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Brassaï. L’occhio di Parigi

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Brassaï. L’occhio di Parigi

Laura VicenziLaura Vicenzi
Giornalista
Bassanonet.it

Primo piano

Libri

Grandi e piccole storie da Madre Russia

Presentato venerdì 18 febbraio alla libreria Palazzo Roberti dal suo traduttore, Alberto Zisa, La nemesi-Ipoteca sull'immortalità, di Dmitri Aleksandrovič Bystrolëtov-Tolstoj

Pubblicato il 20-02-2022
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Brassaï. L’occhio di Parigi

Presentato venerdì 18 febbraio alla libreria Palazzo Roberti dal suo traduttore, Alberto Zisa, La nemesi-Ipoteca sull'immortalità (2021, EEE-Edizioni Tripla E, 357 pagine, 16 euro) fa parte della collana “Grande e piccola storia” della casa editrice torinese, e il romanzo autobiografico che narra per capitoli la vita di Dmitri Aleksandrovič Bystrolëtov-Tolstoj è davvero una grande-piccola storia di quelle dai connotati da freddo d’oltrecortina da conoscere e da leggere tutte d’un fiato.
Nato nel 1901 in Crimea dalla relazione tra Klavdija Bystrolëtova e il conte Alexander Nikolaevich Tolstoj, Dmitri Bystrolëtov fu ufficiale dei servizi segreti al tempo dell’Urss. Educato in marina e valente artista, laureato in medicina e in legge, viaggiatore e poliglotta, imprigionato per vent’anni dalla sua stessa Madre-Patria dopo averle reso servizio a lungo a rischio della vita, vittima delle “purghe” staliniane, Bystrolëtov fu anche un valente scrittore, come testimonia la pubblicazione. Durante gli anni della prigionia in lager di Stato, subìto patimenti e torture, e poi in seguito dal 1954 scontata la condanna continuò a scrivere le sue memorie che costituiscono una corposa trilogia. L’opera è stata pubblicata in Russia solo nel 2012, grazie a un lavorio di celamento a più mani e poi di cura affettiva da parte del nipote, Sergej Milašov. Il banchetto degli immortali, questo il titolo in traduzione, ha visto la luce quarant’anni dopo poiché il nonno di Sergej aveva disposto che la prima edizione dell’opera dovesse essere pubblicata in Russia. La nemesi. Ipoteca sull’immortalità, da un brano di Puškin, è il primo volume dell’opera di Bystrolëtov pubblicato all’estero nella bella traduzione italiana di Alberto Zisa. Bassanese, a sua volta medico chirurgo e conoscitore di varie lingue, grande appassionato di musica, come documenta la sua attività con l’associazione culturale “Amici della musica - Giorgio Vianello”, e naturalmente di lettura, Zisa nel tempo e con dedizione ha tradotto diversi scritti di Bystrolëtov in Italiano.
La pubblicazione racchiude un’antologia di frammenti tratti da capitoli dei numerosi libri scritti da Bystrolëtov sulla sua prigionia e l’Urss a cui per necessità (dati i pericoli che correva e per praticità di custodia) ha dato veste indipendente ma che risultano come corpo unitario e che qui diventano un vero e proprio romanzo. In esso, l’autore ha raccontato il suo tanto desiderato ma amaro ritorno in Patria quasi mai con amarezza: “un’epoca violenta, difficile e magnifica”, definì quella che aveva vissuto, e il “magnifica” a contrasto dice molto sui chiaroscuri dell’epoca e su di lui. Con Catene e fili, libri dedicati ai viaggi che ha intrapreso in Africa, Europa e America, e poi Generosità di cuore, scritti per gli agenti segreti clandestini, la trilogia fu custodita per ventidue anni nella sezione manoscritti della Biblioteca pubblica statale di Leningrado (San Pietroburgo) “M.E. Saltykov-Ščedrin”. Come conferma Bystrolëtov in un passo del romanzo, per comprendere lo spirito sovietico non si può ignorare che si tratta di un organismo complesso formato di montagne, avvallamenti e pianure sconfinate di elenchi, cifre, trascrizioni affidate a sottosezioni e a sovraintendenti, al dedalo della burocrazia, una sorta di corpo umano che l’autore non si è stancato mai di osservare ammirato, neanche nelle situazioni estreme che come tanti ha vissuto. “Come tanti” è un altro elemento importante nella narrazione: c’è sempre una sorta di fratellanza che accomuna gli uomini messa in luce dall’autore, tanto più in prigionia — come del resto accade nella malattia. In Bystrolëtov si legge un grande amore per l’umanità che stranamente non fa a pugni con l’attività di un uomo che certo non poteva essersi introdotto nei meandri segreti degli Affari Esteri di mezza Europa, avere avuto accesso a segreti nazisti, addirittura avvicinandosi a Enigma, senza delitti e tradimenti di sorta. I legami con i compagni di sventura, con Kotja che l’aveva messo in guardia per non far scendere sull’amico le ali nere della Lefortovka, come anche con il vecchio Ivàn Nicolajevič che all’ultimo gli riservò tra gli abbracci una sorpresa pericolosa, come molti altri sono raccontati da Bystrolëtov da scrittore, con una tecnica anche drammaturgica che muove con destrezza i fili dei personaggi. Lo stesso accade con la narrazione nella narrazione che inframezza il racconto: come un novello Shahrazād, Bystrolëtov racconta ai compagni di cella un’avventura che afferma di aver vissuto in un vero e proprio film a puntate, tanto sono forti le immagini che riesce a restituire la sua scrittura: per protagonisti ha una fuga e una misteriosa ricca dama mutilata, senza gambe, una storia piena di magia che affascina tutti e per qualche istante fa dimenticare.

Alberto Zisa

Il valore e il potere della parola sono un altro tema forte del libro, sia negli aspetti giuridici che psicologici e salvifici. E se si è sensibili alla potenza delle parole, tutto il libro e forse tutta l’esistenza dell’uomo d’oltrecortina insieme complesso e semplice che dice “io” tra le pagine può essere racchiusa in una poesia, in quel passo di Un pegno d’immortalità, di Puškin, che Bystrolëtov recita una delle prime notti di prigionia al pubblico dei condannati. La nemesi è senza sdegno per chi cerca e trova quella sorta di pace.

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