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Redazione
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Brenta for Bitcoin
La centrale elettrica di Valstagna produce energia per l’estrazione dei bitcoin
Pubblicato il 18-10-2021
Visto 9.302 volte
Valstagna è l’eldorado bassanese nella nuova frontiera delle criptovalute.
La centrale elettrica di San Gaetano da qualche tempo ha infatti riconvertito parte delle sua attività per l’estrazione, il termine tecnico è “mining”, delle criptovalute. Le monete digitali, per ora non governate dalle banche centrali nazionali, progressivamente stanno diventando uno dei grandi business della finanza alternativa internazionale.

La centrale elettrica di San Gaetano a Valstagna
Sul mercato mondiale sono disponibili già molte tipologie di criptovalute, caratterizzate da diversi gradi di affidabilità, con un controvalore in valuta “fisica” di circa 2.000 miliardi di dollari. Alla base della creazione e della gestione delle criptovalute risiede la tecnologia blockchain, un meccanismo complicatissimo che garantisce al “nuovo mondo” delle valute digitali una certa dose di scarsità, l’elemento che muove e determina tutte le dinamiche dell’economia. Per arrivare alla Valsugana, cosa c’entra una centrale elettrica con i bitcoin?
E soprattutto come ci è arrivato un business più da Silicon Valley che da terra del sigaro Nostrano? Intanto bisogna fare una premessa: per estrarre, o “minare”, i bitcoin si utilizzano sistemi di computer che necessitano di una potenza di calcolo impressionante e che di conseguenza hanno bisogno di energia. Tanta energia.
E dove è possibile trovarla ad un costo relativamente conveniente? Per esempio nelle vecchie centrali idroelettriche, impianti che in molti sono contenti di ospitare le attività di estrazione per aumentare la marginalità dei loro conti economici. È il caso della centrale di San Gaetano a Valstagna che da 70 anni fa il suo onesto e classico lavoro di produzione di energia.
Ora è di proprietà del colosso vicentino dell’acciaio Afv Acciaierie Beltrame, 2000 dipendenti e una storia industriale che parte addirittura alla fine dell’Ottocento. Attualmente la centrale di San Gaetano destina l’80% dell’energia prodotta per la vendita alla rete e il restante 20% proprio per i computer che estraggono le criptovalute. L’investimento per riconvertire la quota di operatività della centrale ha comportato una spesa di circa 1 milione di euro. Gli esperti sostengono che in molti casi la redditività che deriva dal mining dei bitcoin risulta più alta di quella rinveniente dal comparto energetico classico. In effetti basterebbe pensare a quanto è cambiato dalle prime transazioni avvenute con le valute digitali: nel 2010 servivano 10.000 bitcoin per comprarsi una pizza mentre oggi 1 bitcoin vale circa 40.000 euro.
A Valstagna ha partecipato al progetto di riconversione energetica la start-up trentina Alps Blockchain, specializzata nella progettazione, costruzione e gestione di mining farm proprio all’interno delle centrali idroelettriche (ne gestisce una decina in giro per il Triveneto).
In giro per il mondo è in atto una corsa vera e propria per rigenerare le centrali, non solo quelle idroelettriche, verso l’estrazione di criptovalute.
Negli Stati Uniti gli investimenti sono ormai nelle mani delle grandi società d’investimento che probabilmente hanno intravisto le potenzialità delle criptovalute per affiancare l’oro fisico come bene di accumulo delle ricchezze del nuovo millennio. L’attività di estrazione ovviamente non è a costo zero, produce conseguenze che bisognerà ben ponderare, sia in termini ambientali che di utilizzo delle risorse pubbliche.
Nel frattempo anche il (la) Brenta is for Bitcoin.
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