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Alessandro Tich
Direttore Responsabile
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"Haiti, una disgrazia su una disgrazia"
Intervista a Renato Mascarello, di San Giuseppe di Cassola, più volte volontario nel paese caraibico oggi sconvolto dalla devastazione del terremoto
Pubblicato il 18-01-2010
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“Ad Haiti la tragedia c'era anche prima, con i morti e i feriti sulle strade e al mercato. E' una disgrazia su una disgrazia”.
Chi lo afferma è Renato Mascarello, di San Giuseppe di Cassola, da anni attivo nel volontariato nelle missioni all'estero dove presta il suo operato come elettricista.
Tra le mete della sua attività umanitaria c'è stata anche Haiti, l'isola caraibica oggi sconvolta dal terremoto, dove Mascarello si è recato tre volte, per periodi di diversi mesi, tra il 2003 e il 2004 per collaborare con la missione dei Padri Scalabriniani di San Pedro de Macon's.
Renato Mascarello: "Gli aiuti ad Haiti servivano anche prima del terremoto"
Nel febbraio del 2004 l'elettricista di Cassola, assieme all'altro volontario bassanese Giovanni Battaglia e a quattro volontari di Montebelluna, rischiò di rimanere bloccato ad Haiti nel corso dei disordini scoppiati contro il presidente dimissionario Jean-Baptiste Aristide. La guerriglia, che già allora provocò violenze e devastazione, rischiava di coinvolgere anche il luogo della missione e Mascarello, dopo un avventuroso trasferimento in auto, riuscì ad arrivare all'aeroporto della capitale Port au Prince da dove, con un volo privato - l'ultimo prima della chiusura dell'aeroporto per i drammatici sviluppi della rivolta - avrebbe poi raggiunto Santo Domingo, scalo di partenza di un volo di linea per l'Italia.
Nel paese caraibico ha rischiato grosso, ma Haiti e la sua gente gli sono rimasti nel cuore. E ora che l'isola delle Grandi Antille è in preda al caos e all'emergenza umanitaria dopo il terribile sisma, segue con apprensione gli sviluppi della situazione.
Renato Mascarello, come sta seguendo i tragici avvenimenti di Haiti?
“La distruzione del terremoto purtroppo non mi sorprende, perché ad Haiti le case erano tutte fatiscenti. Nella missione degli Scalabrini abbiamo costruito degli edifici con ferro e cemento, che hanno retto al terremoto salvo qualche danno agli impianti. Si tratta di un ospedale, di una scuola, di un noviziato per 50 aspiranti sacerdoti e di 27 mini-appartamenti per i vescovi e gli altri ospiti della struttura. Mi sono messo in contatto con i referenti della missione, nel vicino campo sportivo sono alloggiati tutti i feriti. C'è paura degli sciacalli, in tempo di guerra gli sciacalli c'erano sempre e ci hanno fatto scappare.”
Con chi è in contatto, in particolare?
“Sono in contatto con Flavio Durante, di Montebelluna, fratello di padre Giuseppe Durante, responsabile della missione scalabriniana ad Haiti. Le informazioni sono ancora frammentarie, il fratello sta bene, c'è il problema della cura dei malati nel campo sportivo.”
Il mondo si sta mobilitando per aiutare la popolazione haitiana...
“Certamente gli aiuti servono, ma dove vanno a finire e per fare che cosa?
La popolazione haitiana ha bisogno di mangiare, come anche prima del terremoto. La povertà è estrema, quando ci trovavamo ad Haiti mancavano la luce e l'acqua ma se si dava a quella gente un po' di mangiare facevano musica ed erano contenti.
Gli aiuti ci volevano anche prima del terremoto, in uno dei paesi più poveri del mondo.”
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