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Sono passati nove anni dal suo ultimo film. Dopo il controverso The Dreamers, Bertolucci torna nelle sale con il drammatico Io e Te tratto dall’omonimo romanzo di Niccolò Ammaniti. Ancora una volta il protagonista è un adolescente insicuro, incapace di affrontare la vita che si lascia scorrere addosso come il ritmo incalzante di una canzone. Il protagonista, Giacomo, vive chiuso in una prigione mentale fatta di paure così come il regista vive nella prigione del suo corpo fatta di rabbia. Questo elemento, questa prigione, diventa tangibile nella cantina sporca e ingombra in cui Giacomo decide di rifugiarsi: facendo credere alla madre apprensiva di essere partito per la settimana bianca con i compagni di classe, il giovane allestisce una vera e propria seconda dimora in questa stanza: computer, musica, libri e un formicaio gli faranno compagnia. Ma la sua pace viene presto scossa dall’arrivo improvviso di Olivia, la sua sorellastra. Allontanata dalla famiglia da qualche anno, Olivia è una tossica e decide di approfittare della situazione rimanendo con Giacomo a disintossicarsi in vista di una nuova vita. L’iniziale rapporto burrascoso, fatto di scontri verbali e fisici, si trasforma pian piano in una relazione che attraversa tutte le sfaccettature dei sentimenti: dall’attrazione fisica all’infatuazione, all’amicizia fino alla fraternità. La fiducia che tra loro si instaura, il progredire del rapporto permette allo stesso pubblico di entrare in empatia con dei personaggi tanto sfaccettati. Il percorso di conoscenza si svolge quindi sia nello schermo che fuori portando a galla problemi non risolti, incubi passati e le più semplici frustrazioni adolescenziali. Pur svolgendosi principalmente nella vecchia cantina, Bertolucci ha saputo come rendere vivo e ospitale l’ambiente, che diventa così elemento essenziale del cast, filmato e fotografato in maniera ottima. E se in The Dreamers la trama era più complessa e provocatoria con continui riferimenti e citazioni cinematografiche, qui l’arte che il regista utilizza per esprimere al meglio le emozioni dei protagonisti è la musica. Rifugio sicuro di Giacomo, che passa dai Muse a David Bowie, esplode nelle scene più significative del film, incorniciando un finale che, per quanto incompleto a livello di narrazione, è assolutamente significativo esteticamente.
Che a 72 anni Bertolucci sia ancora in grado di sorprendere non deve meravigliare, l’età non impone dei limiti alla sua filmografia così come non pone dei limiti alla bravura. Jacopo Olmi Antinori e Tea Falco, nonostante la pronuncia sbiascicata di quest’ultima, si rivelano infatti degli interpreti giovani ma eccellenti. Dopo 9 anni di silenzio il regista è quindi tornato per raccontare i tormenti che facilmente potrebbero essere classificabili come adolescenziali, e che nascondono invece le prigioni mentali e fisiche dietro cui ognuno si barrica.
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