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Marco Polo
Giornalista
Bassanonet.it
Il Gaucho votato il migliore contro il Celano
Christian La Grotteria: “Questa squadra ha enormi margini di miglioramento ma dobbiamo superare il blocco mentale che ci attanaglia. Per farlo è necessario che lo vogliano tutti”.
Pubblicato il 03-12-2009
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Trentesimo minuto del primo tempo della sfida tra Bassano Virtus e Bellaria. C’è un attaccante possente, a cui è qualcuno lassù ha concesso anche un paio piedi di velluto, che calcia in diagonale verso la porta. Il pallone verrà controllato agevolmente dall’estremo difensore biancazzurro ma ci può stare, ci sarebbe ancora un’ora abbondante per vincere la partita. Il guaio è che l’attaccante in questione, tale Christian La Grotteria, subito dopo aver liberato il sinistro sente una fitta alla coscia. Brutto segno. Subito dopo è costretto a dare forfait e chiedere il cambio. Sarà una mazzata per le sorti future dei giallorossi incapaci, di lì in avanti, di essere realmente pericolosi in attacco contro lo stesso Bellaria e nei successivi incontri con Sangiustese e Fano. E per fugare qualsiasi dubbio sull’importanza della punta argentina nell’economia del gioco d’attacco del Soccer Team è arrivata la partita col Celano. Il Gaucho, pur reduce dal guaio muscolare, ha catalizzato su di lui palloni ed avversari fin oltre il novantesimo, anzi addirittura al 95’ quando con la sua finta, sul lungo lancio di Pavesi, ha creato e condizioni per il successivo gol di Turetta. Prova di grande qualità e consenso unanime che gli sono valsi il plebiscito nel sondaggio del nostro portale sul miglior giallorosso in campo nella gara con il Celano: il 64% dei votanti non ha avuto dubbi su a chi attribuire la propria preferenza, contro i voti accumulati da Pavesi e Fabiano fermi al 18%. La Grotteria è quel giocatore che in questa squadra funge da punto di riferimento imprescindibile per i lanci lunghi che provengono dalle retrovie ma nello stesso tempo, grazie a delle straordinarie doti tecniche, anche da regista avanzato ossia colui che può servire gli inserimenti dei compagni e metterli nelle condizioni di battere a rete. “E’ vero, questo è il mio gioco e io son ben lieto di mettere le mie caratteristiche a disposizione di mister e compagni. Così capita che parto da prima punta per poi tornare qualche metro più indietro rispetto alla linea dei difensori per cercare di tenere e giocare la palla per gli inserimenti di esterni e centrocampisti. Se poi vedo il pertugio buono non mi faccio pregare per concludere”. Due settimane e mezza di stop e rientro in campo per novanta minuti filati. Forse Beghetto ha un po’ rischiato ma questo la dice lunga sull’importanza attribuita dal tecnico al suo puntero: “Infatti per la partita col Celano ero carico a mille. Il mister ha puntato su di me ad occhi chiusi e per questo non posso far altro che ringraziarlo. Sinceramente non pensavo di potercela fare a reggere fino alla fine, credo che ha prevalso l’orgoglio sulla stanchezza. Eppoi la cosa importante è esser riusciti a rimettere in piedi una partita data ormai per persa. Sulla mia finta Turetta è stato bravo a crederci e pareggiare ma resto convinto che se ci fossero stati altri cinque o dieci minuti l’avremmo anche vinta. Purtroppo abbaiamo regalato un tempo ai nostri avversari e l’abbiamo pagato. Teniamoci stretta la risposta caratteriale che abbiamo dato e guardiamo avanti con rinnovato ottimismo”. Il momento della squadra è critico, un’eventuale sconfitta col Celano avrebbe aperto scenari di crisi vera. Eppure dopo l’avvento di Beghetto le cose stavano prendendo una piega diversa. Cos’è successo? “Non saprei indicare una causa rispetto ad un’altra. Sicuramente la partita col Fano è stata una caduta fragorosa per com’è maturata ma che può starci dopo sette risultati utili consecutivi. Però, in effetti, una squadra come la nostra che punta a rientrare nei playoff non può permettersi battute a vuoto per tre-quattro partite di fila. Abbiamo palesato degli evidenti limiti che devono essere superati se si vuole ambire a qualcosa di importante”.
Il tasto dolente, al di là degli infortuni che sono un alibi fino ad un certo punto, è stato sottolineato con grande forze dal direttore generale Braghin. Nella squadra, pur regnando armonia e stima reciproca, non è ancora scattata quella scintilla che fa di un buon gruppo in un gruppo vincente. Quella scintilla, ad esempio, che ha incendiato i giocatori in maglia giallorossa nel secondo tempo con il Celano: “Probabilmente ha ragione il direttore, non siamo ancora diventati tanti corpi in un anima sola. Ci sono delle situazioni che si portano avanti fin dal ritiro e finché non ragioniamo tutti all’unisono e non adottiamo tutti il medesimo atteggiamento sarà difficile raggiungere un qualsiasi obiettivo. Questo non è un aspetto allenabile però si punta sull’intelligenza delle persone. Ci sono diversi modi per portare una squadra a pensarla tutti allo stesso modo lasciando da parte gli individualismi. Speriamo che questo diventi realtà il più presto possibile perché sennò si perde tempo e non so va da nessuna parte”. Approfondisce il concetto, La Grotteria: “Che il nostro blocco sia mentale mi pare evidente. Basti pensare alla reazione che abbiamo messo sul campo sotto di due a zero perché ci eravamo infuriati per gli atteggiamenti antisportivi dei nostri avversari. Pensate cosa potremmo fare giocando sempre così? Può essere che qualcuno senta di più e qualcuno di meno la partita o che la presenza di pressioni condizioni inconsciamente. Dobbiamo assolutamente lavorarci su perché resto convinto che questo gruppo ha enormi margini di miglioramento. Possiamo fare tante cose ancora ma bisogna volerlo e volerlo tutti”.
Christian La Grotteria è il punto fermo dell'attacco giallorosso (foto Roberto Bosca)
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