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Rinascimento in bianco e nero

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Rinascimento in bianco e nero

Laura VicenziLaura Vicenzi
Giornalista
Bassanonet.it

Magazine

Una storia al bacio

A Palazzo Sturm, ieri sera, la prima tappa di “Ekfrasis-Storie dell’arte”, percorso ideato da Luca Scarlini per Operaestate Festival, è stata dedicata al capolavoro di Hayez

Pubblicato il 30-07-2014
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Rinascimento in bianco e nero

La prima tappa del percorso “Ekfrasis-Storie dell’arte”, proposta da Luca Scarlini a Palazzo Sturm per Operaestate Festival, ha messo in scena ieri sera il racconto articolato di un viaggio tra le arti, a cavallo dei secoli, intrapreso sulla rotta di un capolavoro d’artista esemplare.
Protagonista e faro della narrazione in parole, musica e canto – quest’ultimo affidato all’applauditissimo soprano Silvia Celadin, che si è esibita in un repertorio verdiano accompagnata al pianoforte da Pierluigi Piran – il dipinto Il bacio, di Francesco Hayez (Venezia, 1971-Milano, 1882).
Del suo olio più famoso, un’opera immortale dal soggetto teatrale, e cinematografico diremmo oggi, diventata icona e chiamata ai nostri tempi, improntati al consumismo, a connotare persino un noto cioccolatino (anch’esso carico di significati e di messaggi, nella sua epoca d’oro), Hayez fece anche un’opera politica: fu un simbolo, per le sue allusioni al Risorgimento e all’Unità d’Italia, ma non solo, fu anche la consacrazione, risultata originale per la sua carica inedita di romanticismo, di un gesto assieme privato e rivoluzionario come quello del bacio assurto a gesto dichiarativo, “plateale”.

Luca Scarlini (in bianco), con il pianista Pierluigi Piran a Palazzo Sturm in attesa dell'inizio dello spettacolo

Si tratta di un quadro di piccole dimensioni, ha ricordato Scarlini, che Hayez ha dipinto elaborandolo a lungo, e in diverse versioni – quella più nota è del 1859. Attualmente la tela si trova a Milano all’Accademia di Brera e talvolta è confusa impropriamente, è stato precisato, con “L’ultimo bacio di Giulietta a Romeo”, opera singolare che mette in scena una Giulietta matronale, in ciabatte, nell’atto di trattenere Romeo in fuga.
Dalla critica del tempo, sono stati attribuiti al Bacio di volta in volta titoli come “Il bacio del volontario”, o “La partenza del volontario”, poiché il dipinto raffigurava nell’immediato la condizione di separazione straziante dagli affetti vissuta da tanti in quell’epoca d’azione e di forte cambiamento. Il bacio fornisce in effetti una chiave di carattere intimo utile a interpretare un momento storico particolare, destino comune – ha affermato il narratore – alla canzone “Lili Marleen” nel corso della Seconda Guerra mondiale.
«La grande scoperta di Hayez sono le donne», ha affermato Scarlini, donne che spesso incarnavano ideali che nella precedente stagione canoviana erano appannaggio di eroi maschili. Sono le donne che hanno aiutato l’uomo e l’artista Hayez a «comprendere la realtà», è stato citato dalle sue memorie. Tante sono anche le donne importanti “a cui non è dedicata alcuna via” la cui storia però ci meritatamente “pervenuta” ricordate dal narratore, una per tutte Cristina di Belgiojoso.
Le donne, tutte intere, coi loro corpi non velati, hanno avuto il loro Risorgimento nell’arte e anche nella musica nell’epoca di Hayez, dove i grandi compositori, come accadeva nell’arte figurativa, si servirono e trassero ispirazione dalla storia antica, da personaggi emblematici appartenenti ai secoli precedenti. Le forme di contatto fra le arti erano molteplici nell’Ottocento: Hayez aveva l’incarico di consulente per i bozzetti degli allestimenti di opere e per il teatro, lo spartito era comune.
Artisti come Hayez, assieme a grandi musicisti come Verdi, a poeti e scrittori e ai loro capaci traduttori (è stato ricordato Andrea Maffei) hanno dato un importante contributo alla semplificazione delle storie, sintetizzate in musica e in immagini, che sono appartenute al romanticismo storico italiano – ha spiegato Scarlini. Le rappresentazioni liriche dell’esistenza privata, che misero altrove rispetto al Bacio, anche con Hayez, un forte accento sulla complessità del rapporto padri e figli, restituivano le chiavi di lettura di un’epoca e permettevano di rappresentare dissidi e vicende pubbliche che la cronaca non poteva raccontare se non con strumenti imperfetti, a fronte di questi efficientissimi meccanismi di rappresentazione.
Le arie e i brani tratti delle romanze da camera scelti a corredo della narrazione, tutti appartenenti al repertorio di Giuseppe Verdi (Le Roncole, Parma, 1813-Milano, 1901), in ottemperanza ai canoni dell’ecfrasi, hanno dialogato con efficacia col racconto e con l’opera pittorica facendo riaffiorare, tra gli specchi di Palazzo Sturm, ambienti e atmosfere del tempo che si è voluto evocare.
Non un apostrofo rosa, neppure un gesto naturale tra due amanti (che però guarda caso solo da pochi anni, se esibito in pubblico, non è più di oltraggio al comune senso del pudore), ma un atto rivoluzionario, quello immortalato da Hayez, che fu capace di esprimere in pittura un istante traghettatore di un linguaggio comune alle arti, pieno di movimento e artefice di immagini nuove.
Caldi applausi.

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