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Laura Vicenzi
Giornalista
Bassanonet.it
Modalità lettura 3 - n.20
La recensione di Alessandra Caron di un libro dedicato ai prodigi sportivi delle sorelle Williams
Pubblicato il 23-06-2024
Visto 4.633 volte
Protagonista di questo numero della nostra rubrica dedicata alla lettura un libro che racconta la storia di due mitiche campionesse del tennis, la recensione a cura di Alessandra Caron, che ringraziamo sentitamente.
Come on!
Urlarlo dopo aver fatto un punto vittorioso è il sogno, segreto o confessato, di qualunque giocatore di tennis amatoriale, nell’illusione di credersi – anche solo per un secondo – un campione, come quelli in vetta alle classifiche mondiali presenti o passate.
Tra questi figurano di certo le sorelle Williams: Venus (nata il 17 giugno 1980) e Serena (nata il 26 settembre 1981), che hanno dominato il tennis professionista internazionale nel primo ventennio del terzo millennio con il loro stile di gioco potente e la loro storia personale e familiare.
Una storia raccontata nel libro Le Williams (2022, New Compton editori, Roma, 318 pagine, 9,90 euro). Autori: il divulgatore storico Andrea Frediani e il giornalista sportivo Matteo Renzoni. Sottotitolo – quasi un bignami di questa biografia – è: La storia mai raccontata della famiglia che ha cambiato il tennis femminile. Nel leggerla sembra di essere sulle tribune d’onore di uno stadio e di assistere a competizioni avvincenti, dove il punteggio è sempre lottato e i colpi di scena lasciano con il fiato sospeso… della serie: il tennis come metafora di vita. I giocatori nel campo-chiamato-vita sono vari.
Per primo fa il suo ingresso Richard Williams, uomo con una grande fiducia in se stesso e padre affettuoso ma anche ostinato, che ambisce alla scalata sociale e decide di trasformare due sue figlie in campionesse rispettando una pianificazione ideata ancor prima della loro nascita. In mezzo al campo-vita c’è sempre una rete: di qua Richard, di là sfide e rischi che arrivano come pallate violente e che lui affronta fin dall’infanzia in luoghi inquinati dal razzismo e dal degrado sociale. Un susseguirsi di vicende umane così rocambolesche che a volte ci si chiede se facciano parte di un intento romanzesco, una domanda legittima a causa anche di una precisazione rivelatrice della tendenza di Richard all’iperbole. Insomma, un dubbio paragonabile a un punto contestato, quando una pallina cade vicinissima alla linea bianca: il segno lasciato sul terreno è dentro o fuori? È punto oppure no? Alla fine, il punto si dà a Richard, si valuta che il colpo ha lasciato un segno regolamentare e che probabilmente tutte le vicende umane elencate rientrano nel campo della verità, tanto più che risulta siano contenute nel suo libro autobiografico. Inoltre, ci sono le parole di Venus e Serena a testimoniare che la loro infanzia è stata incredibile, piena di pericoli, così quotidiani che forse sono diventati una sorta di allenamento mentale per arrivare a sopportare con tenacia invidiabile le tensioni della carriera tennistica. Ad esempio, in occasione dell’apertura di un centro per le vittime di violenza in memoria della sorella Yetunde (uccisa nel sobborgo malfamato di Compton in California) Venus e Serena hanno riferito dell’infinità di volte in cui, mentre giocavano nei campi da tennis pubblici, erano costrette a buttarsi a terra sentendo gli spari, con il timore di essere colpite da proiettili vaganti.
Nel libro, alcune volte viene nominata Oracene, moglie di Richard. In campo, o meglio nella vita, c’è e di certo il suo contributo è stato fondamentale in quanto madre premurosa e fervida credente. Per lei educazione e rispetto sono sempre state alla base della formazione delle figlie e il suo monito era semplice: “Comportatevi bene!”. Inoltre per le figlie Williams la fede ha giocato un ruolo importante. Però di fatto nel libro Oracene non spicca, rimane in secondo piano, quasi nel ruolo di sparring partner. Una precisazione su tutte fotografa questa figura: “Per sua fortuna, Oracene lo asseconda”. Certo! Perché se Richard non avesse avuto il sostegno di una moglie capace di assecondarlo in quel suo progetto di vita che quasi tutti consideravano folle, forse le Williams campionesse non sarebbero esistite.
