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Uno “spreco” elettrizzante
Spending review e spesa per l'acquisto di energia elettrica. Il Comune di Romano inserito nella lista nera dei Comuni “spreconi” dei commissari di governo Cantone e Cottarelli. L'assessore Ronchi minimizza, Cuore Civico attacca

Foto: archivio Bassanonet
C'è anche Romano d'Ezzelino - unico Comune in Provincia di Vicenza - tra il centinaio circa di amministrazioni pubbliche italiane inserite nella lista degli enti “spreconi” redatta per conto del governo dai commissari anticorruzione e alla spending review Raffaele Cantone e Carlo Cottarelli.
L'Amministrazione ezzelina, in particolare, dovrà rendere conto ai due alti funzionari dello Stato delle spese per l'acquisto di energia elettrica effettuate nel 2013 e nell'anno in corso secondo modalità che per i commissari non rispetterebbero gli standard di gestione della spesa pubblica previsti dal governo.
Prima di entrare nel merito della notizia, vanno spiegate tuttavia alcune cose per permettere una maggiore comprensione della stessa.
Con l'introduzione della spending review ovvero della revisione della spesa, gli enti pubblici e le società controllate al 100% da organi della pubblica amministrazione devono procedere agli acquisti di beni e servizi secondo i principi di economia e buon andamento: in altre parole devono fare la scelta più conveniente, garantendo l'efficienza del servizio ma nell'ottica del massimo risparmio possibile.
A tale scopo è attiva la Consip, Concessionaria Servizi Informativi Pubblici - società per azioni pubblica del Ministero dell'Economia e delle Finanze, che ne è l'azionista unico - che opera come “centrale di committenza” dello Stato per l'acquisto di beni e servizi a costi favorevoli e alla quale tutti i Comuni devono o possono rivolgersi per le proprie commesse (www.consip.it/chi_siamo/). La differenza tra “devono” e “possono”, e cioè tra obbligo e facoltà, dipende dalla categoria merceologica del bene o del servizio da acquistare.
Per l'acquisto di energia elettrica, nella fattispecie, le Amministrazioni locali hanno l'obbligo di ricorrere a convenzioni con Consip oppure di effettuare acquisti in autonomia, e cioè senza rivolgersi alla centrale acquisti nazionale, “a corrispettivi inferiori a quelli delle convenzioni Consip e della categoria di riferimento, se applicabile” (24o.it/links/?uri=http://www.consip.it/on-line/Home.html&from=Acquisti+pubblici%2C+la+mappa+degli+obblighi+).
La legge cioè tollera che gli enti pubblici possano effettuare autonomamente gli acquisti, ma a patto che dimostrino di farlo a prezzi inferiori da quelli proposti dal centro acquisti dello Stato.
La materia è complessa e certamente ostica: con una serie di tabelle e di parametri di riferimento difficili da digerire per i non addetti ai lavori.
Diciamo che in pratica, dopo il massiccio intervento della spending review, nella maggior parte dei casi gli enti locali sono tenuti a comprare all'ingrosso, rifornendosi alla centrale di acquisto della mega struttura ministeriale, che in quanto tale è in grado di imporre alle società di vendita, ovvero ai fornitori di beni o servizi aggiudicatari di una gara, prezzi più vantaggiosi rispetto al mercato ordinario.
Il Comune di Romano ha acquistato autonomamente energia elettrica, senza ricorrere pertanto alla convenzione Consip e quindi da fornitori in procedura negoziata. L'Amministrazione ezzelina, con l'Ufficio Tecnico Comunale come “stazione appaltante”, è finita così due volte della “black list” dei commissari con riferimento alla fornitura di energia dell'anno 2014 (304.426,23 €) e del 2013 (275.000,00 €) di cui si contesta la “procedura negoziata senza previa pubblicazione” (docs.google.com/file/d/0B_5_eAhXuHDedXh0Q1hqNlo3T3M/edit?pli=1, pagina 6 e pagina 7).
Sulla notizia, pubblicata oggi da un quotidiano locale, si registra la replica dell'assessore comunale di Romano agli Affari Generali Massimo Ronchi che nell'articolo medesimo minimizza la portata della contestazione affermando che Cottarelli ha inserito Romano nella lista nera “solo perché non abbiamo fatto affidamento al Consip” e che che il Comune è riuscito “a contrattare i costi per l'illuminazione pubblica in proprio, a prezzi inferiori a quelli suggeriti da Consip e con servizi più efficienti”.
Tutto secondo normativa, dunque, per l'assessore comunale che respinge al mittente l'etichetta di Comune “sprecone”, affermando anzi che Romano “dovrebbe essere inserito tra i Comuni virtuosi”.
Non è dello stesso avviso il gruppo di opposizione Cuore Civico, che nel proprio sito web ha pubblicato oggi un duro intervento a seguito della notizia (www.cuorecivico.it/index.php?option=com_content&view=article&id=393:romano-sprecone&catid=24&Itemid=307). Secondo Cuore Civico si tratta di “una notizia che purtroppo non stupisce”.
“Sono passate poche settimane - è un passo dell'intervento del gruppo politico - da quando l'Assessore al Bilancio Claudio Zen, ritornava a dire in Consiglio che “Romano è un Comune Virtuoso”. Imbarazzante. Cuore Civico documentava spese, indebitamento, blocco piano triennale delle opere, sforamento dei limiti imposti dal patto, segnalazioni della Corte dei Conti, e questo presunto-autorevole-esperto-Assessore parla di virtuosità; cosa verrà a raccontarci nel prossimo Consiglio, tra un incespicamento e l'altro? Che Romano produce e vende energia elettrica per tutto il comprensorio? Che è colpa dello “stato canaglia”? L'ex direttore Massimo Ronchi, dal canto suo, non perde occasione per cadere dalle nuvole, indignarsi, erigersi a ruolo di pubblico inquisitore, raffazzonando sempre il solito minestrone di insulti e panzanelle.”
Visto l'argomento, il clima politico a Romano si fa di nuovo elettrizzante.
Nel frattempo l'Ufficio Tecnico Comunale chiamato in causa, dopo il richiamo dei commissari di governo, è tenuto a documentare le scelte operate in questo specifico comparto della spesa pubblica. I due commissari anti-sprechi minacciano infatti sanzioni ai funzionari pubblici degli enti sotto osservazione che hanno siglato contratti per l'acquisto di beni e servizi in violazione alle norme, se la violazione risulta essere tale e non viene opportunamente giustificata. Si tratta di una procedura obbligata: la legge prevede infatti delle sanzioni per i funzionari che non rispondano alla lettera inviata dai commissari, e che ammontano da 25mila a 51mila euro per chi “fornisca dati non veritieri”.
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