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Laura Vicenzi
Giornalista
Bassanonet.it
Attraverso Dante
A tu per tu con Marco Cavalli, in occasione dell'uscita del suo nuovo libro intitolato: Dante clandestino
Pubblicato il 10-11-2020
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In questa corale di celebrazioni organizzate e riorganizzate via via con passione in occasione dei settecento anni dalla morte di Dante Alighieri (Ravenna, 1321), che avrà il suo culmine, è stato annunciato dalle istituzioni, nella creazione museo della lingua italiana che nascerà a Santa Maria Novella, fa il suo vagito anche una pubblicazione che porta alla scoperta di Dante e della sua opera maggiore attraverso gli occhi di un bambino prima e di un ragazzo poi, recuperato in parte (del tutto è impossibile) lo sguardo “nuovo” che si dovrebbe rivolgere a opere come la Commedia.
Di Dante clandestino (Manuzio Editore, 113 pagine, 15 euro) parliamo col suo autore, il critico letterario, libero docente e traduttore vicentino Marco Cavalli, che di recente è intervenuto come ospite alla 5^ edizione del festival "Profumo di carta", realizzata online.
Marco Cavalli all'incontro condotto da Federica Augusta Rossi per Profumo di carta (fonte FB)
“Clandestino” è un aggettivo forte di questi tempi.
“Clandestino” fa riferimento a un presunto Dante fuori corso legale, irriducibile al Dante certificato dalla scuola, dall’accademia. È un epiteto più che una definizione. Meglio il sinonimo francese sans papier, più neutro, burocratico. Oltretutto indica le “carte”, i documenti che attestano l’identità, l’appartenenza regolare a una data civiltà. Io però volevo un titolo che non contenesse un’espressione straniera, soprattutto non un’espressione a rischio di essere fraintesa.
Il processo di santificazione in cui è occorso Dante post-mortem in parte lo ha imbalsamato, il suo capolavoro è imperituro, deve essere studiato.
Il prestigio di Dante, il peso culturale della sua figura, si riflettono nella Commedia e ci accompagnano durante la conoscenza che ne facciamo comportandosi con noi come i guardiani di un museo i quali vegliano affinché i turisti seguano i percorsi tracciati sulla mappa e non prendano iniziative sciagurate. Tentare di leggere Dante dopo averlo studiato è come stracciare la mappa consegnataci all’ingresso per costruirne una sulla base della propria esperienza personale. C’è il serio pericolo non solo di perdersi, ma di non trovare neppure l’ingresso.
Nel libro, uno dei protagonisti è la memoria, col suo divenire tendente all’apocrifo. Anche quella di Dante è una memoria “d’autore”.
Ci sono cose della Commedia che non dimentichiamo mai perché ci hanno insegnato che sono memorabili e altre, scoperte per conto nostro, che tuttavia non riescono a farsi ricordare. Il fatto che nell’episodio di Francesca da Rimini non si faccia mai il nome del suo amante, non ci impedisce di chiamarlo Paolo. Eppure, la risposta di Francesca alla domanda di Dante (“come ti sei innamorata?”, “mi sono innamorata a causa di un libro”), contiene un’ironia che malgrado sia fragorosa nessuno vuol sentire, anche se si sente.
Un’altra protagonista è la messa in scena dell’io narrante, utilizzata anche qui.
Tutta la Commedia ruota attorno a un personaggio che dice “io” dall’inizio alla fine. Siccome il personaggio ha lo stesso nome del suo autore, si attribuiscono all’autore opinioni, stati d’animo, pregiudizi che sono del personaggio. Secondo me il personaggio Dante è l’invenzione massima del Dante scrittore. Io l’ho fatta mia, cioè l’ho trasposta nelle parti “autobiografiche” del mio libro, dove non parlo di me, parlo attraverso un me stesso funzionale al discorso, un me stesso inventato quanto l’io narrante della Commedia.
Nel libro i titoli dei capitoli sono del tutto contemporanei e pieni di ironia, come del resto l’opera di Dante, si mette in evidenza. In tono: il derby Dante-Petrarca ha un vincitore scontato, non dedicheresti un libro al cantore di Laura.
Dante e Petrarca sono importanti l’uno in relazione all’altro perché incarnano i due profili della letteratura italiana. Dante è il profilo dello scrittore, Petrarca quello del letterato. Il più in evidenza è il profilo del letterato. Non lo dico io, lo dicono la storia e l’evoluzione della nostra letteratura. L’umanista, l’erudito, il chierico, il filologo (insomma: i professori) hanno talmente dominato in Italia che ancora oggi di uno scrittore come Dante noi apprezziamo quasi soltanto le componenti petrarchesche, le cose che ha in comune con Petrarca. In realtà i due erano diversissimi. Petrarca lo aveva ben chiaro e soffriva che il suo amico Boccaccio non lo capisse.
Il tentativo di Dante di trovare una legge poetica o di attribuirne una, la sua, alla vita politica fiorentina, movimentata solo da “istinto di predazione e di sopraffazione” ne farebbe oggi un giudice o un militante da centro sociale?
Io credo che Dante abbia messo nella costruzione della Commedia le energie che avrebbe voluto spendere prendendo parte attiva alla vita politica di Firenze. Sappiamo che questo non gli è stato possibile e che Dante ha smosso mari e monti per ritornare a Firenze, senza riuscirci. Secondo me, il nucleo propulsore del poema va cercato in questa rabbia, la rabbia di dover fare da spettatore, di non poter dare forma al presente. La vera passione di Dante è stata Firenze, con i suoi dissidi interni, i suoi cambi di rotta reali e apparenti, la sua incapacità di governarsi e la sua insofferenza a farsi governare.
Il canto e i personaggi che da giovane hai più amato? Parli con passione dell’Inferno, con i suoi effetti speciali da Grand Guignol. Sono gli stessi di "nel mezzo del cammin…"?
Ho sempre avuto un debole per la figura di Ulisse. Dante se ne serve per ritrarre se stesso. La cosa incredibile è che mettendo un po’ di sé in Ulisse Dante lo rende più omerico dell’originale. Della Commedia mi piacciono molto i momenti teatrali, quando le azioni, i gesti compiuti dai personaggi, incidono quanto le loro parole. Penso a duetti tipo Dante-Farinata, Dante-Brunetto Latini, Dante-Catone, all’incontro Sordello-Virgilio. Il loro dinamismo contraddice la fissità gotica della maggior parte dei colloqui che Dante personaggio intrattiene con le anime durante il suo viaggio.
Un libro moderno che ha saccheggiato a piene mani dalla Commedia e che vale la pena di incontrare?
La Commedia ha ispirato soprattutto i romanzieri. Il disegno concentrico del poema, le sue corrispondenze interne, il rapporto speculare tra l’io narrante e il suo autore, sono altrettanti aspetti della Commedia che si ritrovano nella Ricerca del tempo perduto di Marcel Proust. Nikolaj Gogol’ non ha mai nascosto di aver scritto Le anime morte pensando alla Commedia dantesca. E che ne sarebbe della Montagna incantata di Thomas Mann, o de Le persone normali di Aldo Busi, se prima Dante non ci avesse dato un Purgatorio?
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