Le carriere delle due sorelle vengono delineate anche con la descrizione di alcune partite fondamentali e al cardiopalmo in tornei prestigiosi (Indian Wells; US Open; Wimbledon; Australian Open; Roland Garros; Olimpiadi), con avversarie dai nomi altisonanti (Martina Hingis; Lindsay Davenport; Maria Sharapova; Caroline Wozniacki; Garbiñe Muguruza, ecc.). Sfide ripercorse con un linguaggio accattivante e competente in materia, capace di far visualizzare atteggiamenti, consuetudini, gesti scaramantici, reazioni, dettagli nell’abbigliamento e nelle acconciature che gli appassionati di tennis subito riconoscono appartenere alle protagoniste citate, tanto da avere la curiosità di visionare certe partite dei tempi passati immortalate su Youtube. E adesso sapere, grazie a questo libro, certi retroscena fa vedere quelle partite con occhi diversi, consapevoli dei sacrifici che hanno preceduto gli esiti mitici oppure dolorosi. Sì le due Williams se lo possono permettere di urlare, in tono perentorio, Come on! perché ogni loro punto è frutto di talento, dedizione, tecnica, metodicità, forza di volontà eccezionali. Inoltre, le vittorie valgono doppio se si considerano i loro problemi di salute. Scoprire le loro cadute umane e le loro rinascite in una sorta di immortalità sportiva suscita un interrogativo: come hanno fatto a rimanere a livelli agonistici altissimi nonostante certe problematiche? Una domanda che rimane sospesa a mezz’aria, come a volte accade alla pallina che sfiora la rete e inizia a fluttuare nella densità della suspense, indecisa se cadere in una metà campo o nell’altra. Alla fine, il giudice-destino vuole che il punto decisivo vada all’ammirazione. E, pagina dopo pagina, si capisce meglio perché le loro imprese abbiano incrementato il numero di tifosi e siano diventate non solo un fenomeno di costume ma anche un modello per le nuove generazioni di giocatrici.
A rendere il tutto ancor più favola è il fatto che le due sorelle spesso si sono scontrate nei campi da gioco dove competizione non fa rima con affetto. Chissà cosa si dicevano davvero prima delle gare, se si confidavano le rispettive paure. Chissà cosa passava realmente nella testa e nel cuore di entrambe quando erano in campo! Nessuno lo può sapere, perché ciò che viene rivelato ai microfoni sono solo frasi di circostanza, di diplomazia: i campioni pubblici non hanno il privilegio di esternare le loro emozioni reali, potrebbero diventare attaccabili. E nel tennis tutto può accadere se la racchetta sente i muscoli troppo irrigiditi dalla tensione che c’è sempre, anche quando sembra impossibile. Come è accaduto in una sfida che – sia giustificato il tifo spudoratamente tricolore – è stata vinta contro ogni pronostico da Roberta Vinci a New York, settembre 2015, quando all’epoca Serena Williams era in uno dei suoi massimi splendori tanto che, per vari motivi, lo scontro sembrava improponibile (“emozionata e gracile Roberta, tesa e massiccia Serena. La seconda potrebbe essere tranquillamente la custodia della prima”). Leggere il capitolo relativo a quel match fa emozionare di ricordi, fa anche sorridere (famosa e schietta è la frase urlata dall’italiana verso il pubblico per incoraggiarsi, per fare il pieno di adrenalina) e soprattutto ci ricorda che la vita è come il tennis, o viceversa: il risultato non va mai dato per scontato. Come non sono scontati i protagonisti in campo, nemmeno quando sembrano impermeabili alle emozioni: fuori dalle linee del rettangolo di gioco c’è molto altro, c’è la vita quotidiana multiforme, e sotto le apparenze si celano umanità che rendono i personaggi visti solo sullo schermo un po’ meno extraterrestri. Ad esempio, il senso di protezione di Venus verso Serena in mondovisione, come tra le pareti domestiche; l’esultanza incontenibile di entrambe a mo’ di balletto o di salti dopo certe vittorie che oltre a un valore in denaro hanno anche un valore simbolico; la stima e la riconoscenza di Richard verso Julia, la sua amata mamma; certe esperienze vissute durante l’infanzia che hanno contribuito a responsabilizzare le due Williams e a rafforzarne l’etica del lavoro; una finale da record di Serena disputata incinta di cinque settimane; il suo corpo in trasformazione dopo la gravidanza; il percorso di psicoterapia dopo la finale persa nel torneo US-Open 2018 nella quale Serena ha sbroccato e anche pianto: “Io ho una figlia e non ho mai imbrogliato in tutta la mia vita… Ho lottato tanto per giocare questo match…”.
Insomma un libro che non parla solo di materia tennistica e, a lettura ultimata, l’applauso più fragoroso va a un’affermazione che vale più di una coppa dorata: “Per affrontare un impegno bisogna avere fiducia in sé stessi. Una fede cieca nelle proprie possibilità che deriva dall’amore incondizionato dei genitori”.
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