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“Non mi sento un cervello in fuga”

Nicolò Ferronato, bassanese, laureato in Ingegneria Gestionale, ha trovato lavoro in Inghilterra. Prende uno stipendio più alto dei suoi coetanei in Italia. Ma dichiara: “la nostra università ci prepara bene”

Pubblicato il 03-05-2011
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Nome: Nicolò Ferronato. Età: 25 anni. Segni particolari: una laurea in Ingegneria Gestionale conseguita nel luglio dello scorso anno all'Università di Padova, sede di Vicenza.
Una volta laureato, non ha atteso a lungo per trovare lavoro: ma lo ha trovato all'estero. Precisamente in Inghilterra, a Haywards Heath, una località tra Londra e Brighton, dove svolge l'attività di “contract sales engineer” per un'azienda del settore “Oil and gas”. La sua mansione è commerciale-tecnica, segue prevalentemente i clienti europei ed australiani. Ma tra i clienti della ditta c'è anche l'Eni, e all'azienda inglese serviva un ragazzo italiano.
Dopo un colloquio coi responsabili del personale, che hanno “pescato” tra i laureati di casa nostra, Nicolò è stato prescelto dalla Company britannica per un periodo di prova di tre mesi, dopo il quale è stato assunto a tempo indeterminato.

Nicolò Ferronato, "engineer" in carriera in Inghilterra e barista nel Caffè di famiglia a Bassano

Lo incontriamo a Bassano del Grappa, nella sua città, dove il giovane “engineer” è giunto per le vacanze pasquali e dove per qualche giorno ha dato una mano dietro il bancone del “Caffè Bellavista” di Viale dei Martiri, gestito dalla sua famiglia, servendo bibite e caffè a fianco della sorella Giulia prima di ripartire per il Regno Unito.
In un periodo di crisi economica non ancora esaurito, il caso di Nicolò la dice lunga sulla situazione dei “giovani cervelli” in Italia, dove i migliori studenti non sempre trovano un'occupazione consona al loro talento vicino a casa e dove pure, quando la trovano, devono sottostare a condizioni economiche il più delle volte poco motivanti. Una carenza di sbocchi profesionali adeguati che in Italia è anche figlia dello storico scollamento tra il mondo accademico e quello delle imprese.
Ma il giovane bassanese non rinnega il suo “cursus studiorum” e si dice anzi grato per la preparazione che l'università italiana gli ha dato per meglio svolgere il suo lavoro all'estero. Una rivalutazione verificata sul campo, rispetto al tanto decantato sistema universitario anglosassone.

Nicolò, come sta andando il tuo progetto di lavoro in terra inglese?
“Quando sono stato assunto, mi sono posto l'obiettivo di fare in Inghilterra un'esperienza di due anni. E' un progetto stimolante, e dopo sei mesi posso dire che staro lì due anni di sicuro, se non di più. C'è più rispetto per i neolaureati, anche dal punto di vista economico. Confrontandomi con i miei amici che lavorano in Italia, mi sento molto più valorizzato.”

Questa esperienza di lavoro all'estero ti ha portato a rivalutare il tuo titolo di studio italiano...
“Sì, perché ho avuto occasione di studiare anche in Norvegia e conosco abbastanza bene, parlando con i miei coetanei in Inghilterra, il sistema universitario inglese.
Il confronto tra questi due Paesi vede molte somiglianze tra loro, le università nordiche sono basate soprattutto sulla pratica. Il metodo universitario italiano è più tradizionale: ci sono più lezioni dirette col professore, c'è molta più teoria e meno pratica. Questi vengono spesso enfatizzati come aspetti negativi. Io dico che è vero il contrario: ho constatato molta più facilità a studiare all'estero che in Italia. La nostra università è più selettiva, ti prepara bene. Confrontandomi con i miei colleghi di lavoro con un titolo di studio equivalente al mio, ho visto una mancanza di preparazione dal punto di vista teorico. Da qui a dire che la nostra università è all'avanguardia, io starei attento. Ma la testimonianza di questa mia convinzione è il fatto che una ditta inglese è venuta ad assumere due italiani, io e un altro mio collega, al posto di due ragazzi inglesi.”

Ti ritieni un cervello in fuga?
“Non mi sento un cervello in fuga. Sento che sto investendo all'estero per sperare di dare i frutti qui in Italia. Sto bene qui, e qui si vive bene. La qualità della vita nel Veneto è dimostrata anche dall'ottimo livello del nostro sistema sanitario. In Inghilterra sono dovuto andare dal medico, e anche in quel caso ho sperimentato la differenza con il nostro Paese, rispetto al sistema anglosassone dove la pratica è più importante della teoria. In alcune discipline, come anche Medicina, la teoria è fondamentale. Ma l'estero attira economicamente, e c'è più possibilità di carriera. Sono un cervello che spera di ritornare. Eppoi i “cervelli in fuga” sono i ricercatori, non mi considero certo al loro livello!”

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