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Laura Vicenzi
Giornalista
Bassanonet.it
Taking care of baby
Andato in scena ieri sera, al Remondini, il primo spettacolo dedicato al teatro-cronaca della rassegna "Il teatro siamo noi 2013/2014"
Pubblicato il 13-12-2013
Visto 2.462 volte
Taking care of baby ha inaugurato ieri sera, al Remondini, la sezione dedicata al teatro-cronaca della rassegna bassanese “Il teatro siamo noi”.
Spettacolo unico per tutti gli appunti in programma quest’anno, un sacrificio necessario che fotografa il momento particolare che stiamo vivendo ma anche l’impegno dell’Amministrazione cittadina a proporre prodotti di qualità anche in questa stagione 2013/2014.
Isabella Ragonese e Matteo Angius, interpreti dello spettacolo, hanno presentato in anteprima nel corso dell’aperitivo teatrale organizzato al Color Cafè la produzione che stanno rappresentando nei teatri italiani: il dramma, diretto da Fabrizio Arcuri, è tratto da un testo di Dennis Kelly che documenta vicende contemporanee di infanticidio di appartenenza al mondo anglosassone, tragedie di cui sono protagoniste madri in crisi all’apparenza insospettabili che compiono veri crimini del dolore. Qui una preview vimeo.com/50609147.
Isabella Ragonese e Matteo Angius all'aperitivo teatrale
«Non ha mosso il progetto l’idea di proporre una rilettura del testo classico (“Medea”, la tragedia di Euripide)» ha affermato Ragonese nel corso dell’intervista condotta da Mattia Pontarollo – «Medea è un archetipo, esiste e replica se stessa dalla notte dei tempi; il nostro è piuttosto un lavoro di ricerca sul ruolo dei mezzi mediatici e dei tanti narratori impropri oggi deputati a raccontare vicende come queste, e poi una riflessione sull’evento della nascita, che è pur sempre in qualche parte un trauma per la donna».
Lo spettacolo apre con l’infanticida che parla rivolta non al pubblico ma a una telecamera da una postazione che ricorda un confessionale da reality; è in prigione e risponde a una voce che resta fuori campo che la invita a raccontare; dal palcoscenico, la sua immagine proiettata su uno schermo, uno stretto primo piano, sembra guardare la platea che viene spesso illuminata in un’esortazione a esserci, a partecipare.
Attorno alla donna vorticano la madre e le sue velleità di successo, il marito ferito, un giornalista a caccia di scoop, uno psicologo opportunista, il politico di turno, il drammaturgo… ma soprattutto le telecamere, i microfoni, scenari che si alternano a ritmo di musiche sincopate (i materiali sonori sono dei Subsonica), l’occhio di un grande fratello che ha visto e taciuto e che ora gira cercando ovunque l’inquadratura migliore con l’effetto non di aiutare a capire, ma di ipnotizzare. Anche i tempi dello spettacolo a un certo punto indugiano, come ubbidienti a un format.
Il sottotitolo di Taking care of baby è “la vertigine della vita”: la verità si costruisce e si decostruisce a seconda delle prospettive da cui la si guarda. Nel finale l’infanticida è di nuovo incinta. “Sto bene”, continua a ripetere. Arduo crederle.
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