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Siamo a cavallo
Clamorose novità sul cavallo del monumento equestre di Ferdinando I a Napoli, il cui gesso era esposto al Museo Civico di Bassano, attribuito ad Antonio Canova. Ma dal Museo arrivano anche altre anticipazioni
Pubblicato il 22-03-2018
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Vedi Napoli e poi presti. Lo scopo principale della recente missione nella città partenopea della direttrice del Museo Civico di Bassano del Grappa Chiara Casarin, di cui ci siamo già occupati in un nostro recente articolo, ha riguardato una specifica richiesta del MANN (Museo Archeologico Nazionale di Napoli) al Museo Civico bassanese medesimo.
E cioè un cospicuo prestito di opere di Antonio Canova per la mostra “Grande come gli Antichi. Antonio Canova e il Mondo Classico” in programma nella prestigiosa sede museale napoletana da marzo a giugno 2019. Nella fattispecie, la direzione del MANN ha richiesto al Museo di Bassano la disponibilità di due sculture (il bozzetto originale delle Tre Grazie e la testa del modello in gesso del cavallo della statua equestre di Ferdinando I), quattro monocromi e una trentina di disegni.
“Mi sono incontrata col direttore del Museo Archeologico Nazionale Paolo Giulierini per approfondire alcuni dettagli del prestito di una significativa parte del patrimonio canoviano del nostro Museo per la grande mostra di primavera 2019 che sarà curata da Giuseppe Pavanello - conferma Chiara Casarin a Bassanonet -. La relazione tra Canova e Napoli è importante e per la nostra struttura la richiesta pervenuta è impegnativa. Ci sono comunque dei margini trattabili e stiamo valutando la fattibilità dell'operazione.”
La statua equestre di Ferdinando I in piazza Plebiscito a Napoli (fonte immagine: Facebook / Chiara Casarin)
Vedi Napoli e poi studi. Perché la trasferta della dottoressa Casarin in riva al Golfo si è concentrata anche su una clamorosa novità relativa ad uno dei più famosi bronzi canoviani: vale a dire il cavallo del monumento equestre a Ferdinando I che assieme al monumento equestre a Carlo III svetta in piazza Plebiscito nell'ex capitale del Regno delle Due Sicilie. Come finora sempre affermato dalla letteratura scientifica, la statua equestre a Carlo III è stata interamente realizzata dal Canova mentre il monumento bronzeo a Ferdinando I è stato realizzato dall'autore delle Tre Grazie per la sola parte del cavallo e terminato nel 1823, per la figura del cavaliere, dal suo allievo Antonio Calì a seguito della morte del grande scultore di Possagno avvenuta l'anno prima.
Si tratta - come pure già evidenziato nel nostro precedente articolo - di due opere direttamente collegate con Bassano: entrambi gli imponenti modelli in gesso, donati dal fratellastro di Canova monsignor Giovanni Battista Sartori, erano infatti esposti nelle sale della pinacoteca del Museo Civico.
Quello del monumento a Carlo III, completo di cavallo e cavaliere, venne quasi totalmente distrutto da un bombardamento nell'aprile 1945. Il modello del solo cavallo della statua equestre di Ferdinando I fu invece fatto segare nel 1968 dall'allora direttore del Museo Passamani che ne fece depositare i pezzi nelle segrete stanze di Palazzo Bonaguro.
Ma è proprio il grande cavallo di gesso di Ferdinando I - di cui oggi nella sala canoviana del Museo è esposta la sola testa restaurata - ad essere al centro di un improvviso “giallo” in attesa di soluzione.
“La ragione del mio viaggio a Napoli era affiancata a una ricerca sul cavallo di Canova - spiega e rivela Chiara Casarin -. L'ipotesi parte da mesi di studio e riguarda il cavallo in bronzo di Ferdinando I che è sempre stato ritenuto del Canova. In realtà ci sono molte differenze tra l'opera in bronzo e il gesso in Museo.”
“Factum Arte - continua la direttrice - ha realizzato la scansione 3D di tutti i pezzi del gesso di Bassano e ha ricomposto virtualmente l'intera immagine del cavallo: rispetto al cavallo di bronzo di Napoli è diverso. Nella criniera, nella coda, nei paramenti.”
E siccome i bronzi o i marmi del Canova - ossia le opere finite - erano la perfetta riproduzione 1:1 dei loro modelli in gesso, minimi particolari compresi, qualcosa non quadra. “Al momento sto lavorando su un'ipotesi - prosegue -. Il dato certo è la differenza nei dettagli su cui tutte le pubblicazioni edite hanno glissato.”
Grazie ai documenti acquisiti all'Archivio Storico di Napoli, la direttrice del Museo di Bassano sta studiando tutta la corrispondenza tra la Fonderia Righetti di San Giorgio a Cremano, che fuse in bronzo l'opera, e la Casa Reale che ne fu la committente.
“Va inoltre sottolineato - rivela la studiosa - che i documenti parlano di un concorso di scultura del 1823 per la figura del cavaliere e la fusione della statua equestre a cui Antonio Calì ha partecipato e ha vinto.”
