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Può un film essere splendido anche se la sua trama non ci arriva al cuore? Possono delle interpretazioni da brividi colmare la mancanza di una trama lineare e classica? E, infine, possono gli aspetti tecnici di questo film riuscire a superare in bellezza e in sentimento là dove i suoi personaggi hanno delle mancanze.
Se questo film è The Master, sì.
Perché stiamo parlando di un film di Paul Thomas Anderson, perché stiamo parlando di due attori -Joaquin Phoenix e Philip Seymour Hoffman (più Amy Adams)- in stato di grazia, perché stiamo parlando delle musiche composte da Jonny Greenwood (Radiohead) e della fotografia di Mihai Malaimare Jr.

Vincitore, più che meritato, della Colpa Volpi a Venezia proprio per Phoenix e Hoffman, The Master è una di quelle pellicole fredde, che colpisce più allo stomaco che al cuore.
I protagonisti sono infatti due persone agli antipodi seppur accomunati da una grande opinione di sé. Freddie è un ex marinaio, tornato turbato mentalmente dalla seconda guerra mondiale che affonda le sue preoccupazioni bevendo qualsiasi tipo di intruglio che si prepara da sé. Sbandato e incapace di tenersi un lavoro fisso finisce, chissà come, nella nave di Dodd Lancaster. Questi altro non è che un guru, fondatore di un movimento, o meglio una setta molto simile alla Scientology di oggi. Convinto di aiutare a guarire le persone dai propri problemi e malattie facendoli viaggiare indietro nelle loro vite passate, è riuscito a formare attorno a sé una comunità di fedeli che lo appoggia in tutto. Freddie con le sue paure e i suoi nervosismi, sembra il candidato perfetto, la sfida da vincere. Inizialmente diffidente, il giovane inizierà pian piano a lasciarsi trasportare da questi credi, difendendo con la forza gli attacchi che Dodd Lancaster subirà, vuoi da scettici o vuoi dalla polizia.
Il dubbio sembra però essere sempre presente in lui, e la fiducia mai totale. Portandolo più volte a fuggire e a cercare nel suo passato una possibile salvezza.
Il problema, a mio avviso, sta però nel non affrontare apertamente questa trama. Quello che si vede è solo esteriore, le ossessioni e la lotta interna che Freddie combatte per credere e liberarsi dai suoi fantasmi è mostrata solo attraverso la magnifica scena del nudo collettivo, e con quel sogno che lo porta a viaggiare fino in Inghilterra per capire il suo futuro.
Il resto è affidato all'interpretazione, e per quanto la bravura di Joaquin Phoenix sia immensa, qualche dubbio rimane anche a noi.
Perché sì, esteticamente The Master è splendido, ma le paure e i problemi in cui Freddie si va a cacciare ci colpiscono allo stomaco (tanto quanto gli intrugli che continuamente butta giù)e non al cuore, così come fanno le parole farneticanti di Dodd Lancaster, espressione delle sue stesse lotte per far sopravvivere qualcosa in cui sembra credere più la moglie che lui stesso.
Paul Thomas Anderson ci consegna quindi un altro gran film che fa discutere, dopo la complessità di Magnolia che metteva alla berlina lo stile di vita edonistico, dopo che con Il Petroliere ci aveva mostrato l'altra faccia della religione e della ricchezza, qui ci mostra la debolezza di un'umanità alla deriva dopo una guerra mondiale, che cerca di appigliarsi a qualunque cosa quando forse l'unica che veramente può salvarla, sembra essere del sano sesso.
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