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Cinema

Le Idi di Marzo

Analisi e filosofia del mondo della politica firmato Clooney

Pubblicato il 29-12-2011
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Che Clooney voglia scollarsi di dosso l’immagine piaciona e leggera si era capito fin dal suo esordio alla regia con Confessione di una mente pericolosa. Da lì in poi ci ha abituato ad affrontare temi pesanti e delicati come il maccartismo di Good Night and Good Luck, e ora ne Le idi di Marzo l’argomento si fa più spinoso e ancora più attuale trattando la campagna per le primarie presidenziali d’America.

Il film si compone come una vera e propria guerra senza esclusione di colpi, dove al posto di scene di cruente battaglie stanno comizi, strategie, sotterfugi e accordi. I due avversari, il democratico Mike Morris contro il repubblicano Pullman, non sono però protagonisti di questa battaglia. I veri e propri interpreti sono i componenti dello staff, strateghi intelligenti e senza scrupoli che rubano la scena a Clooney (che si ritaglia il ruolo centrale di Morris ma marginale nella scena) e alle sue edificanti parole sul futuro della nazione. Il cast stellare svetta, quindi: primo fra tutti l’astro nascente di Hollywood Ryan Gosling. L’attore interpreta Steven, addetto stampa che a differenza dei veterani Paul (Philip Seymour Hoffman) e Tom (Paul Giamatti), sembra avere una marcia in più: giovane, idealista ancora puro pagherà cara la sua fiducia e la sua moralità. Perché “Puoi scatenare una guerra e restare ancora in sella, ma non puoi mai scoparti una stagista”. Ed è questo infatti che succede all’integro Morris nonché a Steven, e tutto crolla. L’affondo farà male e porterà svolte e colpi di scena, l’incorruttibilità si farà corrotta.


Le idi di Marzo è un film classico, nella sua trama come nella sua messa in scena, con una fotografia che esalta i volti e le emozioni degli attori, con un montaggio lineare e sempre volto alla semplicità. Il problema è che questo classicismo rasenta quasi la noia. Il film è pesante, bisogna ammetterlo, sia per come affronta il tema della politica che per il tema stesso, i dialoghi serrati sono densi, troppo forse, e si rischia davvero di perdersi nel turbinio di nomi e accordi che si svolgono sotto i nostri occhi. La storia prende infatti vita e desta interesse solo con l’ingresso della stagista Molly (la sempre brava Evan Rachel Wood) e del suo flirt con Steven, vera boccata d’aria d’ironia.
Ma, parlando chiaramente, questa non è una stroncatura. E’ più un avvertimento perché Clooney non ha fatto certamente questo film per puro intrattenimento, la sua è una profonda analisi del mondo della politica, fatto di compromessi e strategie al limite della legalità e soprattutto della moralità. Basta poco per cadere, per compiere quel piccolo e fatale errore che farà crollare tutto, noi in primis.

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