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Rinascimento in bianco e nero

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Rinascimento in bianco e nero

Alessandro TichAlessandro Tich
Direttore Responsabile
Bassanonet.it

Attualità

Gira la giostra

Lo strano destino di diverse questioni dell'attualità bassanese: quello di continuare a girare, con l'illusoria sensazione che il mondo ruoti attorno a noi, per poi ritrovarsi nuovamente al punto di partenza

Pubblicato il 14-01-2017
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Rinascimento in bianco e nero

Venghino signori, venghino! Parlare e scrivere di Bassano del Grappa, molto spesso, equivale a fare un giro in giostra. Si parte, si cavalca il cavallo del momento, ci si muove con l'illusoria sensazione che il mondo ruoti attorno a noi, ma alla fine si arriva nuovamente al punto di partenza.
È incredibile come diverse importanti questioni che interessano l'attualità cittadina e del territorio siano accomunate dallo stesso strano destino: quello della direzione circolare delle cose, dove più apparentemente si va avanti e più in realtà si torna e si resta al punto di prima. Questioni di cui scriviamo anche da anni e che ciclicamente riemergono, dopo tanta strada percorsa, per constatare quanta strada in realtà c'è ancora da fare.

Foto Alessandro Tich

Consideriamo, ad esempio, la vicenda del Tribunale. Proprio oggi a Vicenza è stata inaugurata nel Tribunale nuovo di Borgo Berga la nuova “Cittadella unica della Giustizia” dopo la chiusura definitiva, e il trasferimento di tutti gli uffici, del vecchio Tribunale di Santa Corona. E quando scrivo le parole “Cittadella della Giustizia” so di toccare un tasto dolente: quello del complesso giudiziario di Bassano, costato 20 milioni di euro di cui 12 per la sola ristrutturazione delle ex carceri, oggi condannato alla mesta funzione di scatolone vuoto in conseguenza dell'accorpamento con Vicenza.
Abbiamo dedicato fiumi di inchiostro a questo infelice parto della Riforma della Geografia Giudiziaria, ma tant'è. La cosa di cui non riusciamo ancora a renderci conto è che si tratta di una condanna che appare definitiva. Non esiste alcun segnale, dalle stanze dei bottoni di Roma, circa un possibile recupero del circondario giudiziario in riva al Brenta e lo sportello per i cittadini e per le imprese aperto lo scorso ottobre in via Marinali per la consegna o il ricevimento degli atti e delle pratiche di competenza del Tribunale di Vicenza è il classico contentino concesso alla periferia dell'Impero.
Perché questo siamo: periferia. A tempo debito non siamo riusciti a diventare Provincia (altra giostra che ha girato per decenni) e questa è una delle conseguenze. Eppure il progetto del nuovo Tribunale della Pedemontana è ancora lungi a morire. Per il sindaco Poletto e altri amministratori e politici locali la re-istituzione dell'ottavo Tribunale del Veneto, competente anche per i territori confinanti del Trevigiano e Padovano, non è una chimera e “la battaglia prosegue”. Come e in che tempi, vallo a sapere. Peccato che il Tribunale di Vicenza, nel frattempo, stia progressivamente uscendo da quell'iniziale situazione di marasma post-accorpamento che ha rappresentato il ricorrente alibi per le speranze di un ritorno della Giustizia a Bassano.
I criteri organizzativi introdotti negli ultimi due anni e l'arrivo di nuovi magistrati hanno permesso di abbattere le pendenze più lunghe, quasi 1700 procedimenti, e l'obiettivo del presidente Alberto Rizzo è quello di azzerare le cause arretrate nel giro di cinque anni. Snellito anche il numero dei procedimenti civili ordinari, oltre un migliaio nel giro di un anno. Sarà dura convincere l'imperscrutabile ministro Andrea Orlando, o chi gli succederà in un prossimo governo, che a una trentina di chilometri di distanza è necessario un nuovo ed autonomo Palazzo di Giustizia. E a cinque anni dal decreto taglia-tribunali del ministro Severino, invece di metterci una pietra sopra e pensare una volta per tutte a una nuova destinazione d'uso per la Cittadella, siamo ancora e nuovamente ad un blocco di partenza con destinazione ignota.

Un altro cavallo che continua ad avanzare su una piattaforma girevole è il nuovo ipotetico Teatro Civico. Un autentico cavallo di battaglia dell'Amministrazione Poletto che fino a un anno fa era intenzionata, senza se e senza ma, a dirottare i contributi per il Polo Museale Santa Chiara (altra vicenda che ha rischiato fino all'ultimo di girare a vuoto) al progetto di una nuova sede di spettacolo per la città.
Come sia andata a finire questa storia lo sappiamo tutti. E mentre proprio in questi giorni riparte il cantiere del Polo Santa Chiara, la prospettiva di un Teatro cittadino risulta ancora “non pervenuta”.
Dalla parrocchia di Santa Maria in Colle, dopo che l'ex arciprete e parroco don Renato Tomasi è andato in pensione, non vengono segnalati rilanci di interesse circa l'eventualità dell'acquisto da parte del Comune della sala da Ponte del Centro Giovanile. E il nuovo parroco don Andrea Gugliemi sarebbe intenzionato a rilanciare il Centro Giovanile, piuttosto che ridimensionarlo vendendo all'ente pubblico il suo locale più spazioso e rappresentativo.
Resta così in piedi l'unica ipotesi dell'acquisizione del Teatro Astra. Il cui progetto di ristrutturazione, commissionato dalla proprietà privata dello storico edificio, era stato presentato ancora lo scorso 7 febbraio. Ma si tratta - per quanto contenuto ai minimi termini possibili - di un investimento milionario, con una stima di 7 milioni e 395mila euro per la riqualificazione degli interni oltre il costo per l'acquisto dell'immobile. Una missione impossibile senza il reperimento dei necessari finanziamenti e contributi dall'esterno.
“Le due proposte, Centro Giovanile e Astra - dichiarava lo scorso 24 settembre il sindaco Poletto al Giornale di Vicenza - sono sul piatto e ci siamo presi tempo fino al 31 dicembre per decidere.”
Il 31 dicembre è passato e ci ritroviamo ancora al punto di partenza.

