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Rinascimento in bianco e nero

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Rinascimento in bianco e nero

Laura VicenziLaura Vicenzi
Giornalista
Bassanonet.it

Interviste

Per mare e per terra, con Dario Petucco

L'autore, originario di Bassano, un passato nella Marina Militare italiana, parla del suo nuovo libro intitolato 9.331 miglia: dopo un lungo viaggio verso il Nord Europa agli albori del terzo millennio, uno sguardo all'attualità

Pubblicato il 06-07-2021
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Rinascimento in bianco e nero

Dario Petucco, originario di Bassano, da molti anni vive nel levante ligure. A sedici anni si è arruolato nella Marina Militare Italiana, è stato primo luogotenente e oggi è in pensione.
La sua attività letteraria è iniziata dalla poesia e nel tempo si è ampliata con l’amore per i racconti e le fiabe. Ha pubblicato il libro Il mio Iraq - Un marinaio a Baghdad, (2013, Edizioni Cinque Terre) e l’e-book Favole per ogni età. Nel suo nuovo libro intitolato 9.331 miglia (Porto Seguro Editore, 222 pagine, 15,90 euro) descrive l’esperienza di un viaggio per i mari europei durante tre mesi di navigazione verso il Nord Europa agli albori del terzo millennio. Da un libro scritto da un militare a bordo di navi militari ci si aspetterebbe molto spazio “in uniforme”, dedicato agli amanti dei tecnicismi da esercito, a emergere è invece un racconto che si snoda a capitoli e che rivela una dedizione appassionata al viaggio e all’avventura.

Dario Petucco

“Da ragazzino a Bassano del Grappa, appassionatissimo di musica, ci fu un periodo durante il quale ero riuscito a condurre un programma in una delle prime radio libere: Radio Bassano”. Qualche ricordo in proposito?
È stata una esperienza divertentissima. Radio Bassano era a Casoni di Fellette ed è stata tra le prime radio libere dei nostri luoghi. Con mio cugino Riccardo, col quale siamo cresciuti insieme, avevamo un programma la domenica pomeriggio e il gestore della Radio ci lasciava carta bianca. Trasmettevamo di tutto, dal punk allo ska, dal reggae alla lirica. Inoltre giocavamo con qualche canzone italiana facendo girare il vinile, magari un 33 giri, in modalità 45. E io mi divertivo già a leggere qualche mio scritto oppure brani di Bukowski, Orwell oppure Burroughs. Insomma, un programma demenziale condotto da ragazzini spensierati che si credevano alternativi.

Nave Alpino, una anziana signora dei mari, insieme a Nave Chioggia e Nave Crotone, nel 2002 compì 95 giorni di navigazione nei mari d’Europa. “Alpino” ha una lunga storia.
Nave Alpino era una fregata poi tramutata in nave di supporto e comando dei cacciamine. Entrata in servizio nel 1968 è stata demolita nel 2018. E per chi è stato imbarcato su qualsiasi nave, la demolizione è sempre una cosa tristissima. Le navi credo siano gli unici mezzi di locomozione che sono battezzati e secondo me possiedono un'anima. Credo che nei suoi 50 anni di vita abbia percorso milioni di miglia per tutti i mari e sicuramente ospitato generazioni di ragazzi che lì sono cresciuti. Una nave, specialmente per i più giovani, è come una seconda casa, e il suo equipaggio una seconda famiglia. Il suo motto era “Di qui non si passa” e fu chiamata così in onore di tutti i nostri Alpini che hanno fatto e fanno grande l'Italia. Appena giunsi a La Spezia nel 1982 l'Alpino, assieme alla sua gemella Carabiniere, erano le due fregate in auge e partecipavano a ogni missione possibile nel Mediterraneo. Due belle unità sfruttate fino alla fine dei loro giorni. Ora in Marina la nuova Nave Alpino è una fregata missilistica antisommergibile costruita nei cantieri navali Fincantieri a Riva Trigoso e dotata di una tecnologia avanzatissima in tutti i suoi sistemi, siano essi di arma, di comunicazione, dello scafo e dei motori. E ovviamente la logistica rispecchia canoni di comfort che ai miei tempi erano impensabili.

