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Alessandro TichAlessandro Tich
Direttore Responsabile
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Variante urbanistica San Lazzaro in consiglio comunale. Lettera aperta alla città e all’amministrazione di Roberto Lanaro e Bruno Bernardi sugli “sconvolgimenti al territorio”

Pubblicato il 28-09-2022
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“Variante al P.I. n. 2/2022 denominata “Contenimento del consumo di suolo”.”
Dove P.I. sta per “Piano degli Interventi”.
È l’ultimo punto posto all’ordine del giorno del prossimo consiglio comunale di Bassano del Grappa, convocato per domani giovedì 29 settembre.

Veduta parziale dell’area di San Lazzaro (foto Alessandro Tich - archivio Bassanonet)

Il linguaggio è come sempre amministrativo-burocratico, ma la sostanza è questa: l’argomento di cui all’oggetto sono le possibili trasformazioni urbanistiche di due aree verdi della città, una delle quali è la estesa e ben nota superficie attualmente ad uso agricolo di quartiere San Lazzaro.
Sulla questione intervengono oggi l’architetto Roberto Lanaro e Bruno Bernardi, quest’ultimo già consigliere comunale delle trascorse maggioranze, con una “Lettera aperta alla città e all’amministrazione” che pubblichiamo di seguito.
“In linea con i nostri principi sulla difesa del territorio - spiegano i due firmatari dell’intervento nella mail trasmessa in redazione - vogliamo dare con la lettera allegata un contributo alla discussione in atto, nella determinata speranza che non si prosegua nella volontà di violentare ancora il nostro già fragile territorio.”

LETTERA APERTA ALLA CITTÀ E ALL’AMMINISTRAZIONE

Bassano: sconvolgimenti al territorio

L’amministrazione di Bassano del Grappa giovedì 29 settembre deciderà sulle sorti di due aree attualmente verdi che si estendono per circa 300.000 mq del suo territorio. Lo fa votando una variante al P.I. n. 2/2022 denominata “Contenimento del consumo di suolo” . La prima area, decisamente la più grande, è a sud di Bassano, quasi a a confine con Rosà. La seconda si trova nel pieno cuore della cittadina, a S.Eusebio, a confine col fiume Brenta.

L’area a sud del comprensorio Bassanese attualmente è un’area rurale coltivata, in tangenza al sedime della tanto discussa Superstrada Pedemontana Veneta, l’unica superstrada italiana a pedaggio. Una delle anomalie di tale arteria fu di porre il proprio Centro Servizi proprio a cavallo dei confini fra i comuni di Rosà e Bassano, circa 10 anni fa, a lambire il parco sovracomunale Civiltà delle Rogge, istituito con una delibera della Giunta della Regione Veneto del 2002.

Quando un’opera viaria di tale importanza viene posta sul territorio, attorno si generano una serie di vincoli di programmazione urbanistica che consegnano le decisioni sui propri destini non più al comune che la ospita, ma direttamente alla Regione, come ente sovraordinato. Il Comune, comunque, può esprimere il proprio indirizzo che viene spesso sollecitato e rispettato dalla Regione.

Ora, alcuni privati chiedono di trasformare circa la metà dell’intera area in questione in area artigianale/produttiva, verosimilmente per l’installazione di strutture di magazzino e logistica.

L’amministrazione quindi è chiamata a disporre sul cambio d’uso, da “agricolo” a “produttivo” della zona, realizzando, nell’eventualità lo ritenesse opportuno, una delle più importanti trasformazioni del suo territorio da quando Bassano si è dotata di norme per la programmazione urbanistica, oltre 50 anni fa.

È proprio sull’opportunità di tale trasformazione che è nato un vivace dibattito, per non dire una tenace polemica, animata da cittadini di ogni schieramento, basata su ragionamenti di vario tipo ed ai quali si prova a dare una veste ordinata.

In primo luogo sembra che, ad istanze simili indirizzate a vari comuni limitrofi a Bassano, il richiedente non abbia ricevuto finora una risposta positiva. Forse le comunità di tali interpellati avevano molti più dubbi che certezze nell’avviare un cambiamento irreversibile di tale portata.

