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Bonus Malus

Il governa conferma le detrazioni fiscali. Ma non è tutto oro quella che luccica sul fronte ecobonus. Simone Dellai (Confartigianato) analizza l’”impatto bonus” sul comparto edilizia

Pubblicato il 23-01-2022
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Elena Pavan

Basta fare un giro nei quartieri ad alta densità di condomini per verificare numeri ed effetti dei vari bonus edilizi a disposizione dei proprietari di case ed immobili. Il pacchetto degli incentivi è stato confermato dalla legge di bilancio 2022, si va dal “mitico” 110% al più modesto 36% della mancia statale per sistemare i giardini. Ma non è tutto oro quello che luccica sulle impalcature e sulle gru, come ci conferma Simone Dellai, rappresentante della categoria edilizia mandamentale di Marostica di Confartigianato Vicenza.
La premessa è semplice: gli incentivi hanno acceso (se non incendiato) il comparto dell’edilizia e a strascico hanno innescato una serie di conseguenze economiche ancora tutte da ponderare sul comparto immobiliare. Conseguenze che, ad occhio e croce, non sembrano privilegiare le fasce sociali meno abbienti.

«La mole di lavoro per le imprese di costruzioni è notevole, è sotto gli occhi tutti. Non si riesce a far fronte a tutta la domanda che arriva. Si sono accumulate però anche tante variabili: in primis l’aumento dei prezzi e la difficoltà di reperire alcuni materiali, come il legno e l’acciaio. E ancora di più direi gli isolanti e i materiali coibentanti. Le racconto un caso che ho vissuto in prima persona e che vale come esempio generale: abbiamo ordinato un tetto in legno a fine 2020, la consegna era prevista per la primavera del 2021. È arrivato solo a settembre e con il prezzo raddoppiato.
È difficile organizzare i lavori di cantiere in questa situazione. Questo momento particolare dell’edilizia produce effetti anche per i clienti che non richiedono lavori legati all’ecobonus. Si trovano i prezzi alle stelle e non trovano le ditte…».

Il problema del cosiddetto “doping immobiliare”, causato dalla bolla dei vari econobonus, rappresenta proprio la grande criticità del pacchetto di incentivi che hanno messo in piedi a livello governativo. Il fine ultimo era quello di far ripartire l’immobiliare con tutto il suo l’indotto e perimetrare dal punto di vista fiscale tutto il mondo dei lavori nell’edilizia; tra gli effetti indesiderati però si è assistito anche ad un incredibile aumento generalizzato di tutti i prezzi collegati al “mattone”.
Inflazione a parte, a partire dallo scorso anno ristrutturare casa costa per tutti più del doppio.

«Sui contratti firmati nel 2020, le aziende artigiane non sono riuscite a traslare gli aumenti dei costi e quindi hanno avuto dei contraccolpi pesanti sulla marginalità. Adesso la situazione è più chiara e quindi i preventivi incorporano già gli aumenti. L’altra grande questione di incertezza riguarda la manodopera, non si trovano più muratori e operai specializzati».

La lunga crisi iniziata nel 2008 aveva provocato nel settore edilizio una durissima selezione delle aziende, sono resistite quelle storiche e quelle più solide. Sul fronte occupazionale, una parte degli operai espulsi dall’edilizia sono stati assorbiti in altri comparti e i lavoratori dell’Est Europa e dei Balcani hanno trovato impieghi all’estero o sono tornati nei paesi d’origine. Per dimensionare “l’effetto Darwin” sull’edilizia nel post 2008 basta fare un semplice conteggio delle partite iva scomparse negli ultimi dieci anni, nel nostro territorio e nelle altre regioni italiane.

«Ci contendiamo i cartongessisti, i cappottisti, gli intonacatori, profili che hanno una professionalità che non si trova facilmente. Difficile improvvisarsi a fare questi lavori. E poi mancano i ponteggi, veramente impossibili da trovare. Le aziende hanno dei punteggi e delle classifiche di attesa e i lavori si organizzano anche in base alla disponibilità dei mezzi. Mancano anche le gru, non passa giorno che qualcuno non mi chiami per propormi di vendergliela», prosegue Dellai di Confartigianato.

Non sta alle aziende artigiane dare un giudizio politico sull’equità generale dei vari bonus edilizi, spetta ad altri e soprattutto alla politica. Sicuramente i bonus così concepiti, in un sistema fiscale e sociale come quello italiano, dove la ricchezza e il benessere si possono “velare” abbastanza agevolmente, pensare di ristrutturare l’intera platea delle villette dei benestanti con i soldi della fiscalità generale lascia quantomeno qualche dubbio.
A maggiore ragione se gli effetti finali (e intermedi) sul mercato dell’edilizia sono stati quelli di aver spinto all’insù tutti i prezzi.
Esito che penalizza di più ovviamente i giovani e chi è in cerca di casa con risorse limitate.

«Lo spirito della norma pensava al rilancio del settore immobiliare. Personalmente avrei messo delle aliquote di detrazione più basse. Però avrei messo anche meno paletti burocratici per accedere ai bonus. Per le aziende, il mix Covid più burocrazia degli ecobonus è stato un incubo. Come Confartigianato chiediamo che in futuro ci sia una gradualità nel rimodulare il rientro dai pacchetti di incentivi. Se una parte di questi rimarrà strutturale è pensabile che molte realtà possano strutturarsi e ritornare ad assumere».

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