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Rinascimento in bianco e nero

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Rinascimento in bianco e nero

Laura VicenziLaura Vicenzi
Giornalista
Bassanonet.it

Teatro

Lo spettro della battaglia

È andato in scena ieri sera, lunedì 11 marzo, registrando il tutto esaurito al Teatro Remondini, La mia battaglia, con Elio Germano

Pubblicato il 12-03-2019
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Rinascimento in bianco e nero

È andato in scena ieri sera, lunedì 11 marzo, registrando il tutto esaurito al Teatro Remondini, La mia battaglia, il sesto spettacolo portato in città dalla rassegna “Teatro Cronaca”. Elio Germano, interprete di un monologo scritto assieme a Chiara Lagani che ha tratto titolo e alcuni passi dal Main Kampf, di Adolf Hitler, ha inteso proporre un’esperienza diretta, come può offrirla il teatro, quindi emozionale, del potere della retorica qualunquista, quella che impera incontrastata nell’attualità anche italiana, e dei pericoli già saggiati nel tempo e nella storia delle sue derive.
Una scenografia pressoché inesistente, elemento comune nel teatro-cronaca, e quasi tutto il testo recitato dalla platea, alle spalle il palco, Germano ha interpretato dai primi istanti la figura dell’attore-imbonitore un po’ da cabaret, che vuole intrattenere il pubblico, la quarta parete infranta, familiarizzando con battute e chiacchiere da bar, “alla qualunque”, si direbbe a Zelig, su politichese e sfiducia, problemi di lavoro e voglia serale di divano, selfie post-spectaculum e social votati all’esteriorità, e poi giochini alla “e se vivessimo su un’isola deserta?”, scatenando una sequenza di alzate di mano (chi è pro e chi contro, chi si offrirebbe per fare il cuoco all’Isola sconosciuta che tutti conosciamo? ecc... ) e determinando il coinvolgimento diretto, divertito e a gran voce, degli spettatori.
Con gradualità, le chiacchiere hanno lasciato il posto a riflessioni e argomentazioni giocate sempre con gli stessi toni, ma che tiravano in ballo i meccanismi della democrazia, il vivere civile e le sue problematiche di attualità, il libero arbitrio e i meccanismi della selezione nel mondo del lavoro, parole affilate che non avevano più la dimensione dell’intrattenimento o del dialogo, né i connotati dell’informazione: erano poste ordinatamente sul campo di battaglia per far credere, per convincere.

La svolta finale ha trovato non razionalmente, ma emozionalmente impreparato il pubblico, che pur si era accorto delle mosse in platea di alcune comparse che più che buttafuori erano buttadentro, e della presenza di claque che facevano partire applausi a regia appena venivano pronunciati slogan e affermazioni su cui la maggioranza dei presenti era in pieno disaccordo; applausi sempre più scroscianti man mano che aumentavano i toni deliranti e inneggianti all’orgoglio dell’attore — tutti questi figuranti-automi alla fine sono saliti sul palco con una marcia marziale. Germano, il volto travisato, è salito sull’altare, e ha iniziato a inveire contro “Ebrei e negri” e a farneticare osannando lo sterminio con toni e assetto ben riconoscibili. Nessuna sorpresa a questo punto, anche per chi non avesse letto il Main Kampf, quando è stata srotolata un’enorme bandiera rossa con la croce uncinata nel mezzo, a fare da sfondo al delirio infuocato urlato dall’attore.
Un’esperienza inquietante, spiazzante anche per lo spettatore in allerta, che non si era fatto coinvolgere dai giochini dell’imbonitore, quella di trovarsi anche solo nel gioco del teatro guardato a vista, volente o nolente parte di una massa in apparenza festante e perlomeno travolta dalle ondate di oscenità urlate da un pazzo potente, a cui si è dato mandato di ascolto.
Una rappresentazione che guarda ai meccanismi del potere, ma soprattutto alla vulnerabilità del popolo, della folla, osservata con occhi da entomologo.
Grandi applausi al termine dello spettacolo, nella foga dell’entusiasmo con un tempismo inopportuno, con la bandiera col simbolo nazista ancora protagonista sul palco e l’attore fuori scena: qualche momento di silenzio e di attesa non avrebbe guastato il giusto tributo allo spettacolo e a Germano.
Il prossimo appuntamento con il teatro-cronaca è fissato per mercoledì 20 marzo, con lo spettacolo Savana padana, tratto dal romanzo omonimo dell’autore padovano Matteo Righetto, una produzione Teatro Stabile del Veneto. L’inizio in sala è fissato per le ore 21.
Per le prenotazioni si può rivolgersi alla biglietteria dell’Ufficio Iat (aperta dal mercoledì al lunedì dalle ore 10 alle 19, il martedì dalle ore 15 alle 19 - tel. 0424-519917).

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