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Bassano-Sanremo andata e ritorno
Quando per le Tv locali nulla era impossibile: quelle due volte che con Telealtoveneto sono andato al Festival di Sanremo
Pubblicato il 22-02-2014
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Il mio collega e compagno di mille avventure Alessandro Cavallin, operatore di ripresa e tecnico di montaggio dello Studio Reporter di Solagna, mi ha fatto una sorpresa: cavalcando - ma a ritroso - l'attualità di questi giorni, mi ha trasmesso un'email con allegati alcuni freeze, ovvero alcuni “fermo immagine” dello storico reportage televisivo che io e lui - insieme ad un terzo collega, cronista e contemporaneamente venditore commerciale - realizzammo nel lontanissimo 1991 al Festival di Sanremo.
Lavoravamo tutti per Telealtoveneto, la prima e indimenticabile Tv bassanese, e a quei tempi le Tv locali - non ancora appiattite sui telegiornali, risucchiatori di risorse umane ed economiche - erano un laboratorio di idee e di programmi che oggi per le emittenti televisive regionali sarebbero irrealizzabili.
Nulla, per gli imprenditori televisivi locali di quel periodo, era impossibile.

Festival di Sanremo 1991: l'intervista al vincitore Riccardo Cocciante
E il bello è che le Tv ci guadagnavano pure: bastava l'idea giusta e un minimo di organizzazione e gli sponsor, che inserivano i loro spot all'interno della trasmissione, piovevano dal cielo. Coprendo le spese di trasferta e di produzione e garantendo ampi margini di profitto per l'azienda televisiva.
Altri tempi, ovviamente, ma era proprio così. E così - a parte l'auto-tenerezza nel rivedermi così giovincello alle prese con quel microfono-Tv che non avrei mollato per ancora almeno 20 anni - non ho potuto non approfittare dell'amarcord giunto via posta elettronica per fare un piccolo raffronto con quell'epoca nella quale in Italia, per molti versi, il verbo “fare televisione” era ancora coniugato al futuro.
Non era la prima volta che andavo al Festival per raccontarlo al pubblico televisivo di Bassano e del Veneto: c'ero già stato, con un altro storico cameraman di quell'era geologica e sempre con lo stesso collega cronista-venditore, nel 1988. I ricordi delle due esperienze si accavallano, nel senso che la memoria fa fatica a “selezionare” in quale delle due edizioni ho visto questa o quella cosa o intervistato questa o quella persona.
Ma tanti flashback sono ancora ben presenti, tra gli innumerevoli incontri e episodi vissuti in mezzo a quel caotico calderone dove per tre giorni (oggi sono cinque, e sembrano infiniti) chiunque fosse alla ricerca di visibilità, pubblicità e clamore mediatico confluiva nel capoluogo della Riviera dei Fiori.
Il nostro compito di inviati con operatore al seguito era quello di intercettare e intervistare i cantanti impegnati sul palco dell'Ariston e i principali ospiti internazionali che, in quegli anni, erano davvero i più grandi. Non era una missione impossibile, anzi.
Il trucco n. 1 era quello di attenderli al varco - con il nostro regolare pass stampa - nelle hall degli alberghi (Hotel Royal, Hotel De Paris, Hotel Des Anglais ecc.) dove alloggiavano, e dove erano costretti a trascorrere lunghe ore in attesa dell'esibizione della serata e al sicuro dall'entusiasmo dei fans, assiepati a centinaia all'esterno degli alberghi medesimi. Prima o poi li si riusciva a beccare, anche se per qualcuno l'intervista doveva passare attraverso il non sempre scontato “ok” del rispettivo manager.
Il trucco n. 2 era invece l'appostamento serale all'entrata transennata sul retro dell'Ariston, punto di ingresso e di uscita obbligatorio per tutti gli artisti.
Anche qui, prima o poi, ci scappava la dichiarazione o si registravano le due parole di saluto del “big” di turno.
Si è costruita così la corposa galleria di personaggi che l'emittente bassanese, nelle due edizioni del Festival, riuscì a portarsi a casa: da una giovane Laura Pausini a un simpaticamente ruffiano Tullio De Piscopo (“Telealtoveneto? Vi vedo tutte le sere”), da Massimo Ranieri a Riccardo Cocciante, da Umberto Tozzi a Eduardo De Crescenzo, da Al Bano a Fiorella Mannoia, da Marco Masini a Amedeo Minghi e via cantando.
Tra gli ospiti stranieri, è incancellabile il ricordo delle tre interviste di pochi, ma intensi secondi che riuscii a strappare ad un ancora capellutissimo Bon Jovi - appena sceso dall'elicottero sul molo del lungomare assieme a tutta la band -; agli A-ha, idoli incontrastati delle teenagers, accolti dalle irrefrenabili grida di una marea di ragazzine; e alla meravigliosa Grace Jones tallonata dal Gabibbo di Canale 5.
Ben E. King, quello di “Stand By Me” - canzone resa ancora più immortale dalla cover di John Lennon -, me ne intonò la prima strofa al microfono (roba da brividi). Mentre di Paul McCartney, che stava uscendo di fretta dall'hotel con la moglie Linda, conservo il saluto davanti alla telecamera: quanto è bastato per immortalare la leggenda.
Non tutte le ciambelle, televisivamente parlando, riuscivano col buco.
Ricordo la capricciosa (uso un eufemismo) reazione di Sabrina Salerno, prosperosa sex symbol dell'epoca, per non farsi intervistare.
Niente da fare anche con Art Garfunkel (sì, proprio lui, quello di Simon & Garfunkel): lo avevo intercettato all'entrata dell'ascensore del suo albergo, ma il suo manager che lo marcava a uomo mi ha detto chiaramente che per fargli una domanda bisognava pagare.
E c'è anche Beppe Grillo, battitore libero sul palco dell'Ariston nel 1988, tra i nostri trofei di caccia televisiva sanremese. Una caccia sudatissima: restano indelebili le gag, ma anche le battute non proprio amichevoli del comico genovese nel tentativo di sfuggire alla nostra telecamera. Un embrione del personaggio che si sarebbe sviluppato in futuro: simpatico e esilarante - anche se già “politicamente scorretto” - sul teleschermo, ma difficilmente avvicinabile e anche un po' sborone se lo incontravi dal vivo.
Ma questo è Sanremo, perché questa - volenti o nolenti - è l'Italia. Un Paese rispecchiato nei pregi e nei difetti del suo annuale rito televisivo-festivaliero, allora come ora.
Non so se di questi tempi rifarei le stesse cose: non ne avrei voglia e la cosa assolutamente non mi attira. Non ci sono più, soprattutto, le condizioni che hanno reso possibili quei pazzi e irripetibili reportages: quelle di un'emittenza televisiva locale magari ingenua e ruspante in molte sue manifestazioni; ma che amava proporre sempre cose nuove, era credibile agli occhi del pubblico e non aveva paura di niente e di nessuno.
Di quei lontani tempi rimangono oramai solamente dei preziosi filmati di archivio e qualche “fermo immagine”: che però, per quanto fermo, sembra avere molta più vita e molto più movimento di qualche televisione locale di oggi.
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