La circolarità delle cose diventa sistematica quando si tocca un tema ricorrente nelle cronache anche di questo portale: la presunta vocazione turistica della nostra città e del suo territorio di riferimento. Un aspetto primario dell'economia locale dove il rapporto tra Pubblico e Privato riesce nel capolavoro di posticipare all'infinito la conquista dei risultati.
Ci sono voluti tre anni affinché il progetto del Tavolo di Marketing Territoriale “Territori del Brenta” e dell'istituzione del Marchio d'Area, promosso da alcuni operatori privati, venisse istituzionalmente accolto dall'IPA (Intesa Programmatica d'Area) Pedemontana del Brenta, che comprende 17 Comuni del comprensorio con Bassano capofila: uno degli organismi sovracomunali più misteriosi in termini di concretezza ed efficacia operativa.
Una partnership al seguito della quale, come comunicavano ad accordo raggiunto i promotori del progetto, “le pubbliche amministrazioni promuovono e avviano il tavolo costituito dai cosiddetti portatori di interesse (imprenditori del settore in primis), i soggetti più indicati a sviluppare azioni di marketing con l’obiettivo di progettare e creare le linee strategiche per l'intercettazione dei flussi del turismo nazionale e internazionale”.
Era il 17 marzo 2016 e tra due mesi il Tavolo per il Marchio d'Area celebrerà il suo primo compleanno. Ma a parte alcuni incontri di formazione e aggiornamento per gli operatori del settore, si tratta di un aereo che stenta ancora a decollare.
Non più tardi di due giorni fa, lo stratega dei “Territori del Brenta” Andrea Cunico Jegary ha postato un commento ad un articolo di Bassanonet di cui riporto solo le righe iniziali: “Le reti territoriali delle attrattività già presenti NON vengono messe in connessione, NON quelle museali, NON quelle naturalistiche, NON quelle ciclabili. NON vengono realizzati supporti digitali/analogici. Queste reti NON vengono comunicate, "promosse", perché NON siamo un territorio, NON facciamo marketing territoriale, NON disponiamo di una struttura strategica/operativa territoriale, NON ci sono progetti territoriali in corso da parte dei decisori in carica in quanto questi sono sono per definizione "locali", NON "territoriali".”
Insomma: per usare lo stile di Cunico, il Tavolo di Marketing in qualche modo si sta muovendo ma NON evita di muoversi, al momento, solo attorno a se stesso.

E che dire del Ponte di Bassano? Tranquilli: non vi voglio rifilare l'ennesimo polpettone sull'estenuante telenovela amministrativo-giudiziaria dell'avvio dei lavori di restauro. Mi riferisco invece ad un altro aspetto della rinascita morale, oltre che fisica, del simbolo della città: il suo riconoscimento a Monumento Nazionale.
Da un paio d'anni si è costituito il città un apposito Comitato che ha lo scopo, per l'appunto, di “tallonare” i parlamentari vicentini affinché la dichiarazione del “Ponte degli Alpini Monumento Nazionale” venga sancita, come già accaduto per la Basilica Palladiana di Vicenza, con una piccola e semplice legge nazionale di un solo articolo. Del Comitato, oltre ai promotori, fanno parte importanti testimonial: da Renzo Rosso e da Francesca Michielin fino al divo dei fornelli Carlo Cracco.
Eppure, fino ad oggi, cotanta rappresentatività non ha smosso i nostri esponenti politici a Roma di un millimetro. La leggina per il nostro amato Ponte non è ancora in agenda. E ancora lo scorso 14 luglio scrivevamo che il Comitato Ponte degli Alpini Monumento Nazionale “ha interpellato diversi parlamentari del territorio vicentino che si sono resi disponibili a collaborare con uno spirito di squadra più incisivo e producente di quanto finora ottenuto singolarmente”.
E che “il neo deputato bassanese Dino Secco si è assunto a tale scopo l'incarico di invitarli a un incontro operativo dopo la pausa estiva, alla ripresa dei lavori parlamentari”. Ne avete più avuto qualche notizia? Desaparecidos.
E intanto c'è persino chi pensa di andare ben oltre al semplice riconoscimento nazionale per il Ponte Vecchio, per farlo diventare nientemeno che patrimonio dell'UNESCO abbinando “la firma del Palladio ai legami del Ponte con la Grande Guerra”. Un'idea che era scaturita nella Commissione Cultura del Comune, ancora nel lontano aprile di due anni fa.
Qualcun altro ha poi proposto di gemellare il Ponte di Bassano con quello di Mostar in Erzegovina, già tutelato dall'UNESCO, per accelerarne il riconoscimento delle Nazioni Unite quale Patrimonio dell'Umanità.
Ma un iter concreto ed effettivo di richiesta non risulta ancora in essere e la cosa appartiene attualmente al regno del bla bla. Buono per qualche titolo sui giornali, e niente più.

Quanto sopra descritto racchiude quattro rilevanti esempi delle tematiche di attualità che nella nostra città si sono staccate dai blocchi di partenza ma appaiono relegate, per citare nientemeno che Nietzsche, all'“eterno ritorno”.
E così, la giostra di Bassano continua a girare. Con l'illusoria sensazione di essere al centro di tutto il resto di un mondo che ruota attorno a lei.
Venghino signori, venghino! C'è posto per il prossimo giro.

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