Una brutta maledizione, per un marinaio, soffrire il mal di mare.
Purtroppo è vero. Ci si può abituare e soffrire di meno, ma il “piede marino” è prerogativa di pochi. La fortuna sta nell'incontrare mare grosso dopo qualche giorno di pacifica navigazione, in modo da essere già abbastanza abituati ai leggeri rollii e beccheggi dello scafo, ma se lo si incontra da subito sono guai. Dopotutto, però, penso sia naturale considerato che gli esseri umani sono animali terrestri. Anni dopo quella destinazione sui cacciamine (leggerissimi in vetroresina), nel 2008, quando mi trasferirono sulla Portaerei Cavour, la nostra nave ammiraglia, fui felicissimo perché, oltre al privilegio di essere stato il Capo Nucleo Radio che è il più alto incarico che un maresciallo TLC può rivestire a bordo, la stazza della portaerei mi ha permesso di non soffrire mai il mare. Eppure, nel 2010 quando partecipammo alla missione di soccorso umanitario a Haiti a seguito del disastroso terremoto, in pieno Atlantico trovammo pure mare di stato 7 e venti a oltre 40 nodi: la nave era stabilissima e io raggiante. Anzi, mi permetta di dire a voce alta che spesso sento dire, ed è un errore, “mare forza X” perché il mare non ha forza ma si misura in stato, con la Scala Douglas. È il vento che ha forza.

“La mia idea dietro la scrittura di queste righe non è quella di redigere un diario di bordo, né tanto meno di riportarvi delle cronache”. C’è un capitolo, o un paragrafo, che le sarebbe piaciuto aggiungere?
A pensarci ora a mente fredda no. Credo di avere scritto tutto quello che potevo su quella campagna di addestramento. Forse, ma credo che l'editore non avrebbe voluto, avrei inserito delle fotografie che ho scattato in quei tre mesi, anche se non avrebbero di certo arricchito la stesura. L'idea iniziale era di tenere lo scritto per me, in un cassetto, da rileggere nel futuro. Poi decisi di mandarlo a vari editori, e ho incontrato la Porto Seguro Editore che ha creduto nel mio testo e lo ha pubblicato con mia grandissima soddisfazione.

Sono frequenti nel libro i riferimenti a libri amati e alla musica, un ricordo speciale è rivolto a Mario Rigoni Stern.
La musica ha segnato la mia crescita, grazie ad amici ho iniziato a privilegiare dei generi musicali particolari che ancora amo seguire. I musicisti che mi appassionano hanno composto la colonna sonora della mia vita. I libri mi permettono di viaggiare e sognare a occhi aperti seduto sulla poltrona. Mario Rigoni Stern è stato un amico prestigioso per la sua semplicità e umanità. Si potevano apprendere grandi lezioni di vita solo guardandolo negli occhi, non occorreva che usasse molte parole perché pure i suoi silenzi erano significativi e sinceri. Fu lui a spronarmi a togliere dai cassetti i miei scritti e a farli leggere in giro. Da ragazzino alle scuole medie la mia professoressa d'italiano che qui voglio citare e ringraziare sperando legga queste righe, la signora Sandra Mondini, ci fece leggere Il sergente nella neve e io ne rimasi folgorato. Poi, a nascere a Bassano nel 1964 e a crescerci era naturale ascoltare storie di guerra e trincea della Grande Guerra, e le gesta degli Alpini in Albania, Grecia e Russia nel secondo conflitto mondiale. Qualche anno dopo, ero già entrato in Marina, volli conoscere Mario Rigoni Stern e ricordo che trovai semplicemente il suo numero di casa sull'elenco telefonico. Mi rispose la signora Anna, la moglie. Dissi che ero un giovane sottufficiale di Marina di Bassano e che sarebbe stato per me un onore poterlo conoscere. Mi invitò a casa sua, e seduti sulla panca del tavolo nel suo giardino parlammo di un po' di tutto. Gli lessi pure qualche mia poesia e a lui ne piacque particolarmente una dal titolo: “Nel bosco”. Ovviamente mi feci fare una dedica su Il sergente nella neve, che conservo gelosamente assieme agli altri suoi libri e alla corrispondenza che ci scambiammo nel tempo. Mi chiamava “l'alpino marinaio”. Una persona umile e semplice ma nel contempo meravigliosa e grande, che indubbiamente manca a tutti quelli che hanno avuto la fortuna di conoscerlo. Ogni volta che torno a Bassano un salto a salutarlo al cimitero di Asiago cerco di farlo sempre.

