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Laura Vicenzi
Giornalista
Bassanonet.it
A tu per tu con Bepi De Marzi
Conversando con il Maestro De Marzi, Direttore de I Crodaioli, una voce fuori dal coro
Pubblicato il 11-08-2010
Visto 6.064 volte
A Bassano di recente c’è stata una lunga giornata interamente dedicata al canto corale. Lei e i Crodaioli in estate preferite cercare il silenzio, un “letargo” che attende una maggiore disponibilità all’ascolto
Letargo non mi piace proprio: si va in letargo per dormire e per non vedere ciò che accade intorno. Noi Crodaioli non abbiamo mai fatto concerti d’estate proprio per non diventare i menestrelli dei vacanzieri. Poi, cantiamo tanto lungo gli altri undici mesi! Io, personalmente, detesto l’idea della vacanza.
il Maestro Bepi De Marzi
Quante parole in tv in questi due mesi estivi! Più “politics” che Politica, e “spettegolamenti” travestiti (in abito da sera si chiamano gossip)... le voci buone nascoste da questi schermi e specchi deformi fanno fatica a farsi sentire
La politica è morta da tempo, da quando quel tizio con i tacchi e i capelli finti è “entrato in politica per evitare la galera”, come si legge ovunque, specialmente nei commenti dei giornali esteri. Il degrado della società italiana è ormai inarrestabile. C’è una pigra assuefazione. Nessuno che si vergogni o che protesti per il druido che alle domande risponde con il dito medio.
Nel dibattito sul tema della coralità lei ha sempre sostenuto che il suo desiderio è quello di far nascere in tutti la voglia di cantare, di far esprimere una sorta di comunione nel canto, e ha affermato che le piacciono poco le ritualità del cantare la commozione alle cerimonie o sui palchi “a comando”
Tutto il mondo credeva che l’Italia fosse la terra del canto. Ma basta entrare nelle nostre chiese per capire che il canto d’insieme è stato mortificato anche nella liturgia cattolica. Sui palchi dei comizi ci sono gli altoparlanti per la musica registrata. Se manca la corrente nessuno canta più. E si comincia dalla scuola materna, dove si ammaestrano i bambini nei canti d’imitazione discografica.
Bassano a settembre attende l’Adunata degli alpini del Triveneto. Al di là dell’evento un’occasione di incontro per un corpo che fa dell’azione solidale la sua bandiera
Certo, la solidarietà! Gli alpini sono l’immagine della generosità e della fraternità. Quanto alla bandiera... anche tra gli alpini, specialmente quelli trevigiani, c’è purtroppo chi la vorrebbe mettere al cesso, come raccomanda il solito druido. Ci sarà poi la solita politicante esibizionista che, non ho mai capito perché, verrà ospitata sul palco d’onore.
Nei servizi dei notiziari regionali ultimamente sembra quasi che la montagna si chiami solo Cortina. Ci piacerebbe sentire anche pronunciare altri nomi, li chiediamo a chi la canta da sempre
Cortina non è più montagna da molto tempo perché è un’appendice volgare di Milano e Roma. Il Pelmo e l’Antelao, che sentono e vedono passare le auto rombanti dei miliardari, pare che urlino nel cuore “Ecco i Vip: vere inutili persone”.
Lei di recente da Arzignano si è trasferito a Vicenza, in un quartiere fuori città, e del suo gesto di “esilio” si è parlato e scritto molto. La scelta di non allontanarsi poi di tanto è dovuta, oltre ai motivi personali, anche alla speranza di cambiamento, all’amore per la nostra terra?
Del cambiamento ho perso la speranza. Il mio gesto è stato dettato solo dalla disperazione. Come ho detto, il degrado sociale è inarrestabile. La nostra vera identità veneta, che anche nel mondo è stata sempre individuata nella fraternità, nella serenità laboriosa, nella fede, nell’accoglienza e nella condivisione, nell’amore per la terra, nel rispetto delle memorie, nell’armonia delle tradizioni genuine, è stata violentata e progressivamente mutata in espressioni inutili e vergognose. Hanno sostituito il girotondo con i giochi padani! Chi vorrebbe il dialetto a scuola dimostra di non conoscerlo, e usa questo pretesto a fini esclusivamente elettorali. Chi poi si esprime in dialetto nei consigli comunali non si accorge di cadere nel grottesco, nel ridicolo. Ma ottiene l’approvazione di chi ha smesso di pensare. Che malinconia!
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