In secondo luogo le questioni che si aprono sono quelle che conosciamo o possiamo immaginare bene: costruzione e collegamento di nuove infrastrutture e gestione idraulica di alcune decine di migliaia di mq di terreno: queste forse le prime e più evidenti questioni che sovvengono alla mente. A tali problemi, per legge, risponde per primo il privato, con la costruzione diretta o il pagamento di oneri che le rendano realizzabili da parte pubblica. Rimane in capo all’amministrazione, comunque, la gestione successiva di tali opere di urbanizzazione, con costi che sopravanzano di decine di volte le mere spese di realizzazione.

La terza valutazione è: a chi conviene ciò? Si è portati a pensare che a grandi trasformazioni succedano grandi vantaggi. Agli sforzi che la comunità affronta e affronterà, dovrebbero essere contrapposti grandi vantaggi diffusi. In questo caso, specie per il tipo di attività prevista che andrà sempre più automatizzata e razionalizzata, il vantaggio potrebbe essere di pochi posti di lavoro se confrontati con l’estensione dell’area interessata. O magari di grandi guadagni che si traducono in interessanti tasse a favore dello stato, ma non per l'amministrazione locale.

Una questione poco valutata, poi, riguarda la modifica del microclima locale, con la concentrazione di materiali e strutture che non dissipano il calore, ma che allungano fortemente l’onda dell’inerzia termica: asfalto e cemento, anche se utilizzati con criteri aggiornati, sono dei temibili nemici in questo senso. Dove va a finire la sostenibilità di cui tutti ci riempiamo la bocca?

Un’ultima considerazione dev’essere fatta per ciò che si perde in favore di ciò che si acquista: attualmente la quasi totalità dell’area è coltivata a granturco e frumento, prodotti che, evidentemente, hanno un ritorno economico ben inferiore a quello del commercio di beni. Ora. Ma l’attuale crisi ai confini europei ha mostrato tutti i limiti di stime in tal senso: l’energia e il grano tengono in scacco i paesi dell’unione europea; il prezzo di tali prodotti è variato con proporzioni assolutamente imprevedibili solo pochi mesi or sono. Se a ciò si aggiunge che solo da pochi anni l’Europa importa dai paesi belligeranti grandi quantità di grano, e che i criteri di tali paesi per la sua produzione non garantiscono la conformità alle norme europee, si possono immaginare le possibili conseguenze a medio/lungo termine anche su produzioni di così contenuta portata: esse potrebbero divenire ben più significative e interessanti.

Altra valutazione, forse ora una delle più valutate e sentite, è quella meramente paesaggistica, culturale e di testimonianza di una civiltà rurale in estinzione. Pur non essendo compresa nel perimetro del parco della Civiltà delle Rogge, la zona ne forma la naturale continuità verso nord, con la presenza delle rogge Rosà e Dolfina che la irrorano.

La seconda zona oggetto di trasformazione, nel centro del quartiere residenziale S.Eusebio, ha caratteristiche affatto diverse: con un accordo pubblico-privato si “scambia” un lotto di terra agricola con la formazione di un parco cittadino nella parte restante. In questo caso la trasformazione dovrebbe seguire una procedura che ne assicuri caratteristiche assolutamente imprescindibili, come stabilisce la legge regionale n. 11/2004 fra cui: “la limitazione del consumo di suolo e la protezione delle attività agricole; il miglioramento delle qualità dell’aria, dell’acqua; il contenimento del consumo di risorse non rinnovabili; la preservazione della biodiversità; la valorizzazione degli aspetti paesaggistici e naturalistici”: cose molto lontane dalla trasformazione in residenziale di un prato.

In pratica qui si viola la base e lo spirito della legge.

È veramente singolare che l’amministrazione di una città come Bassano, sensibile anche
al consenso che comunque deve valutare per ogni sua scelta, si accontenti di avere il “coraggio di dire di sì”, come ha dichiarato durante la seduta della Commissione Comunale di Urbanistica del 23 giugno scorso.

Roberto Lanaro
Bruno Bernardi

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