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I fan del dubstep si ricorderanno certamente dei Darkstar, dietro il cui nome (iperconosciuto della scena urbana londinese e balzato alle cronache per il singolo Aidy's Girl is a Computer) si celano gli inglesi James Young e Aiden Whalley. Questo album, il primo attesissimo lavoro della band, pur contenendo il pezzo citato, stupirà senz'altro i puristi del genere dubstep. In piena crisi creativa dopo l'uscita e il successo di Aidy's Girl..., Young e Whalley decidono di ritirarsi nel nord dell'Inghilterra, in cerca di stimoli e ispirazione che indichino loro la traccia da seguire nell'album di debutto. Con l'ingresso del vocalist James Buttery a pieno titolo nelle file della band, il risultato, North, è un disco che prima spiazza e poi incanta, una vera perla che illumina il panorama electro mondiale al livello – senza troppo esagerare – di Moon Safari degli Air, Dig your own hole dei Chemical Brothers, Discovery dei Daft Punk. North convince perchè prende uno schema – quello tipico del ritmo sincopato e del dark mood del dubstep – e lo rivolta a piacere, perché in quaranta minuti di ascolto distilla melancolia allo stato puro, e perché propone un suono unico, minimale, dall'inizio alla fine.
I pezzi, quasi una sorta di manifesto digitale a metà tra il lamento e la contemplazione della solitudine, scivolano via senza particolari cambi di umore: unico appunto, forse, ad un album che proprio nella minuziosa descrizione di un'emozione precisa ha però la sua forza. L'apertura, affidata ai 3 minuti scarsi di In the way, è scandita da un incidere lento e delicato di piano: i temi del disco sono tutti qui, e preparano già il culmine dell'album, immediatamente raggiunto con Gold, difficilmente riconoscibile come cover degli Human League, You remind me of gold. È senza alcuna ombra di dubbio la cosa più cool che si possa sentire in questi mesi: ripresi la linea vocale e gli accordi principali dall'originale, i bpm sono diminuiti vertiginosamente e i suoni sono aggiornati al 2010. Una specie di squarcio depresso sul futuro.

La copertina di North
Il disco prosegue nel tracciato segnato già dai primi brani, fino al momento di tensione più alto, raggiunto con Two chords, in cui la voce è sospesa su un synth arpeggiato ossessivo e ipnotico, e con la title-track North, costruita su un incedere ritmico lento e invasivo. Ostkruez è soltanto un intervallo prima della chiusura con la bellissima ballata del quarto millennio Dear heartbeat e con l'endovenosa When it's gone.
Sconsigliatissimo (o consigliatissimo?) ai malati di cuore cronici, North è l'incrocio perfetto tra un'elettronica postmoderna e un'emozione strappalacrime.
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