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Rinascimento in bianco e nero

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Rinascimento in bianco e nero

Laura VicenziLaura Vicenzi
Giornalista
Bassanonet.it

Teatro

Con Cirano, tra musical e fiaba

Al Comunale di Thiene, il nono appuntamento con la prosa ha portato sul palco il Cirano-Pinocchio di Cirillo

Pubblicato il 24-03-2023
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Rinascimento in bianco e nero

Il nono appuntamento con la prosa della Stagione Thienese ha proposto al Comunale, come di consueto in tre serate, la prima martedì 21, e poi il 22 e il 23 marzo, una rivisitazione del celebre Cyrano de Bergerac in una produzione Marche Teatro, Teatro di Napoli, Teatro Nazionale, Teatro Nazionale di Genova, ERT-Teatro Nazionale.
Apparso sulle scene nel 1897, opera del poeta drammatico francese Edmond Rostand, lo spettacolo che parla di teatro nel teatro e che ha avuto nel tempo tanti rifacimenti illustri si è presentato al pubblico mutata veste nell’originale adattamento firmato da Arturo Cirillo, che ne è stato anche regista e interprete. L’artista partenopeo in frac, cilindro e lustrini ha dato vita a un Cirano-Pinocchio, entrambi personaggi da favola accomunati dal celebre naso, ispirato dal ricordo indelebile della visione del Cyrano di Domenico Modugno e Riccardo Pazzaglia, con il cantante nei panni del protagonista, spettacolo da sogno visto al Politeama di Napoli alla fine degli anni Settanta.
Una poesia-filastrocca recitata nell’introduzione che racconta l’episodio e l’incanto vissuto dal giovane spettatore sancisce una sorta di patto con il pubblico in sala: l’annuncio introduce a una rappresentazione speciale, dove oltre alle vicende del Cyrano si capisce che si celebrerà in quella che si rivelerà una festa piena di musica e di luce la nascita di un grande amore per il teatro. Cirano è un artefice di parole, un creatore di mondi fantastici, è un personaggio mitopoietico che incarna l’arte del teatro, e questa sua caratteristica potente, che però nel racconto originale e anche qui non lo salverà dalla tristezza, è stata traghettata da Cirillo nel mondo del musical e in quello della fiaba. Diversi i rimandi visivi, esaltati dai bellissimi costumi e dalle scene da ribalta di un cabaret a numeri da rivista: creata da Dario Gessati, la scenografia ha visto protagonista una giostra-pedana rotante posta al centro del palco sovrastata da una sorta di sipario circolare argentato della consistenza delle nuvole, presenti solo alcuni oggetti di scena a comparsa e scomparsa — il balcone dell’amata Rossana, le trincee della guerra di Arras — ma tanti effetti luccicanti a evocare magia e sogno (un plauso meritano la scelta dei tessuti per i costumi, a cura di Gianluca Falaschi, e i giochi di luce, governati da Paolo Manti). Tanti omaggi soprattutto in musica allo spettacolo con Modugno (la colonna sonora era a cura di Federico Odling) ma la musica è stata filo conduttore anche per i testi, pregni di rimandi letterari declamati con ritmo leggero, poesia e bel canto dagli attori.

Arturo Cirillo (foto Tommaso Le Pera)

Protagonisti dei “numeri” che si sono susseguiti nelle due ore di spettacolo sono stati oltre che il magistrale Cirillo-Cirano, che in qualche passaggio anche quando diventa Pinocchio porta con sé nelle immersioni totali alla Carmelo Bene, i bravi Giacomo Vigentini, Francesco Petruzzelli, Rosario Giglio, Giulia Trippetta e Valentina Picello, che nel vorticare della giostra che travalica spazio, tempo e gravità rivestono i ruoli dei personaggi principali dell'opera di Rostand ma poi diventano anche Pasticcieri, la Lumachina, Cadetti e un Frate Cappuccino, Assassini e Dame: Valentina Picello è una Rossana-Fata Turchina del tutto aerea, lontanissima dalla Bambina morta di Pinocchio fa pensare a Disney e alle dive di Broadway; Giacomo Vigentini, che è il suo pretendente Cristiano (amico-rivale di Cirano), inframezzato un charleston da cabaret indossa i panni di un Assassino, un Cavaliere e di una Dama; il fido Raguenau (Rosario Giglio) mette e toglie le antenne da Grillo Parlante; Francesco Petruzzelli-De Guiche-Assassino-Cavaliere-Pasticciere, ricorda più volte l’aspetto “difettoso” di Cirano, a cui così contrappone la sua avvenenza, con la battuta: Chiamatemi Antonio!.
Il lieto fine della storia d’amore tra Cirano e Rossana non c’è, c’è il lieto andare della storia d’amore con la poesia e con il teatro che si avverte forte al termine dello spettacolo, che si conclude con giri gioiosi degli attori tra gli applausi, che si allargano in platea. Un tuffo nel campo dei miracoli dell’inventiva umana ma anche un tuffo negli anni Settanta per tanti aspetti, che proponevano bel teatro e bello spettacolo in scena ma anche in televisione: si riconoscono bene certi luccichii, anche se virati sul palco dal bianco e nero.

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