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Laura Vicenzi
Giornalista
Bassanonet.it
Modalità lettura - n.19
Non è un paese per vecchi: ma così è, se vi pare. Il celebre libro scritto da Cormac McCarthy è il protagonista di questa puntata di "Modalità lettura"
Pubblicato il 09-07-2017
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Calcoli folli sull'età pensionabile, sull'ammontare declinato al presente-passato-futuro delle pensioni, Api assassine e quella frase presa a prestito che circola come un disco rotto nei dibattiti e sui giornali...
No country for old man, tradotto in Non è un paese per vecchi è un libro scritto da Cormac McCarthy nel 2005, e pubblicato in Italia da Einaudi (pp. 254, 17 euro) ispirandosi al quale i fratelli Joel e Ethan Coen hanno prodotto un film vincitore di quattro Premi Oscar.

Il titolo originale del romanzo riprende il primo verso di Sailing to Bysantium (Navigando verso Bisanzio), una poesia meditativa e profonda di William Butler Yeats che parla di mutamento e della ricerca di un’età dell’oro. «I guai cominciano quando si inizia a passare sopra alla maleducazione. Quando non si sente più dire “Grazie” e “Per favore”, vuol dire che la fine è vicina». È questa la premessa dell’affacciarsi all’orizzonte di un mondo in disfacimento, dove un’irrimediabile perdita di valori porta a non riconoscere più il rispetto, la solidarietà e l’onestà e ha lasciato campo aperto alla violenza, all’avidità e alla sopraffazione.
Un noir in piena regola dunque, vestito da western, dove vincitore del duello è il male. Ambientato negli anni ’80 sul territorio al confine tra Texas e Messico, nel sud degli Stati Uniti, il libro ha come protagonisti tre uomini, ciascuno emblema a modo suo di una deriva della civiltà incombente, e in fondo, per tutti e tre inaccettabile.
La vicenda ha inizio quando Llewelyn Moss, un saldatore reduce del Vietnam, mentre è impegnato nella caccia alle antilopi del deserto, si ritrova coinvolto in un regolamento di conti fra narcotrafficanti. Tra cadaveri di pick up e di uomini crivellati, compare una valigia contenente due milioni di dollari: Moss non ha tempo per pensare, decide e si appropria della valigetta, dando così inizio a un inseguimento che avrà come conseguenza fatti di una violenza inaudita. Sulle sue tracce, si incrociano le strade di due uomini: da un lato uno che sembra personificare il “bene”, la giustizia (lo sceriffo Bell), ma che ha una macchia sulla coscienza che il tempo e una vita di buone azioni non riescono a lavare; dall'altro un assassino spietato con una sua folle filosofia di “giustizia”: Anton Chigurh. «Ogni momento della tua vita rappresenta una svolta e una scelta. A un certo punto hai compiuto una scelta. E tutto è andato di conseguenza», dice Chigurh − quando è in vena di parlare − al malcapitato di turno che ha avuto la sventura di incontrare lui e la sua arma esagerata, annientatrice.
La scelta di Moss era inevitabile per lui, in quel posto, in quel momento. La tragedia moderna, senza santi né eroi, a cui dà voce Cormac McCarthy è questa.
Il film non tradisce − sono accettabili alcune licenze di omissione − se non per il fatto che la figura dello sceriffo Bell non risulta a tutti gli effetti la vera protagonista del romanzo, scelta che invece McCarthy afferma dall’inizio alla fine, conducendo il suo personaggio stanco per mano, lui e il suo mondo, verso i deserti della sconfitta.
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