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Rinascimento in bianco e nero

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Mostre

Per ricordo dell’illustre Noè Bordignon, pittore

Con una delle più grandi mostre mai dedicate all’artista, Castelfranco Veneto e San Zenone degli Ezzelini celebrano la riscoperta di uno dei protagonisti dell’arte veneta tra Otto e Novecento

Pubblicato il 28-10-2021
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Rinascimento in bianco e nero

Noè Bordignon, frescante e pittore. Un artista unico, fortemente legato alla sua terra d’origine, soggetto privilegiato nelle sue opere dove ha immortalato volti, espressioni, scene di vita rurale, ancora oggi cariche di vita ed emozione perché rappresentano una fotografia delle genti venete di fine Ottocento e primi decenni del Novecento. L’arte di Bordignon ha una valenza duplice, distintosi sia in campo artistico come frescante, attività per la quale ha realizzato tanti cicli di affreschi che ritroviamo custoditi specialmente nelle chiese del territorio pedemontano, sia come pittore su tela di cui il pubblico ricorderà opere iconiche come “La mosca cieca”, “La pappa al fogo” o “Per l’America (i Migranti)”.
Studi compiuti dal prof. Agostino Brotto Pastega hanno rivelato che un ramo familiare di Noè Bordignon ha radici nell’area bassanese, anticamente nel Comune di Romano d’Ezzelino (qui ritroviamo la famiglia dei Bortignon detti Lazaro o Ladarini) e poi nel Comune di Cassola, in particolare nella frazione di San Zeno, dove tra l’altro, nel 1909 l’artista realizza uno dei suoi affreschi più spettacolari, “La Vergine Assunta in cielo”.
Di umile discendenza, Noè vive la sua infanzia a Castelfranco Veneto, a Salvarosa, dove a sette anni perde la madre il cui gracile fisico non sopravvive al nono parto e muore a soli 37 anni.

Noè Bordignon, ‘Ragazze che cantano nella valle’, 1878, olio su tela, 91 x 118 cm. Collezione privata, Courtesy Galleria Enrico, Milano

Le precarie condizioni economiche della famiglia non sono in grado di affrontare i costi per l’istruzione del giovane e prodigioso Noè, tuttavia, la sua innata predisposizione all’arte, in particolare per il disegno, non passa inosservata e tre mecenati, il conte Francesco Revedin, il farmacista Giovanni Ruzza e il Ricevitore delle Imposte Giambattista Finazzi, coprono le spese affinché possa frequentare l’Accademia delle Belle Arti di Venezia. Negli anni degli studi veneziani riceve una serie di importanti riconoscimenti per i suoi lavori che gli consentono di completare il percorso accademico con esiti brillanti e rientrare “reclamato a viva voce” nella sua città natale, Castelfranco Veneto, per aprire il suo studio mantenendone anche uno a Venezia, a San Vio.
Saranno successivamente molto importanti per la sua formazione gli anni romani, evidenti nel citato dipinto “La mosca cieca” dove la sua formazione veneziana incontra il linguaggio pittorico allora imperante a Roma, quello del naturalismo classicista.
Rientrato in Veneto la sua principale attività che lo impegna per quasi quarant’anni sarà la decorazione in chiese, ville e palazzi tanto da essere oggi ricordato come l’ultimo frescante della civiltà veneta.
Il legame con le sue origini è evidente nella sua produzione. I suggestivi interni delle chiese, le commoventi scene di vita rurale volte al riscatto degli umili e degli “ultimi” sono un riflesso della stessa, profonda religiosità dimostrata come pittore sacro, in perfetta sintonia con la dottrina sociale della Chiesa avviata in quei decenni e ufficializzata nella famosa enciclica Rerum Novarum di Papa Leone XIII, nel 1891.
“La rivalutazione di Bordignon era attesa da molto tempo, dai suoi concittadini e dal mondo accademico - spiegano i sindaci del Comune di Castelfranco Veneto Stefano Marcon e di San Zenone degli Ezzelini Fabio Marin -. Abbiamo voluto realizzare un evento di alto valore scientifico, ma anche fortemente radicato nel territorio, dando vita ad una positiva collaborazione tra due amministrazioni e soprattutto riuscendo a coinvolgere e a mettere in rete i principali comuni che nella pedemontana conservano memoria e testimonianza dell’opera di Bordignon: un patrimonio che siamo convinti vada assolutamente valorizzato, così come i paesaggi di queste nostre terre, riproposti e immortalati nelle opere di un artista che, ci auguriamo, anche i giovani potranno ora adeguatamente conoscere e apprezzare”.
Le città di Castelfranco Veneto e di San Zenone celebrano a cento anni dalla scomparsa l’artista Noè Bordignon a cui la prima ha dato i natali, la seconda l’ultimo addio, dedicando uno speciale tributo per un protagonista di primo piano della cultura figurativa del Veneto tra XIX e XX secolo.
Una grande monografica con oltre 60 opere di Bordignon, sviluppata cronologicamente e per temi nelle due sedi del Museo Casa Giorgione e di Villa Marini Rubelli dal 18 settembre 2021 al 16 gennaio 2022. L’esposizione è curata da Fernando Mazzocca ed Elena Catra che, insieme anche ad altri storici dell’arte, hanno inoltre realizzato un importante catalogo frutto di un approfondito studio su Bordignon e più in generale sulla pittura veneta tra Otto e Novecento. Nel percorso della mostra, infatti, saranno visibili anche opere di altri pittori a lui contemporanei come Ciardi, Zandomeneghi, Milesi, etc.
Fino al 16 gennaio 2022, nelle due sedi, porte aperte per una corposa esposizione sostenuta in modo corale anche dalle vicine amministrazioni comunali di Altivole, Asolo, Bassano del Grappa, Cassola, Cartigliano, Castello di Godego, Loria, Maser, Monfumo, Riese Pio X e Rosà. In ognuno di questi comuni sono presenti siti dove compare la mano artistica di Bordignon, valorizzati per l’occasione con la realizzazione di tre itinerari sul territorio pedemontano, attraverso brochure, totem e segnaletica ad hoc, che rimarranno attivi anche dopo la fine della mostra.
A trenta giorni dalla morte di Bordignon, avvenuta a San Zenone degli Ezzelini il 7 dicembre del 1920, il Comune di Castelfranco Veneto stampava a memoria dell’amato concittadino il discorso dell’amico Bortolo Sernagiotto “Per ricordo dell’illustre castellano Noè Bordignon, pittore”. A cento anni (più uno dovuto al posticipo per l’emergenza sanitaria) un intero territorio pedemontano e veneto, a voce univoca, ne riconosce e difende l’eredità e il valore.

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