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Gabriele Salvatores non è un regista italiano come gli altri.
L'affermazione non è né propriamente positiva né negativa. Se la sua filmografia mostra come riesce sapientemente passare da un genere all'altro senza ancorarsi come tanti suoi colleghi ad una tipologia di film da ripetere -poveri noi- all'infinito, dall'altro questo incessante cambiare rotta passando per commedie sperimentali (Happy Family), per drammi oscuri (Come Dio comanda) o per film fantascientifici (Nirvana) potrebbe anche essere indice di non sapere bene che strada percorrere. Salvatores sembra infatti che nella sua lunga carriera coronata anche da un Oscar (Mediterraneo) abbia voluto sperimentare e testare non solo più generi, ma anche stili, mescolando a volte con risultati decisamente mediocri (Amnèsia) le sue capacità.
Lo stesso sembra fare con Educazione Siberiana.

Tratto dall'omonimo romanzo semi-autobiografico di Nicolai Lilin, il film parte da una storia già forte di per sé. Ambientato infatti in un ghetto in Transnistria dove teppisti e criminali di diversa provenienza etnica sono stati confinati negli anni dell'ex Repubblica Socialista Sovietica Moldava, il film ha per protagonisti una coppia di amici, Kolima e Gagarin, immersi in un mondo a parte. La loro comunità è quella dei Siberiani, una delle più spietate della zona, che vive e sopravvive con regole proprie scritte e non scritte: si può rubare, si può punire e si possono uccidere poliziotti e uomini dello stato ma non possono essere tenuti soldi in casa né tanto meno spacciare droga. Furti e pestaggi sono quindi all'ordine del giorno ma il severo nonno di Kolima, Kuzya, vigila sulla comunità affinché l'ordine venga mantenuto. I due ragazzi però, divisi durante un furto andato male, crescono con visioni diversi della vita, che li porteranno all'inevitabile scontro finale, quando tutto viene messo in discussione.
Come detto la storia è forte di per sé, immergendoci in un mondo-altro dove le regole vengono soverchiate e dove nemmeno l'amore sembra avere quel potere salvifico che ci si aspetta, anzi, diventa la goccia che fa traboccare il vaso e che divide una volta per tutte Kolima e Gagarin.
Salvatores mette in scena questa trama senza il rigore e la rigidità che ci si aspetta, privilegiando invece inquadrature ardite e sperimentalismi che a volte disturbano. Più stili vengono ancora una volta mescolati tra loro creando un mix disomogeneo, e anche a livello di sceneggiatura qualche lacuna è presente, con soluzioni che potevano essere più efficaci con un diverso montaggio.
Educazione siberiana non è comunque un film da evitare, anzi. Mostra come un regista italiano riesca a compiere non solo un lavoro esportabile e ardito ma soprattutto un lavoro diverso dalle commedie sempre più ripetitive che affollano i cinema.
Grazie al cast talentuoso su cui troneggia ovviamente John Malkovich -anche se il doppiaggio italiano penalizza di molto gli attori russi- e soprattutto grazie ad una fotografia poetica che ci mostra la bellezza nordica della Siberia con tutte le sue contraddizioni, il film regge bene riuscendo a scuotere non solo grazie ad una trama così violenta e così estrema.
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