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Attualità

Il Ricordo in mezzo a noi

Inaugurata a Cassola la targa in onore di Antonio Bordignon e Luigi Pagnon, i due Carabinieri cassolesi uccisi 80 anni fa in Istria dai titini. Il sindaco Maroso: “Occasione per rileggere una pagina di storia a lungo dimenticata o persino occultata”

Pubblicato il 17-02-2024
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Elena Pavan

Si sono trovati nel posto sbagliato nel momento storico sbagliato.
Erano Carabinieri, entrambi di Cassola, e il destino li ha assegnati nella zona di sangue giuliano-istriana conquistata dalle milizie comuniste di Tito.
Sono morti così Antonio Bordignon e Luigi Pagnon, rimasti vittime, nel 1944, delle feroci rappresaglie messe in atto dai titini sul Carso e in terra istriana: il primo dopo la cattura avvenuta a San Dorligo della Valle, sopra Trieste e vicino a Basovizza, in seguito all’assalto alla caserma di Sant’Elia; il secondo a Parenzo, in Istria, dopo essere finito in mano ai partigiani slavi. I loro corpi non sono stati più ritrovati: molto probabilmente sono stati infoibati.

Lo scoprimento della targa

La vicenda dei due Carabinieri cassolesi vittime del dramma del “confine orientale” è venuta alla luce solo qualche anno fa, in seguito alle segnalazioni pervenute al Comune di Cassola dall’Unione degli Istriani e dall’Associazione Nazionale Carabinieri di Monte Porzio Catone.
La storia dei due sfortunati concittadini è stata approfondita grazie all’interessamento degli uffici comunali, che sono riusciti anche a risalire ai parenti più prossimi dei due militi.
I discendenti di Luigi Pagnon vivono ancora tutti a Borgo Isola, a San Giuseppe, dove quello zio morto 80 anni fa era nato e cresciuto.
È stato invece più difficile rintracciare i nipoti della moglie di Antonio Bordignon, Annalisa e Sergio Bavaresco, che risiedono a Riese Pio X.
Entrambe le famiglie non sono volute mancare all’appuntamento di questa mattina: la cerimonia di scoprimento della targa, sul Monumento ai Caduti in piazza Aldo Moro davanti al Municipio a Cassola, dedicata a quei loro antenati di cui sembrava essersi persa ogni traccia.
Previsto in origine sabato scorso 10 febbraio, data del Giorno del Ricordo, e poi rinviato di una settimana a causa del maltempo, il solenne evento celebrativo ha consentito alla comunità di Cassola di poter rileggere con una nuova consapevolezza la tragedia delle foibe e il dramma dell’esodo giuliano-dalmata.
Una pagina di storia italiana che, come ha sottolineato il sindaco Aldo Maroso introducendo la cerimonia, “è stata a lungo dimenticata o persino occultata”, ma in realtà ha toccato molto da vicino anche questo territorio.
Presenti nell’occasione i ragazzi delle classi terze della Scuola Media di Cassola, diverse delegazioni dei gruppi locali di volontariato, la banda e le associazioni combattentistiche e d’arma, che hanno dato solennità alla celebrazione con l’alzabandiera e il rito dell’onore ai Caduti.
A porre il sigillo alla commemorazione sono stati quindi gli interventi dei due oratori invitati per l’occasione, a cui è stato affidato il compito di ricostruire il drammatico contesto storico che ha portato alle uccisioni di Pagnon e Bordignon e di altre migliaia di militari e civili italiani, tacciati come fascisti, e che ne ha costretto altre centinaia di migliaia all’esilio.
Lo storico Marino Kuhar ha focalizzato l’attenzione sulle foibe, ripercorrendo il periodo delle uccisioni e delle torture perpetrate dai partigiani titini.
Mentre il secondo relatore è stato…il sottoscritto, figlio di esuli fiumani.
Non potendo scrivere di me stesso, mi affido al testo del comunicato diffuso oggi dall’ufficio stampa del Comune di Cassola: “Tich si è soffermato sul periodo dell’esodo, facendo affidamento alle memorie familiari anche molto dolorose e condividendo con i presenti le emozioni e i sentimenti che negli anni hanno accompagnato gli esuli e i loro figli.”
Ve lo giuro: con tutte le persone convenute ma soprattutto con tutti quei ragazzi e ragazze di terza media che mi ascoltavano con grande attenzione, è stato bellissimo.

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