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Rinascimento in bianco e nero

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Rinascimento in bianco e nero

Alessandro TichAlessandro Tich
Direttore Responsabile
Bassanonet.it

Attualità

Prego, accomodatevi

La Vardanega trasmette una lettera su Stato Consistenza Lavori e sgombero del cantiere. Ma tra le righe della missiva, dai toni apparentemente accomodanti, si nasconde un rebus per il Comune

Pubblicato il 09-05-2018
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Rinascimento in bianco e nero

La lettera della Vardanega Costruzioni, trasmessa in data odierna al Comune di Bassano del Grappa, è indirizzata ai soliti due referenti in rappresentanza dell'Amministrazione comunale: il Responsabile Unico del Procedimento per l'intervento di restauro del Ponte di Bassano Diego Pozza e il Direttore dei Lavori Viviana Bonato. Ma questa volta, rispettivamente, si trovano al secondo e al terzo posto della lista dei destinatari.
Al primo posto c'è Luca Zaia, presidente della Regione Veneto. Ovvero colui il quale ha dichiarato l'opportunità di un commissariamento del cantiere. Oggetto della missiva: “Richiesta completamento Stato di Consistenza”. La lettera contiene le solite e ulteriori contestazioni nei confronti della Direzione Lavori ma, diversamente dalle altre, è scritta con toni apparentemente accomodanti. Nel senso letterale del termine.
La ditta, cioè, evita lo “scontro diretto” con la Stazione Appaltante in merito agli ultimi adempimenti contrattuali - ovvero fornisce le proprie indicazioni su come evitarlo - e sembra anzi lanciare, tra le righe, un messaggio rivolto alla ditta che le subentrerà nell'appalto: “Prego, accomodatevi”. Ma è proprio in questa accondiscendente presa d'atto della necessità di sgomberare il cantiere - in seguito alla risoluzione in danno del contratto d'appalto - per consentirne l'accesso al nuovo, futuro appaltatore che si nasconde un rebus per il Comune di Bassano.

