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Ambiente

Lavori in bosco

A Marcesina sull'Altopiano rimossa dalla Provincia la biomassa residua conseguente ai danni dell'ultima nevicata del 2008: impediva il transito della fauna selvatica e l'insediamento di nuove piante

Pubblicato il 05-09-2014
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Elena Pavan

Si fa presto a parlare di ripopolamento delle specie.
A Marcesina, località Campocavallo, l'ultima neve della primavera del 2008 aveva fatto strage di alberi in un'area di circa 850 ettari, procurando schianti ed abbattimenti. Una piccola catastrofe. Piante andate giù come birilli e rimaste nel bosco fino a che non sono stati rimossi i tronchi. Un'operazione necessaria che lasciò sul posto una grande quantità di ramaglie che hanno compromesso gli habitat e le zone di riproduzione delle specie faunistiche, determinando un forte depauperamento delle stesse.
In questi casi, si sa, la Natura fa il suo corso degradando la necromassa, ma i tempi diventano necessariamente lunghi. Un bosco ingombrato dai residui delle piante tagliate diventa inospitale per gli animali e impraticabile per l'escursionista. Lo spiega il dirigente provinciale Ferdinando Bozzo, responsabile del Settore Gestione Risorse Faunistiche e ripristini ambientali, che nel contempo illustra il progetto attuato per dare soluzione alla criticità presente. L'azione, promossa e coordinata dalla Provincia di Vicenza, supportata con fondi regionali e svolta in collaborazione con il Comune di Enego, la Riserva Alpina e al Comprensorio di caccia locali, è stata seguita tecnicamente dallo Studio Casarotto.

L'intervento di ripristino dell'area ingombrata dai residui delle piante cadute o tagliate

“C'è una premessa importante da fare: la presenza di tanta biomassa finiva con l'impedire il passaggio e la presenza stessa, non solo delle specie di interesse faunistico presenti come gli ungulati (capriolo, cervo, muflone e camoscio), delle lepri variabili e comuni, del gallo cedrone e della beccaccia, ma anche di fatto un buon sviluppo del novellame, ovvero l'insediamento di nuove piante. Le aree occupate dalla grande quantità di ramaglie abbandonate sono state piano piano colonizzate da specie invasive come ribes e rovi, e ciò ha modificato pesantemente gli habitat per la fauna selvatica stanziale. Non solo. Tutto ciò ha costituito e costituisce un ostacolo e un limite pesanti anche per quelle persone che amano la montagna, si tratti di semplici turisti della domenica o di cercatori di funghi.”
Già, si fa presto a parlare di ripopolamento e di fruizione in sicurezza dei boschi, se poi le condizioni sono queste e un animale o una pianticella non hanno più le condizioni ambientali per vivere e svilupparsi. E la cosa è tanto più vera se si pensa che dopo i lavori di ripristino già due cervi sono stati avvistati in zona. Come si è dunque intervenuti?
“L'idea c'era, la volontà dei cacciatori anche, il progetto no. Personalmente e come Provincia ci siamo allora attivati valutando diversi percorsi tecnici ed applicativi per intervenire nel contesto considerato. Così, grazie alla fattiva collaborazione degli enti sopracitati, che hanno contribuito anche sotto il profilo economico, abbiamo scelto due linee di intervento per portare avanti un progetto pilota che servisse anche per il futuro, ricavando preziosi dati economici e tecnici. Non a caso questo tipo di intervento è stato inserito fra le azioni di ripristino nel Piano Sviluppo Rurale Veneto, che come è noto verrà valutato da Bruxelles. L'idea è quello di poter accedere a fondi europei e riproporre l'esperienza su aree più vaste. In effetti, la sbriciolatura del materiale inerte accelera il trofismo del sottobosco.”
A compiere l'intervento due macchine dotate di organi trincianti, denominate “ragni” proprio per il loro modo di procedere, che operano rispettando al massimo la vegetazione esistente.
“Curiosamente le problematiche non sono state date dalla pendenza del sito o dalla quantità di ramaglie da triturare ma dalla presenza di pietrame nascosto tra la vegetazione. Comunque l'esito è stato più che soddisfacente tanto da ridare anche pregio sotto il profilo ecologico, paesaggistico e turistico a quell'area. Ringrazio pertanto il sindaco Fosco Cappellari, i cacciatori con il presidente Andrea Oro e il direttore Ivo Boscardin, nonché la Regione, per aver creduto nella nostra azione, innovativa sia nello spirito che nelle modalità prescelte.”

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