Un viaggio oltre le colonne d’Ercole, toccando tra le altre Oporto e Brest (dove il mare sembra abbia bisogno di respirare) fino a Tallin, col suo Mocha Cafè, e poi in Danimarca, nelle cui acque si svolge un’esercitazione importante chiamata “Blue Game 2002” — ma dove c’è anche il miraggio della casa-museo di Hans Christian Andersen. Tutto raccontato con tanta curiosità verso l’opera dell’uomo, la storia delle civiltà e le bellezze delle città. Come vede, invece, lo “stato” di questi mari?
Sono ottimista per natura e lo vedo bene. Certo dobbiamo fare molto di più, tutti insieme e non solo per i mari ma per la natura che ci circonda e per la nostra Terra. In generale i nostri mari non stanno male, anzi. Le bandiere blu che assegnano ogni estate nelle zone costiere ne sono la prova. E tutte le riserve marine presenti lungo lo Stivale e nelle isole aiutano a mantenere i nostri mari abbastanza integri. Non dimentichiamo che in Italia circa il 40% dello scambio di merci avviene via mare. Purtroppo, però, ci sono ancora troppe vecchie carrette che solcano i mari ed è un grosso rischio per l'inquinamento, che invece le nuove navi, da crociera o altro, hanno drasticamente ridotto utilizzando come carburante ecologico il gas naturale liquefatto (LNG). Non dimentichiamo che i mari e gli oceani producono il 50% dell'ossigeno che respiriamo. Nel mondo bisogna incrementare al massimo i controlli onde evitare che vecchie e inaffidabili superpetroliere o grossi cargo che trasportano merci pericolose e inquinanti subiscano sinistri e le rovescino in mare. Bisogna altresì sanzionare pesantemente i grandi armatori truffaldini e i loro comandanti senza scrupoli che lavano le cisterne in alto mare lontano da occhi indagatori. E fare rispettare i fermi biologici e denunciare la pesca a specie protette. Per non parlare delle “isole di plastica” che vagano per gli oceani. A me personalmente dà molto fastidio vedere anche solo una cicca di sigaretta in acqua, o per terra! Proporrei ai potenti, visto come era sceso l'inquinamento globale l'anno scorso a causa delle chiusure per la pandemia, di pensare in futuro a delle “chiusure” temporanee per permettere salutari respiri al nostro bistrattato pianeta.

Lei ha scritto: “Indossando una uniforme dello Stato non siamo più singoli individui, bensì portiamo in giro l’immagine di un intero popolo”. Quale immagine dell’Italia dei nostri giorni immagina riflessa negli occhi degli altri Europei che ben ha conosciuto?
In generale abbastanza positiva. Purtroppo nel mondo la prima immagine che passa di noi è quella che trasmette la TV, per non parlare della grande maggioranza di idiozie che circolano sui social. Troppa politica, litigi, urla e personaggi saccenti. Ci facciamo sempre grandi parlando dell'illustre storia italiana e delle bellezze artistiche. Ci definiamo un museo all'aperto e poi però imbrattiamo e roviniamo il bene comune. Dobbiamo lavorare moltissimo per eliminare gli stereotipi che ci portiamo appresso, che però a volte non sono pregiudizi ma tristi realtà. Per fortuna i connazionali all'estero che bene si sono inseriti, lavorano e magari occupano pure incarichi di prestigio rendono il giusto onore all'Italia. Io sono certo che nel nostro Paese la stragrande maggioranza di cittadini è laboriosa, dotata di grande cuore e umanità, e penso a tutti coloro impegnati nel sociale e nel volontariato, ma non hanno l'attenzione mediatica dovuta perché non fanno notizia. Nel mio piccolo, e con me la grande maggioranza dei militari che indossano lo scudetto tricolore sul braccio, cerchiamo di mostrare sempre professionalità e competenza guidati dal senso di solidarietà e simpatia innati nell'italiano medio, nonostante qualche mela marcia che ovviamente esiste. Credo che in generale all'estero siamo ben visti, ma certamente si potrebbe fare di più, soprattutto nelle nostre piccole azioni quotidiane.

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