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Industria

Molvena for Africa

Il gruppo alimentare Pedon sviluppa in Etiopia un modello di produzione responsabile. Il vicepresidente Comitato Sicurezza Mondiale Alimentare della FAO Franklin Moore: “Un progetto applicabile come “migliore prassi” in altre parti del mondo"

Pubblicato il 08-09-2012
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L'Africa? Il continente che il senso comune associa alla fame nel mondo, in realtà, potrebbe diventare il granaio di sé stesso. Il 75% della sua superficie è coltivabile, mentre oggi appena il 15% del suolo africano è dedicato all'agricoltura.
Un paradosso che vale anche per il Corno d'Africa, regione tra le più martoriate da carestie e siccità dove ogni giorno continuano a morire tra 100 e 200 bambini con meno di 5 anni di età. Eppure un Paese come l'Etiopia, ad esempio, potrebbe puntare a una maggiore capacità di autosostentamento: è situato su un altopiano e la sua terra, per questo, è molto fertile. Ma tra il dire e il fare, come sempre, c'è di mezzo un mare: di problemi logistici, socio-economici, politici e organizzativi.
Dare i mezzi al continente per produrre il cibo necessario è un percorso difficile e ci vorranno ancora molti anni, ma se non si gettano i primi semi è inutile attendersi che nasca qualche piantina.

Il vicepresidente del Comitato per la Sicurezza Mondiale Alimentare della FAO Franklin C. Moore (foto Alessandro Tich)

Lo ha ben capito il Gruppo Pedon di Molvena, azienda leader europea nella produzione di legumi e cereali secchi, che dal 2005 ha avviato in Etiopia, tramite la propria divisione Acos (Agricultural Commodity Supplies), un progetto all'avanguardia di business etico. Creando uno stabilimento per la lavorazione dei legumi ubicato in una zona dove, come ricorda il direttore generale del gruppo alimentare Remo Pedon, “agli inizi non esistevano logistica e infrastrutture e i contadini bussavano alla porta per vendere i fagioli e poter così acquistare il necessario per mandare i propri figli a scuola”.
Oggi quello stabilimento opera tramite la Borsa etiope e rifornisce le maggiori aziende conserviere mondiali, dando un sostegno diretto all'economia locale: i fagioli, coltivati dai contadini ma non utilizzati per il mercato interno etiope che (incredibilmente!) non li consuma, divengono quindi un'importante fonte di reddito per migliaia di famiglie del posto.
Acos è diventata così parte attiva del progetto avviato in Etiopia dall'organizzazione non governativa statunitense CRS per il sostegno alla coltivazione e commercializzazione del fagiolo bianco detto “tondino”, tipico dell'area, aiutando in questo modo i piccoli agricoltori locali alla vendita dei loro prodotti ai mercati internazionali da parte di operatori qualificati.
Iniziativa che ha comportato anche investimenti nel sociale. Le operaie etiopi dello stabilimento, secondo la tradizione africana, erano abituate a lavorare assieme ai loro bambini: un principio inapplicabile alla filosofia Pedon, per motivi etici e igienico-sanitari. Da qui l'idea di realizzare una scuola autogestita per i figli dei dipendenti, frequentata oggi da 250 bambini seguiti da 12 insegnanti e con uno shuttle service per il trasporto dei piccoli dai villaggi alla classe.
E a fare scuola, oggi, è lo stesso progetto “for Africa” dell'azienda di Molvena , sempre più al centro dell'attenzione internazionale: visitata di recente nientemeno che da Bill Gates - fondatore della Microsoft e promotore dell'organizzazione umanitaria “Bill and Melinda Gates Foundation” -, la Pedon-Acos Etiopia è stata individuata dal Comitato per la Sicurezza Mondiale Alimentare della FAO, l'Organizzazione per il Cibo e l'Agricoltura delle Nazioni Unite, come “modello imprenditoriale in ambito agroindustriale”.
E proprio il vicepresidente del Comitato della FAO, nonché capodelegazione dell'Agenzia delle Nazioni Unite di Roma Franklin C. Moore ha presenziato questa mattina all'inaugurazione della nuova ala dello stabilimento Pedon di Molvena - di cui ci occupiamo in un altro articolo di questo canale -, assieme ad altri ospiti internazionali tra cui il general manager di Acos Etiopia Kassahun Bekele.
“La politica alimentare di questa azienda - dichiara Moore a Bassanonet - è una delle ragioni per cui guardiamo con così tanto interesse a quanto si sta facendo in Etiopia. E' una visione che ci permette di immaginare il modo in cui i piccoli contadini possono interagire con il sistema della trasformazione dei prodotti. Per il Comitato, è un'istantanea di un'agricoltura responsabile che si può sviluppare ed applicare come “migliore prassi” in altre parti del mondo.”
Per i fagioli dell'Etiopia, intanto, ottobre sarà stagione di raccolto. Perché la manna non arriva dal cielo, ma cresce dalla terra.

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