Le possibili circostanze storiche al vaglio del Casarin-pensiero sono due.
La prima è che Calì, allievo di Canova, abbia fuso in bronzo non il cavallo del maestro, apportando le modifiche di propria iniziativa. La seconda è che le variazioni rispetto al modello in gesso siano state effettuate su richiesta della Casa regnante committente.
“Nei monumenti equestri - chiarisce la Chiara - il prestigio del cavaliere veniva evidenziato dall'andatura del cavallo e dagli accessori del cavaliere e del cavallo stesso: i paramenti, la criniera, l'acconciatura della coda. Guarda caso proprio i dettagli in cui si sono riscontrate le differenze col modello di Bassano.” “La chiave - anticipa - va trovata nel trasporto da Roma a Napoli del gesso."
Per il momento la ricerca in corso approderà a una pubblicazione. E se le ipotesi della ricercatrice saranno confermate, siamo a cavallo.
Ma le novità collegate al Museo Civico e a chi al momento ne regge le sorti non finiscono qui. E riguardano la seconda missione della direttrice, ieri e l'altro ieri, a Vienna: una trasferta pure al centro del nostro precedente articolo, le cui previsioni vengono confermate. C'è infatti un filo diretto che lega Vik Muniz, l'artista brasiliano che esegue la perfetta riproduzione tridimensionale dei lati rovesci ovvero dei retri di quadri famosi e la mostra “Abscondita” (titolo provvisorio) che dal prossimo 9 giugno alla Galleria Civica del Museo di Bassano esporrà i retri di una selezione di dipinti, e non solo, delle collezioni permanenti del Museo stesso. Tra questi, solo per citare qualche esempio, il lato B del ritratto di Francesco Roberti di Francesco Hayez con la firma autografa dell'autore.
Ma anche dei dipinti che sul retro presentano altri dipinti e persino un...Leonardo.
Ovvero un quadro di non eccelso valore raffigurante il Santo di turno che sul rovescio reca l'iscrizione “Leonardo da Vinci pixit”. Ovviamente una forzatura del suo autoironico oppure megalomane autore: un fake news antesignana di Facebook.
“Vik Muniz - conferma la dottoressa Casarin - ha inaugurato la sua mostra al Belvedere di Vienna sui retri di celebri dipinti e io gli ho chiesto di co-curare, assieme a me, la mostra di Bassano.” “Lui realizza solo facsimili del retro di opere come ad esempio il “Bacio” di Klimt o la “Gioconda” di Leonardo mentre a Bassano mostreremo solo le opere originali delle nostre collezioni, girate al rovescio - specifica -. Ma mi piacerebbe concludere il percorso con un lavoro di Muniz.”
All'inaugurazione della mostra “Vik Muniz - Verso” al Belvedere viennese è intervenuto il classico pubblico delle grandi occasioni: l'artista brasiliano è infatti un nome di richiamo internazionale e subito dopo l'esposizione nella capitale austriaca è stato invitato ad esporre al Prado di Madrid. E in onore al suo stile l'ambasciatore olandese in Austria, che ha promosso l'evento di Vienna, si è presentato all'inaugurazione col vestito di gala indossato tutto alla rovescia. Stravaganze da vips del Corpo Diplomatico.
Tuttavia, nonostante l'agenda internazionale di impegni dell'artista e le alte sfere che sono solite “corteggiarlo”, sembra che la direttrice Casarin sia riuscita a strappare a Vik Muniz la disponibilità a collaborare anche all'evento nella “piccola” Bassano.
Si attende la amrefnoc (“conferma” alla rovescia) definitiva.
E ce n'è ancora. Il secondo obiettivo della missione viennese è stato un incontro col direttore del prestigiosissimo Kunsthistorisches Museum Stefan Weppelmann.
Quello che è uno dei musei più antichi e più ricchi al mondo è infatti intenzionato a realizzare nel 2020 una mostra tematica sulla serie allegorica dei “mesi e stagioni” di Leandro Bassano. Undici mesi e quattro stagioni del ciclo pittorico sono conservati al Kunsthistorisches, il dodicesimo mese invece nella Galleria del Castello di Praga.
Il progetto della mostra internazionale ne prevede l'allestimento in tre sedi diverse: a Bassano del Grappa, a Praga e infine a Vienna. Tuttavia nel 2020 Chiara Casarin - a meno di un'eventuale e comunque possibile riconferma - non sarà più la direttrice del Museo Civico di Bassano. Il suo contratto di incarico a termine scadrà infatti a metà 2019, alla scadenza dell'attuale Amministrazione comunale.
“Il Kunsthistorisches Museum - riferisce - ci tiene molto a questa mostra e abbiamo gettato le basi per una possibile collaborazione. Ho però spiegato che per me si tratta di una iniziativa “fuori mandato”. La conclusione del progetto dipenderà dalla volontà politica della futura Amministrazione comunale. Chi dirige un Museo Civico è solo un esecutore.” Ma il programma delle cose da fare fino alla scadenza del mandato è comunque corposo, come una fetta di torta Sacher.
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