Foto Alessandro Tich

La prima parte della lettera è relativa alla quantificazione dello “Stato di Consistenza” delle ture. Ieri si è svolto il sopralluogo della DL (Direzione Lavori), assistita dai propri direttori operativi, che ha “misurato” la consistenza della diga di cantiere prima che la medesima venga rimossa. L'ex appaltatore contesta che il verbale dello Stato di Consistenza, firmato con riserva dai rappresentanti della Vardanega, “non dà conto della quantità e della qualità dei materiali relativi oggetto di verifica”. In particolare, per gli amanti del brivido: secondo la ditta “la parte iniziale delle ture non è stata rilevata nelle effettive quote” e “la parte di tura in alveo è stata rilevata fino al pelo d'acqua indicando invece in planimetria il piede della scarpata in fondo”.
Ciò nonostante “con il verbale la DL dispone la rimozione delle ture nella loro interezza e fino a fondo alveo”. La ditta di Possagno rileva che le valutazioni effettuate “rendono di fatto impossibile qualsiasi valutazione oggettiva a posteriori sulla reale consistenza dei lavori, come prescritto dalla norma”. Per questo motivo invita il Direttore dei Lavori “a riconvocare l'impresa per la redazione dello Stato di Consistenza delle ture” in modo tale di riportare a verbale “la valutazione oggettiva della quantità e qualità dei lavori eseguiti”.
Non è una questione di lana caprina: in assenza di un “pronto riscontro”, infatti, la Vardanega si riserva di ricorrere al giudice competente affinché disponga un Accertamento Tecnico Preventivo: una procedura con la quale il tribunale nomina un CTU (Consulente Tecnico d'Ufficio) che dovrà effettuare l'accertamento della consistenza dei lavori eseguiti e a seguito della quale i tempi di sgombero del materiale e di successiva ripresa dei lavori, con appalto riaffidato, slitterebbero inevitabilmente.
La ditta trevigiana evidenzia inoltre che in sede di redazione dello Stato di Consistenza “nulla si è detto delle pile”, e cioè delle puntellazioni di sostegno della prima e seconda stilata, e che pertanto “non potendo essere smontate dopo la rimozione delle ture, devono intendersi accettate dalla DL”.
Fin qui - per parlare come quelli che parlano bene - la parte destruens della lettera dell'impresa. Poi, inaspettatamente, inizia la parte (apparentemente) construens.
La ditta invita innanzitutto il Comune a riflettere circa la convenienza, giunti oramai a questo punto, di smantellare le ture.
“In considerazione - scrive la lettera - delle numerose dichiarazioni rese alla stampa in merito al prosieguo dei lavori e della manifestata convinzione dell'Amministrazione Comunale di poter quanto prima continuare le lavorazioni con una nuova impresa sulla base del progetto esistente, considerato dalla Committenza privo di errori e perfettamente eseguibile senza variante alcuna, ci si permette di richiamare la Vs. attenzione sulla coerenza e opportunità di far rimuovere ora le ture anche tenuto conto della tempistica necessaria allo smantellamento di esse e dei periodi temporali nei quali sono possibili le lavorazioni in alveo.”
Il Piano di Sicurezza dell'appalto riporta infatti che il periodo di “finestra estiva” in cui è possibile lavorare in alveo con la protezione delle ture va dal 10 giugno al 10 settembre.
Il cronoprogramma del progetto, inoltre, prevede che per la rimozione delle ture siano impiegate quattro settimane. Ergo: nell'ipotesi che la DL “riesca a fare prontamente uno Stato di Consistenza delle ture completo ed esaustivo”, la ditta dichiara che “si potrebbero iniziare i lavori di rimozione già dal prossimo lunedì 14 maggio e i lavori terminerebbero in data 11 giugno”. Ovverosia in data già utile per la ripresa del cantiere di restauro.
E cioè, come sottolinea la missiva, “si pagherebbe la rimozione delle ture all'impresa Vardanega a maggio 2018 per ripagare la formazione delle stesse ture a giugno 2018 alla nuova impresa”.
Smonta la tura, rimonta la tura. Dai la cera, togli la cera, come Karate Kid.
A questo deve aggiungersi, come proposto dall'impresa, anche il materiale che potrà essere consegnato alla Direzione Lavori a seguito della risoluzione contrattuale “e di sicuro interesse per lo sviluppo dei lavori”. Vale a dire: il “legname per le colonne delle stilate n. 1 e n. 2 per il completamento delle prime due pile, difforme dai requisiti del contratto per umidità ma conforme alla qualità effettivamente presente sul mercato per legname di questo tipo (già tagliato da qualche mese e da porre in opera tra circa due mesi quando, secondo la DL, sarà essiccato a puntino...)”. Ma anche “il rivestimento in acciaio inox per i pali di rostro, conforme al progetto ma senza le modifiche di resistenza indicate dal nuovo modello di calcolo anticipato dal Modena soltanto all'ing. Sarti”.
E ancora “le armature metalliche per i pali di rostro”.
“In pratica - rileva la Vardanega Costruzioni - è possibile immaginare che l'Amministrazione, o un Commissario ad acta, prenda in carico non solo le puntellazioni delle prime due pile, ma anche le ture e tutto il materiale utile ai lavori.” Onde per cui “l'impresa Vardanega è fin d'ora disponibile a liberare il cantiere della nuova impresa ai sensi dell'art. 140 Dlgs 163/2006”. Ovvero l'articolo del Codice degli Appalti che impone alla Stazione Appaltante, in caso di risoluzione del contratto con l'appaltatore, di interpellare progressivamente gli altri soggetti che hanno partecipato all'originaria procedura di gara, secondo l'ordine di graduatoria, al fine di stipulare un nuovo contratto per l'affidamento del completamento dei lavori.
Dunque - e, ripetiamo, con apparente remissività - l'azienda di Possagno accondiscende alle procedure imposte per lo sgombero del cantiere e propone anche delle soluzioni per facilitare le cose. Dicendo in pratica: caro Comune, risolviamo una volta per tutte ed entro questa settimana la questione dello Stato di Consistenza delle ture.
Dopodiché vedi di riconsiderare l'opportunità di smantellarle, per poi doverle ricostruire il giorno successivo, risparmiando i soldi dello smantellamento e dell'immediata ricostruzione. In più ti lascio in dotazione anche le puntellazioni di sostegno delle prime due stilate, il legname per le colonne delle prime due stilate “difforme dai requisiti di progetto ma conforme all'effettiva disponibilità sul mercato”, nonché il rivestimento in acciaio e le armature metalliche per i pali di rostro.
Un'apertura e una disponibilità, da parte di un'impresa alla quale è stato appena rescisso il contratto d'appalto, quasi commoventi. Ma è proprio qui, invece, che si nasconde il rebus - o, se preferite, l'inghippo - per l'Amministrazione comunale.
“I lavori - afferma infatti nella lettera la Vardanega, dopo essersi dichiarata pronta “fin d'ora” a liberare il cantiere - potranno riprendere in breve, una o due settimane al massimo, e così sarà agevole verificare l'effettiva o meno validità delle contestazioni dell'impresa. E precisamente: a) il mancato aggiornamento del progetto al reale stato di fatto come risultante anche dagli effetti dei cedimenti delle pile; b) la mancata reperibilità del legname previsto dal progetto e dal contratto; c) la mancata disponibilità di parte delle aree; d) la necessità del puntellamento delle pile. Solo per citare i principali.”
È il Cavallo di Toni che attende nuovamente all'esterno delle mura cittadine.
Se tra una o due settimane o comunque all'inizio del 10 giugno della prossima finestra estiva i lavori per il Ponte ripartiranno, vorrà dire che che in questo brevissimo lasso di tempo l'appalto sarà stato riaffidato e che quindi e quantomeno l'intera area cantierabile sarà disponibile, spalla Nardini compresa, e il progetto esecutivo riaggiornato agli ulteriori cedimenti di cui non tiene conto. Se invece accadrà il contrario, e in vista di una causa giudiziaria per la risoluzione in danno del contratto, la Pontenovela promette nuove, avvincenti puntate.

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