Ultimora
15 Oct 2025 21:33
Zaia, mi candido capolista in Veneto
15 Oct 2025 21:24
Zaia, la Lega è una famiglia e una squadra
15 Oct 2025 21:21
Salvini, giovani a sinistra fanno casino, noi li candidiamo
15 Oct 2025 19:07
Minuto di silenzio per i carabinieri al Giro del Veneto
15 Oct 2025 18:36
Ardian-Finint, acquisito 100% della controllante di Save Spa
15 Oct 2025 18:28
Rimosso un rene con il robot all'ospedale di Schiavonia
15 Oct 2025 19:02
Milani, 'La vita va così', una commedia su dignità e coraggio
15 Oct 2025 22:34
La Festa del Cinema di Roma nel segno delle opere prime
15 Oct 2025 22:00
Six Kings Slam: Sinner parte forte, domina Tsitsipas
15 Oct 2025 21:53
Salvini con Stefani in Veneto, Zaia capolista
15 Oct 2025 21:38
++ Tennis: Six Kings Slam, Sinner elimina Tsitsipas ++
15 Oct 2025 21:43
Six Kings Slam: Sinner elimina Tsitsipas
Laura Vicenzi
Giornalista
Bassanonet.it
Primo piano
Modalità lettura - n.10
L'Europa è kaputt? Lo sguardo disincantato, crudele e poetico, rivolto sugli uomini e la loro storia, di Curzio Malaparte
Pubblicato il 23-04-2017
Visto 1.766 volte
In tempi di crisi per l'Europa che conosciamo, di abbandoni di Stati membri, di trepidanti elezioni nazionali e della nascita, altrove, di madri e padri di tutte le bombe, scegliere di leggere Kaputt, di Curzio Malaparte, non è un tuffo nel passato, un'incursione di quelle che sanno di doveroso nella memoria: risponde forse al bisogno interiore di cercare dei punti fermi per riallineare le prospettive e di fare i conti con un'assunzione di responsabilità non inferta da terzi poco credibili, ma fraterna – quella che si avverte sulla pelle, da spettatori/lettori, seduti davanti a chi ha saputo raccontare la lotta dell'uomo con la bestia (mai l'animale) che ha in sé.

In Kaputt (tascabili Adelphi, 2014, pp. 476, euro 13), che Curzio Malaparte iniziò a scrivere nel 1941 in Ucraina, poi in Polonia, in Finlandia, e che terminò a Capri, nel 1943, lo scrittore mette in scena un “viaggio al termine della notte” tra gli spettri di un’Europa in guerra, «e anch’io» – afferma Malaparte – «ero certo uno spettro, lo spettro opaco di un’età remota, forse felice, di un’età morta, forse, forse felice».
È un viaggio visionario, vissuto a volo d’uccello, narrato in più lingue e dominato da mostri, tutti a sembianza umane, il più terribile dei quali è trasfigurato nel volto della disfatta del vivere civile, quello narrato in questo non-romanzo da Malaparte. Da una parte au côté de Guermantes, per il suo stato di interlocutore colto e privilegiato, ospite dei potenti delle corti europee e degli alti gerarchi militari, dall’altra a lottare nella neve e nel fango come può fare uno scrittore, che vive sulla pelle degli altri le vicende e le sofferenze che racconta, Malaparte dà voce a orrori che trasformano in statue di ghiaccio uomini e animali e a gesti di profonda umanità, di quelli che costellano sempre i momenti dell’esistenza la cui cifra è l’intensità, il vivere l’attimo: tutto si confonde in questo libro scritto magnificamente, e anche per questo crudele e forte come pochi.
Malaparte, che fu imprigionato a Regina Coeli e deportato a Lipari, nelle Eolie, per la sua propensione a pensare e a scrivere da “cane sciolto”, svolse il suo doppio compito di ufficiale del Regio Esercito e di corrispondente di guerra italiano al seguito delle truppe tedesche in Ucraina, in Polonia, in Finlandia e dopo la caduta di Mussolini tornò in Italia, a Roma e poi a Napoli. Il suo sguardo attento, tra i capitoli, si sofferma sull’agire dei popoli (russi, polacchi, francesi, spagnoli) ma principalmente guarda all’agire dei Tedeschi, nel tentativo di capire, di spiegare – di questi racconta soprattutto la grande paura della debolezza e della libertà – e con disincanto e spirito critico anche al comportamento degli Italiani: «Io ho perso l’abitudine di agire […] Sono un italiano. Non sappiamo più agire, non sappiamo più assumere alcuna responsabilità, dopo venti anni di schiavitù. Ho anch’io, come tutti gli italiani, la schiena spezzata. In questi venti anni abbiamo speso tutta la nostra energia per sopravvivere. Non siamo più buoni a nulla. Non sappiamo che applaudire».
È un continente-carogna, una giumenta morta, che eppure profuma di patria, quello che percorre Malaparte in quegli anni, seguendo pietosamente, da innamorato, un mito dell’Europa lontano anni luce dalle logiche dell’economia e della finanza che ne imbastiranno i confini nei tempi a venire.
La guerra in questo libro è un paesaggio, uno scenario che più che esplodere implode.
Il 16 ottobre
- 16-10-2024Cavolini di Bruxelles
- 16-10-2024Eco il mostro
- 16-10-2024La festa dell’Assunzione
- 16-10-2023Dal Vajont al Vanoi
- 16-10-2023Istituto Paroloni
- 16-10-2023“Scusi, chi ha fatto palo?”
- 16-10-2020Vivi e Verdi
- 16-10-2019Fratelli coltelli
- 16-10-2019Spaccata e fuga
- 16-10-2017Alla fine della fiera
- 16-10-2017Referendum Veneto, martedì Zaia a Bassano
- 16-10-2016Due o tre cose a Cassola
- 16-10-2015Rosà, disguido in alcune bollette dei rifiuti
- 16-10-2015Il malloppo
- 16-10-2015Fiction…a intermittenza
- 16-10-2015Bassano: IMU e TASI, ridotti i valori medi di mercato per le aree edificabili
- 16-10-2014Il ritorno dell'alpino Pietro
- 16-10-2014Fabio Comunello nuovo presidente della casa di Riposo
- 16-10-2013Bassano, ecco il “quarto ponte”
- 16-10-2012“Bell'Italia”, a Bassano i prodotti tipici del Bel Paese
- 16-10-2012Rosà, opere pubbliche a gogò
- 16-10-2011Professione: astronauta
- 16-10-2009Allenare l'autostima? Si può.
- 16-10-2009Ecco il Piano Triennale dei Lavori Pubblici
- 16-10-2009“Romano in Sport”: un successo
- 16-10-2008Omicidio Tassitani: compaiono i "biglietti" di Fusaro
- 16-10-2008Ampliata la Scuola Elementare di Fellette
- 16-10-2008Dromedari in Via Verci