore in malta”.
La presentazione, prendendo spunto dal libro, si è allargata in una riflessione collettiva anche grazie agli interventi di Ilvo Diamanti, docente, sociologo, politologo, saggista, editorialista per La Repubblica, e di Mattia Pontarollo, studente di filosofia, animatore culturale e presidente dell’associazione Palomar.
Pontarollo, nella sua introduzione, ha sottolineato il valore di testimonianza che assume il racconto di Copiello e ha posto l’accento sull’attenzione al linguaggio operata dall’autore: quando scompaiono i nomi che appartengono e che identificano i mestieri, gli attrezzi e insieme i luoghi di lavoro, cessa di esistere la parte di artigianato, e quindi la particolarità del lavoro stesso. C’è inoltre il fatto che, in una meccanica delle azioni parcellizzata, che richiede sempre più spesso un impegno settoriale, è facile perdere il contatto con il prodotto finale, con l’oggetto che si contribuisce a produrre, e il legame tra individuo che produce e processo di creazione si banalizza, si snatura.

da sx: Franco Bizzotto, Gigi Copiello, Ilvo Diamanti e Mattia Pontarollo

Da lettore, Pontarollo ha sottolineato anche l’asse del gioco su cui si muove spesso la partita tra lavoratori e datori di lavoro, e il ruolo partecipativo giocato nel tempo dal sindacato nel determinare gli equilibri in campo.
Diamanti, seguendo alcuni fili-spunto di riflessione intrecciati nel libro, ha parlato della trasformazione di valore e di senso del lavoro nell’attualità: viviamo in una realtà “presentificata”, in cui i figli non hanno più l’ancoraggio con le professioni dei padri; i giovani navigano nel mondo del lavoro su zattere leggere ma anche senza strumenti di orientamento e spesso senza orizzonti e prospettive di futuro; nel contesto sociale attuale i rapporti lavoro-ricchezza, studio/specializzazione-impiego qualificato non funzionano più, in un’economia globale dove la regola è diventata “i soldi fanno i soldi” trova poco spazio l’impegno quotidiano a svolgere un lavoro “a regola d’arte”. Un’altra condizione che è mutata nel tempo è il legame lavoro-territorio: i luoghi sono tenuti insieme dagli individui che vi operano e i nostri paesaggi sono in questo senso molto più rarefatti di un tempo, a ridefinirli contribuiscono anche sguardi e azioni inediti di persone che provengono da altri luoghi e che sostituiscono quelli noti dei figli emigranti, o già emigrati, in cerca di migliori opportunità. In questo quadro viene lecito pensare a quanto costituisca un’involuzione per una comunità “fondata sul lavoro” il forte investimento giovane nelle varie “scienze della comunicazione”; si può guardare con analogia anche la parabola discendente di tanto Nordest che ha scelto di farsi rappresentare per molti anni da governanti che principalmente a parole hanno tutelato il suo fare, e fare bene, sul territorio e per il Paese, privilegiando invece nei fatti modelli ben diversi.
Copiello ha spiegato infine quale valore hanno rappresentto per lui Bruno da Cittadella e la sua decisione di attribuirsi il titolo di “dottore in malta”: il cambiamento di linguaggio e di lettura della realtà costituisce per Bruno il punto di svolta, lo porta a riappropriarsi della propria competenza, del proprio valore di artefice e di artigiano in rapporto a un contesto lavorativo reale e attuale, non idealizzato e fuori dal tempo. Bruno è felice di aver investito impegno e fatica in una specializzazione di cui può dare prova in ogni momento e ovunque, un titolo del fare, e torna a muoversi con fiducia in sé e negli altri, e quindi pieno di positività, nel mondo del lavoro.

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